Pacific Rim - La Rivolta, recensione del film con John Boyega

10 anni dopo la chiusura della breccia, il mondo ha perso i suoi migliori Jaeger e i suoi più grandi eroi, la minaccia Kaiju però è sempre imprevedibile.

Pacific Rim - La Rivolta, recensione del film con John Boyega
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Come ben sappiamo, sono due le forze che dall'alba dei tempi governano il mondo: il bene e il male. Distinti e contrari, questi due elementi condizionano fortemente anche l'umanità, nell'universo di Pacific Rim però la situazione è ancora più complessa. Una misteriosa breccia multi-dimensionale attorno all'oceano Pacifico permette a mostri giganteschi, i Kaiju, di invadere il nostro pianeta, intenti a depredare le risorse terrestri più preziose. A loro si oppongono robot di pari stazza, gli Jaeger, comandati dall'uomo grazie a complessi sistemi neurali, che con tenacia e armi letali combattono fino all'ultimo transistor per la liberazione della Terra. Una guerra potenzialmente infinita, proprio come la lotta intestina fra bene e male, che ora - a dieci anni di distanza dalla celebre "battaglia della breccia", nei tempi della storia - gode di una labile tregua. Dopo il sacrificio del comandante Stacker Pentecost, il portale multi-dimensionale risulta ancora sigillato e sicuro, con strumenti che monitorano la situazione in modo costante.
Motivo per cui lo scarso livello di allerta, in tutti questi anni, ha portato l'umanità e la ricerca scientifica a dormire leggermente sugli allori e a dismettere quasi del tutto il celebre programma Jaeger - per creare droni più leggeri da pilotare da remoto. Nel caso in cui la breccia dovesse riaprirsi, a oggi la situazione sarebbe complicata: gli eroi della scorsa battaglia, sia robotici che umani, non esistono praticamente più, con i primi all'80% delle loro possibilità e i secondi che non hanno formato una nuova generazione.

Gli ultimi saranno i primi

A conferma di questo arriva il protagonista di Pacific Rim - La Rivolta, Jake Pentecost, figlio del celebre comandante/eroe che anziché seguire le orme del genitore preferisce rubacchiare preziose parti di vecchi Jaeger per venderle a caro prezzo sul mercato nero. La breccia, questa volta, è umana: padri e figli non sono mai stati così lontani nelle intenzioni, fra una generazione e l'altra si è aperta una voragine morale che nessuno - in apparenza - ha intenzione di colmare. Il destino però, lo sappiamo, è crudele e beffardo, spesso ci costringe a seguire strade che altrimenti non avremmo mai percorso. Il ribelle Jake si trova così davanti a un bivio che non ammette inversioni di marcia: la galera o il ritorno in servizio presso il programma Jaeger. Di uomini come lui, addestrati e dall'alto valore simbolico, vi è bisogno come il pane, è necessario infatti allevare nuovi piloti, nuove persone in grado di prendere il controllo dei maestosi robot nel caso in cui la breccia - per i motivi più disparati - dovesse riaprirsi.
Dopo l'abbandono di Guillermo del Toro, che figura in ogni caso fra i produttori, il timone della saga di Pacific Rim è dunque passata a Steven S. DeKnight, autore principalmente televisivo (Buffy, Smalville) che ha deciso di affrontare un salto nel vuoto e diventare anche regista cinematografico. Letteralmente, questo Pacific Rim - La Rivolta è la sua opera prima dietro la macchina da presa e infatti non mancano i difetti "di gioventù".

Redenzione

Rispetto al primo film del 2013, che vantava l'occhio e la mano del visionario regista messicano, questo nuovo sequel è stato spogliato di qualsivoglia ambizione autoriale - pur avendo ancora i tratti distintivi della storia originale. La sceneggiatura è diventata così ancora più lineare e prevedibile, agganciata inoltre a svariati cliché del caso. Un film che fa di tutto pur di avere un'anima propria e di veicolare un messaggio positivo, che però naufraga in battute e situazioni scontate appena possibile - da b-movie di genere. Di buono c'è sicuramente il passaggio di consegne multi-generazionale: Jake (un John Boyega quasi anonimo che purtroppo non lascia il segno), figlio di Stacker Pentecost, si redime con fatica dalla vita da criminale che si è costruito negli anni, diventando il perfetto traghettatore di una generazione ancora più giovane.
Sotto di lui infatti vi sono diversi ragazzi pronti a tutto pur di diventare piloti di Jaeger e salvare il mondo; potenziali eroi come ormai non ne esistono più. Vengono dunque esaltati i "gregari", gli scarti della società, che vengono al contrario elevati e riportati sulla retta via. Come accade per i giganteschi robot, una nuova generazione di uomini e donne valorosi viene ricostruita da zero (per buona pace di Nate Lambert/Scott Eastwood, che praticamente ha fatto il suo tempo...).


