Recensione P.O.E. - Project of evil

Il sequel di P.O.E. - Poetry of eerie presenta un'anima più orrorifica

Recensione P.O.E. - Project of evil
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Si cominciò con Silenzio, concepito da Angelo e Giuseppe Capasso guardando in maniera evidente alle moderne ghost story giapponesi, e La sfinge di Alessandro Giordani, riguardante una misteriosa epidemia, per poi proseguire con il veloce Gli occhiali di Matteo Corazza e l'ironico Valdemar di Edo Tagliavini.
Ma non mancarono neppure il sanguinolento Gordon Pym, diretto a quattro mani da Giovanni Pianigiani e Bruno Di Marcello, il poco chiaro Il cuore rivelatore di Manuela Sica, la simpatica animazione in Tim Burton style de Il gatto nero di Paolo Gaudio e una ben girata Ligeia di Simone Barbetti.
Senza contare Il corvo di Rosso R. Fiorentino, interamente narrato in prima persona, il non esaltante L'uomo della folla di Paolo Fazzini, ambientato nella Roma moderna, Berenice di Giuliano Giacomelli, immerso in vecchie atmosfere gotiche nostrane, e l'esteticamente curato Il giocatore di scacchi di Maezel, firmato dallo stesso Domiziano Cristopharo che curò - sotto pseudonimo Yumiko Itou - anche il conclusivo Canto, tutto basato sui dettagli.
Accadeva in P.O.E. - Poetry of eerie (2011), lungometraggio a bassissimo costo che, strutturato in tredici episodi (otto nella versione distribuita nel circuito cinematografico) realizzati da quindici cineasti indipendenti nostrani, si proponeva di rispolverare in maniera atipica e originale la poetica dello scrittore bostoniano Edgar Allan Poe, nato nel 1809 e morto neppure quarant'anni dopo.

Poe... sia

Un'operazione che vede alcuni dei suoi nomi coinvolti anche in questo secondo tassello che, però, si concentra maggiormente sul lato horror dell'autore de La maschera della morte rossa.
Tassello che, proponendo un tizio destinato a risvegliarsi in uno spazio completamente bianco e che scopriamo essere il soggetto videocontrollato di un esperimento, apre all'insegna di una riuscita rilettura dal sapore futuristico de Il pozzo e il pendolo operata da Donatello Della Pepa, noto ai frequentatori di festival per il suo cortometraggio a tema licantropico Versipellis (2011).
Per poi proseguire con l'esplosione di violenza finale che caratterizza Solo dei già citati fratelli Capasso, riguardante un tizio legato a una sedia e torturato all'interno dello scantinato della sua fabbrica, e Perdita di fiato di Tagliavini, in cui, con una strizzata d'occhio al cinema muto, l'ex star delle luci rosse Francesco Malcom concede anima e corpo proprio a un attore porno che, braccato dall'Ufficio Imposte, si ritrova senza fiato e respiro durante una performance sessuale davanti alla camera di ripresa.
Ma abbiamo una stella dell'hard, Federica Tommasi, anche ne I delitti della Rue Morgue di Alberto Viavattene, che vede la donna, insieme alla Desirée Giorgetti di Morituris (2011), alle prese con uno scimmione stupratore le cui fattezze, tutt'altro che distanti da quelle di una maschera carnevalesca, finisce per conferire un aspetto decisamente trash a quello che rimane, di sicuro, uno dei più sanguinolenti momenti dell'insieme.
Destinato a continuare tramite il difficilmente comprensibile Il cuore rivelatore di Nathan Nicholovitch, dedicato alla compianta Marisa Mell e incentrato (senza dialoghi) su un barbone che si "ripulisce" per assumere un aspetto più accettabile, Il sistema del dr. Catrame e del prof. Piuma di Cristopharo, con Dario Biancone impegnato a interpretare proprio Poe in una clinica psichiatrica nella Elbasani del 1977, e La sepoltura prematura, diretto da Giacomelli guardando in parte a Buried - Sepolto (2010) di Rodrigo Cortés, in parte a ... e tu vivrai nel terrore! L'aldilà (1981) di Lucio Fulci, ricordato soprattutto nell'epilogo.
Un epilogo che, impreziosito dalla bella colonna sonora a firma di Enrico Angelini, giunge a conclusione di uno dei migliori episodi presentati nel corso dei circa novantadue minuti di visione; disomogenei come era già avvenuto nel caso del film precedente, ma rispetto al quale riescono nell'impresa di manifestare una maggiore compattezza.

P.O.E. - Project of evil Se P.O.E. - Poetry of eerie (2011) si propose quale omaggio a bassissimo costo operato da quindici cineasti indipendenti nostrani alla poetica di Edgar Allan Poe, questo secondo lungometraggio, che vede coinvolti cinque di essi (Angelo e Giuseppe Capasso, Edo Tagliavini, Domiziano Cristopharo e Giuliano Giacomelli) insieme a tre nuovi nomi (Donatello Della Pepa, Alberto Viavattene e Nathan Nicholovitch), si concentra, invece, sul lato horror delle opere sfornate dal genio di Boston. Con i migliori momenti dell’operazione individuabili nell’episodio di apertura (Il pozzo e il pendolo) e in quello di chiusura (La sepoltura prematura), un insieme che, come il capostipite, rischia di apparire disomogeneo, ma riesce, in ogni caso, nell’impresa di presentare una maggiore compattezza. Probabilmente, anche grazie alla tipologia di orrori raccontati, più concreti e meno cerebrali.

6

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