Recensione Passengers

Anne Hathaway, misteriose sparizioni e un incidente aereo.

Recensione Passengers
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Film in trattamento.

Il burrone che divide il mondo della televisione da quello del cinema si sta sempre più assottigliando con il passare degli anni. Serie come Lost, 24 o i Soprano ci ricordano che una buona sceneggiatura e un alto budget possono anche sostituire il fascino cinematografico.
Da quando Buffy l'ammazza vampiri ha fatto capolino sul piccolo schermo, abbiam compreso che la linea di demarcazione tv/cinema poteva essere attraversata senza problemi, e con le recenti pellicole tratte da serial (come Sex and the City) abbiamo avuto l'ulteriore conferma che il passaggio da un supporto ad un altro può avvenire in entrambe le direzioni.
Abili e furbi sceneggiatori TV come J.J. Abrams si sono guadagnati la possibilità di girare per il cinema e il rispetto necessario delle major lavorando dietro alle quinte di prodotti televisivi di grande impatto, tanto da influenzare anche le stesse pellicole uscite al cinema nel medesimo periodo.
"Cloverfied" è un esempio lampante di questa "influenza" reciproca.
Con le sue tracce sparse e i sospetti volutamente inculcati che possa essere legato alla serie Lost, Cloverfied ha convinto migliaia di teledipendenti a fare quello che non facevano da anni: andare al cinema.
"Passengers - mistero ad alta quota" è un ulteriore conferma di questo doppio potere mediatico che via via sta per fondersi.
Il regista Rodrigo Garcia ha un curriculum televisivo non indifferente: dopo aver diretto "9 vite di donna" e riadattato "In Treatment" per la HBO si è dato alla serie (da noi un pò sottovalutata) "Six Feet Under".
Dopo queste esperienze sul piccolo schermo poteva lasciarsi scappare l'opportunità di trasferirsi ad Hollywood?
Garcia, infatti, per scrivere e dirigere "Passengers" non solo si porta dietro l'utile esperienza che ha maturato, ma anche le stesse idee, rubacchiando qua e là dalla televisione.
Evidentemente ormai si da per scontato che lo spettatore voglia ritrovare al cinema le medesime emozioni che riesce a vivere in televisione (e non più il contrario), e forse è per questo che ora sempre più film, stanno avendo dei seguiti.

L'incidente aereo.

Un incidente aereo stronca le vite di numerose persone. I sopravvissuti al disastro sono solo cinque.
Dopo alcuni mesi, sono ancora traumatizzati e ancora spaventati dal disastro e vengono quindi indirizzati dalla compagnia aerea ad una psicologa che prederà in esame i loro casi e proverà ad aiutarli.
Claire (Anne Hathaway), al suo primo incarico come psicoterapeuta, si troverà immischiata in qualcosa di ben più oscuro della mente di un pazzo.
I cinque pazienti, chiusi e misteriosi, danno versioni differenti dell'incidente.
Versioni discordanti del medesimo accaduto che spronano Claire ad indagare per scoprire la verità.
La vicenda è ancora più complicata da Eric (Patrick Wilson), uno dei pazienti che prova qualcosa al di là del "rispetto dottore paziente" per Claire.
I sopravvissuti, lentamente, inizieranno a scomparire uno dopo l'altro. Di chi fidarsi? Della compagnia aerea o del tenebroso Eric?

Cinema per la Tv

Già dalla scarna trama e dai banali spunti possiamo capire cosa Ronnie Chrinstensen e lo stesso Garcia (i due sceneggiatori) avevano in mente di fare.
La nostra buona fede vuole allontanare l'idea che l'incipit della vicenda e le relative dinamiche da essa create siano state scritte sotto l'influenza di Lost.
Ma alcune volte pensare questo è difficile, soprattutto per quanto riguarda il montaggio lento e la musica accennata che sembra registrata direttamente dalla serie televisiva.
E' impossibile non notare che anche "In Treatment" (serie che racconta dei diversi pazienti di uno psicologo) sembra essere stata saccheggiata d'idee e spunti, e se il rimando può perfino risalire ad "Anatomia di un Rapimento" di Kurosawa, visti i precedenti del regista, non crediamo possa trattarsi di una tanto acculturata citazione.
La fotografia patinata e il tentativo di mettere angoscia nello spettatore tramite lunghe inquadrature non funziona e ha il sapore di già visto: se non necessariamente in televisione in film come "The Others" tale espediente viene utilizzato fino allo sfinimento.
Il primo pensiero guardando "Passengers" vola alle pellicole d'orrore orientali, come "The Call", "The Phone" o affini, prodotti che paiono colati in un unico stampo e plasmati in base a quello che il pubblico chiede, tentativi di riproporre la stessa solfa con dei cambiamenti minimi: quanto basta da suscitare interesse.
Rodrigo Garcia non si impegna. Forse pago del successo del suo lavoro televisivo non trova abbastanza motivazioni per trasferire la sua passione anche su pellicola.
E anche gli attori sembrano imitarlo.
Anne Hathaway perde tutto il mordente acquisito con "il Diavolo veste Prada" e si cala in ruolo adatto e sostenibile da qualsiasi tipo di attrice, non riuscendo nemmeno a conferirgli qualcosa di personale.
L'attrice si trasforma in una vittima da film anni ottanta degna di un Venerdì 13 parte VI, piatta, scialba, ma carina.
La moda sembra suggerire che tanti personaggi pigiati nella stessa storia e una trama (che vuole essere) complicata bastano per ricreare la formula del successo. Ma la realtà dei fatti è ben differente.

Passengers Passengers rimane una pellicola senza inventiva e già vista, dove succede tutto quello che il pubblico si aspetta. Il cast non si limita a recitare senza passione, ma riesce addirittura a trascinare con se nel baratro quello che di buono poteva dare il film. Forse c'è del buon materiale per confezionare una serie in prima serata, ma non certo per ricavarne un film di successo. Rodrigo Garcia dovrebbe ritornare in televisione, dove può far spaziare a pieno il suo talento, oppure riprovare con il cinema, ma questa volta con qualcosa di originale.

3

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