Il futuro è donna

Già, uomini ma soprattutto donne: se nel 2013 a farla da padroni erano soprattutto maschi statuari (Idris Elba e Charlie Hunnam su tutti), oggi le quote rosa sono sensibilmente aumentate, addirittura il destino del mondo si ritrova nelle mani di una giovane ragazzina ribelle. La piccola Amara Namani (interpretata dall'ottima Cailee Spaeny, di cui sentiremo sicuramente parlare nel prossimo futuro), un'orfana appassionata di elettronica e robotica in grado di assemblare da sola un piccolo Jaeger in miniatura, è allo stesso tempo la migliore sorpresa e la più grande delusione di Pacific Rim - La Rivolta. Una sorpresa perché è un personaggio dinamico e ben caratterizzato, estremamente positivo, un autentico genio che sembra più maturo della sua età - cosa che scatena non pochi conflitti all'interno dell'accademia Jaeger.
La delusione arriva invece dalla sua ideazione e costruzione rispetto alla storia: gli sceneggiatori hanno sfruttato l'attuale e occidentale "revival adolescenziale anni '80" - derivato soprattutto da Stranger Things e IT, per nominare soltanto due prodotti recenti - per creare un personaggio dettato più dai tempi che da un reale bisogno. L'intromissione di Amara in alcune scene è alquanto forzata, esagerata, inoltre il rapporto con Jake Pentecost è fra i più scontati mai visti e lo si intuisce sin dai primissimi minuti. È brutto dirlo, ma sembra che senza un ragazzino brillante con venature nostalgiche ormai non si possa fare più alcun film di successo.

Una serpe in seno

A livello di tematiche, c'è ancora un lato positivo da sottolineare: nel primo film la minaccia è sempre arrivata da un'altra dimensione, questa volta l'umanità cova il marcio direttamente in seno. Non sono più i mostri a minacciare seriamente il pianeta, è l'uomo stesso che mira a distruggerlo. Un'idea che si lega perfettamente agli eventi del 2013 e che serve da ponte per un terzo film sicuramente in cantiere, probabilmente la chiusura di una trilogia. Di materiale ideale, ancora da esplorare, effettivamente ce ne sarebbe, dopo La Rivolta però abbiamo paura che si possa trattare di un "more of the same" senza troppo mordente. Steven S. DeKnight, supportato evidentemente dalla Universal, ha puntato tutto sullo spettacolo spicciolo, senza fronzoli, talvolta esagerato come la tradizione giapponese vuole.
Gli amanti dei robottoni e dei mostri giganti troveranno sicuramente di che divertirsi in questo secondo capitolo, a patto però - come abbiamo già detto sopra - di non attendersi chissà quale capolavoro. L'azione di certo non manca, l'unico eventuale problema è che si tratta di un'eredità diretta del primo film, non c'è nulla di nuovo, addirittura potrebbe esserci qualcosa in meno - ad esempio sono sparite tutte le atmosfere dark del 2013 in favore di un mondo luminoso, con battaglie che si svolgono in pieno giorno. Si ha l'impressione che la produzione abbia voluto svolgere i compiti per casa senza mai uscire dalla traccia, regalando qualche scossone inaspettato e gradito alla maestra. Il risultato è un film di genere poco ispirato, con vaghe sfumature da b-movie e un percorso troppo prevedibile, con robottoni che si muovono alla velocità della luce o quasi. Non aiuta neppure il 3D, forte nelle sequenze iniziali ma che con il passare dei minuti finisce soltanto per rabbuiare le sequenze e confondere l'azione.

Pacific Rim - La Rivolta Chi è alla ricerca di robottoni che se le danno di santa ragione con mostri ultra-dimensionali, probabilmente uscirà dal cinema soddisfatto dopo la visione di Pacific Rim - La Rivolta. Bisogna però essere consapevoli che nulla di nuovo viene aggiunto al genere, anzi, i bei tempi in cui si osava dare randellate con petroliere di passaggio sono definitivamente andati. A questo sequel manca certamente "la patina del Toro", ogni ambizione autoriale è stata tagliata in favore di uno spettacolo senza fronzoli, lineare e telefonato, con vaghe sfumature da b-movie anni '80. Lo stesso personaggio di Amara è un chiaro riferimento nostalgico, unione di elementi occidentali e asiatici inserito forse in modo forzato in più sequenze. Di buono c'è l'esaltazione degli "ultimi", dei disadattati, manca dunque la classica prosopopea dell'eroe, nulla però che non si sia già visto. Questa "Rivolta" pecca proprio di originalità: sembra più un compendio del genere che un nuovo prodotto, capace di assorbire indistintamente pregi e difetti di sorta. Le botte fra creature giganti, biologiche o artificiali che siano, non mancano, ma sono le solite, sempre più prevedibili e surreali.

5.5

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