Recensione Office

Un lavoratore modello massacra la sua famiglia per poi scomparire nel nulla nel prologo di Office, godibile ma imperfetto mix tra dramma sociale e thriller-horror dell'esordiente Hong Wan-Chan.

Recensione Office
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Kim Byeong-Gook, capo-sezione e impiegato modello di un'importante società finanziaria,fa ritorno a casa e massacra la sua famiglia a colpi di martello, per poi scomparire senza lasciare tracce. Le indagini sul caso vengono affidate all'esperto detective Jong-Hoon che, come primo passo, decide di interrogare tutti i colleghi d'ufficio con cui lavorava l'uomo, i quali non esitano a descriverlo come una persona normalissima e perbene. La giovane Lee Mi-Rye però sembra nascondere qualcosa: la ragazza infatti, dileggiata dal resto dello staff per il suo estremo stakanovismo, era l'unica in realtà ad avere un buon rapporto con l'assassino. Nella ricerca della verità Jong-Hoon scoprirà che proprio la giovane ha un ruolo chiave nella vicenda, che sembra per altro legata a possibili elementi sovrannaturali. E altre improvvise e misteriose morti cominceranno a destabilizzare la tranquillità dell'ufficio...

Andiam, andiam, andiamo a lavorar...

Sembra iniziare come un classico drama-thriller della follia, atto a denunciare inoltre le estreme condizioni di lavoro cui vengono molto spesso sottoposti i dipendenti nell'attuale società coreana (e non solo). Il violento prologo, con l'omicidio familiare mostrato fuori campo (ma con le esplosioni di sangue che invadono comunque lo schermo) doveva però già mettere sull'attenti, con i comportamenti bizzarri e innaturali del da lì a poco futuro assassino. E infatti il film, dopo un primo terzo di narrazione utilizzato per introdurre tutti i personaggi in gioco e le dinamiche da cui questi sono legati, arriva a sconfinare nel classico horror orientale, con lo spirito vendicativo (il ben conosciuto "the grudge") pronto a colpire ancora e senza pietà i colpevoli della sua dipartita. Presentato in anteprima mondiale nelle Midnight Screenings del Festival di Cannes 2015 e riproposto in questi giorni alla 14esima edizione del Korea Film Fest, Office è un'opera dalla doppia anima che trova nella sua ibridazione di generi sia un pregio che un limite: se la denuncia dello sfruttamento lavorativo in favore del profitto è senza dubbio condivisibile, il mix con atmosfere d'orrore non trova sempre una coerenza di fondo, andando a formare un meltin'pot piacevole ma non sempre equilibrato. Pur con una buona atmosfera, in grado di suscitare momenti ad alto tasso tensivo, le allucinazioni / apparizioni di cui sono vittima i protagonisti vanno a ripescare tutti i classici del genere, in una sorta di bignami stereotipato incollato a forza ad una trama di tutt'altro tipo, e per di più non del tutto esplicati a fondo. Lo stesso cast non spicca per carisma, esclusa la protagonista Go Ah-sung, davvero brava a gestire un ruolo più ambiguo del previsto.

Office Se il doppio prologo, con la scena della brutale strage in famiglia e la corsa a perdifiato della protagonista per giungere in orario al lavoro pareva metterci davanti ad un'attenta disanima sociologica sulle condizioni estreme di stress cui vengono costretti i dipendenti delle grandi aziende, Office col procedere dei minuti si avvia su una più canonica strada da thriller / horror che, pur regalando qualche buon momento tensivo, pare disperdere quanto mostrato in precedenza. Lo sceneggiatore Hong Won-Chan, al suo debutto dietro la macchina da presa, si trova così a cavallo tra due generi senza dimostrare una salda presa su entrambi, troppo spesso lasciati a briglia sciolta e incapaci di donare ad una visione, comunque godibile, la corretta dose di personalità.

6

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