Recensione Offside

Donne iraniane in 'fuorigioco'

Recensione Offside
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Vincitore nel 2006 dell'Orso d'argento al 56° festival di Berlino, arriva finalmente anche in Italia Offside, ultimo tentativo di denuncia del regista ‘neorealista' iraniano Jafar Panahi nei confronti del governo dittatoriale di Ahmadinejad. Il film, girato in una sorta di clandestinità come del resto quasi tutti i film iraniani di matrice 'eversiva', ruota ancora una volta - come accadeva ne Il cerchio, vincitore nel 2000 Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia - attorno alla precaria condizione femminile delle donne iraniane, deprivate di molti dei loro diritti basilari e di quasi tutti quelli periferici (come il diritto di recarsi allo stadio e tifare - donne al pari degli uomini - per la propria squadra).

Sognando il calcio

Iran, 2006. All'Azadi Stadium di Teheran sta per tenersi la partita di qualificazione per i Mondiali di Calcio tra Iran e Bahrein. Gli uomini affollano i pulmini, le strade, le aree antistanti lo stadio. Ma di donne non se ne vedono. Perché in Iran alle donne (tra le molte altre cose) non è concesso recarsi allo stadio, in quanto potrebbero ascoltare parole ‘proibite', assistere a scene ‘degradanti', e dunque corrompere la loro virtù morale. Una negazione che rientra nel ben più ampio discorso di negazionismo dei diritti umani che coinvolge l'attuale Iran. Ma di fronte al proibizionismo germogliano anche atteggiamenti creativi, rivoluzionari, in qualche modo eversivi. Parte da qui Jafar Panahi e da una vicenda che ha vissuto in prima persona con sua figlia, per raccontare lo slancio creativo di alcune ragazze iraniane che in un giorno di importante aggregazione umana e sportiva (come quello della qualificazione per i mondiali) decidono di eludere i controlli per infiltrarsi allo stadio travestite da uomini (una addirittura in divisa militare). La loro conquista della libertà s'infrangerà poco dopo oltre i cancelli dello stadio e non avranno mai modo di assistere ‘live' alla partita, ma vivranno comunque il loro momento di aggregazione e, insieme ai militari (a loro volta schiavi del regime) che le tengono prigioniere, diventeranno voce di quella ribellione pacata e democratica che attraversa il popolo iraniano e in particolare quel cosmo femminile pesantemente oppresso.

Il Ken Loach iraniano

Seguendo una costruzione in ‘tempo reale' degli eventi, la camera segue i volti spauriti, coraggiosi, spavaldi di queste cinque ragazze (non attrici) nell'arco di una giornata. Il gioco del calcio rimane paradossalmente sempre fuori campo, celebrato solo attraverso l'eco delle voci nello stadio, mentre il centro dell'azione è dedicato - in un gioco filmico di ribaltamento sociale - a loro, donne sempre più smaniose di partecipare attivamente al ‘gioco societario', stufe della panchina cui sono state assegnate da troppo tempo. Lineare e asciutto lo stile di Panahi rimane quello essenziale e maturo del cantore sociale iraniano rinvenibile anche negli altri suoi lavori (Il palloncino bianco, Lo specchio, Il cerchio), affine per intenti al Ken Loach occidentale, ed esponente di un neorealismo cinematografico necessario alla catarsi di ogni paese socialmente oppresso. Nell'epilogo di Offside, un barlume di speranza concesso dal fato o forse alla tenace resistenza dell'opposizione femminile, Panahi concede spazio a un momento di comune euforia, momento di gioia per un attimo scevro dal senso di oppressione umana dilagante. La speranza è che quel barlume di speranza, infine, sia capace di liberarlo dalla prigionia fisica e mentale cui il suo Paese lo ha sottoposto, rendendo ancora più alto il valore morale delle sue opere...

Offside Realizzato nel 2006, Offside di Jafar Panahi arriva nelle sale italiane solo oggi. Il grido di libertà che il regista concede al microcosmo di giovani ragazze impossibilitate a seguire la loro passione per il calcio, attraversa il suo paese per arenarsi dinanzi alla notizia di incarcerazione (nel 2010) dello stesso regista, considerato ‘pericoloso’ per il regime. Nell'attesa e nella speranza che quel grido di libertà riprenda il suo cammino, non resta che fare tesoro di questi lavori-testimonianza, che ancor prima del valore artistico, spiccano per il forte valore sociale.

7

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