Ouija 2: L'origine del male Recensione

Tramite Ouija - L'origine del male, Mike Flanagan racconta vicende passate legate alla diabolica tavoletta utilizzata nelle sedute spiritiche.

Ouija 2: L'origine del male Recensione
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Diretto dall'effettista Stiles White e prodotto dalla Platinum Dunes di Michael Bay in collaborazione con la Blumhouse Productions di Jason Blum, Ouija si è rivelato nel 2014 il tutt'altro che riuscito tentativo di rispolverare le tematiche che furono alla base della trilogia Spiritika, iniziata nel 1986 da Kevin S. Tenney e terminata nove anni più tardi da Peter Svatek. A quel piuttosto noioso e molto poco originale teen horror incentrato su un gruppetto di ragazzi che, intenti a mettersi in contatto con un'amica morta, a quanto pare, per suicidio, risvegliavano gli oscuri poteri dell'antica tavola del titolo, utilizzata per l'occasione, finendo uccisi l'uno dopo l'altro, lo stesso team produttivo fornisce il prequel Ouija 2 - L'origine del male. Stavolta la regia viene affidata al Mike Flanagan autore di Oculus - Il riflesso del male e di Somnia, il quale provvede a svelare alcuni retroscena legati al diabolico strumento per sedute spiritiche, corredato di un indicatore mobile chiamato planchette e riportante sia i numeri da zero a nove, sia tutte le lettere dell'alfabeto.


Spiriti del passato

Infatti, è nella Los Angeles del 1967 che troviamo Elizabeth Reaser nei panni della vedova in difficoltà economiche Alice Zander, la quale, figlia di una sensitiva defunta e madre della quindicenne Paulina e della bambina di nove anni Doris, ovvero Annalise Basso e Lulu Wilson, escogita un inquietante numero per i suoi clienti desiderosi di parlare con i loro cari estinti, senza ritenersi una truffatri, pur tirando in ballo allarmanti segnali premonitori spazianti da bambole con bocche cucite ed un'apparizione spettrale attraverso una specchio, è soprattutto una lunga e lenta attesa a caratterizzare buona parte della quasi ora e quaranta di visione di Ouija 2 - L'origine del male; man mano che emerge un antefatto risalente addirittura ai tempi del nazismo e che, nel ruolo del sacerdote preside della scuola frequentata dalle ragazze, troviamo l'Henry Thomas che interpretò il piccolo Elliott nello spielberghiano E.T. - L'extraterrestre. Una lenta attesa spezzata anche da una sequenza con fionda dagli esiti a loro modo ironici e che, comunque, rispetto a quella decisamente soporifera alla base del capostipite, appare sfruttata a dovere per favorire la costruzione dei diversi personaggi. Consentendo alla fase realmente dedicata all'intrattenimento horror di occupare soltanto gli ultimi venti minuti dell'insieme, tra possessioni, portali da chiudere cadaveri da spargere. Con la risultante di un'operazione di sicuro più apprezzabile rispetto al film precedente, ma che, in fin dei conti, si riduce ad essere l'ennesimo, guardabile spettacolo infarcito di entità sovrannaturali concepite in digitale e balzi regalati dal sonoro che non aggiunge nulla di nuovo al filone.

Ouija 2: L'origine del male Con un cambio di regista, Ouija - L’origine del male si propone una vicenda ambientata quasi cinquant’anni prima rispetto al precedente Ouija, che inscenava senza alcuna fantasia il tipico massacro di giovincelli alle prese con diaboliche presenze. La novità risiede qui soprattutto nella scelta di abbandonare il filone dell’horror adolescenziale in salsa slasher per abbracciare una tipologia di spettacolo di paura maggiormente legata ad un contesto familiare con corpi pronti ad essere posseduti. Si procede con estrema lentezza, ma conseguendo risultati superiori rispetto al capostipite; pur rimanendo nell’ambito dell’operazione senza infamia e senza lode... con un’ultimissima sequenza posta al termine dei titoli di coda.

6

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