Recensione Non è un Paese per Vecchi

Un lucido e spaventoso viaggio nella provincia americana, by Coen Bros.

Recensione Non è un Paese per Vecchi
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Quattro Oscar: Non E' un Paese per Vecchi arraffa metà delle statuette per le quali era in corsa. Miglior regia, miglior film, sceneggiatura non originale e attore non protagonista (Javier Bardem). Un vero trionfo per i fratelli Coen, che da anni non sfornavano un capolavoro di tale livello. Merito anche del libro omonimo da cui è stato tratta la pellicola, il cui autore, Cormac McCarthy è, giustamente, considerato tra i migliori scrittori americani del '900. Uno stile elegante ma per niente facile, complesso nel raccontare vizi e virtù di un America rurale, creando personaggi spesso di frontiera, fisica o sociale, che hanno un alone di realtà tale da renderli unicamente veri. Una poesia immersa in contesti spesso crudeli e dannati, popolati da figure la cui umanità spesso fa rima con violenza, come se quest'ultima fosse un fattore imprediscindibile dell'anima. Coraggiosa perciò la scelta dei Coen, anche se di certo non erano sprovveduti nello stenderne la sceneggiatura, avendo già vinto un Oscar per quella originale di Fargo, nel lontano 1996. Apparentemente distanti, i due film hanno qualcosa in comune: il male che dilaga all'interno della normalità, con protagonisti vittime delle proprie scelte. Se il cult con Buscemi aveva però un forte tocco di humour nero, questo non trova spazio in un prodotto disilluso e decadente come Non E' un Paese per Vecchi, la cui forza risiede proprio in una rappresentazione del male crudele quanto possibile.

Texas, fine anni '70. In seguito a una sparatoria tra narcotrafficanti avvenuta nel deserto, Llewelyn Moss (Josh Brolin), cacciatore e reduce del Vietnam, trova sul luogo della strage, in pieno deserto, una valigetta con due milioni di dollari. Questa sarà la sua condanna: infatti, dopo averla presa, la sua vita diventerà un inferno. Sulle sue tracce si metterà Chigurh (Javier Bardem), uno spietato serial killer, a conoscenza del contenuto della valigia. Un uomo folle, che non esita a uccidere per puro piacere, e che lascerà durante il suo inseguimento una lunga scia di morte. Nel frattempo si mettono sulle tracce di Llewelyn lo sceriffo locale Bell (Tommy Lee Jones), per proteggerlo dai pericoli cui sta andando incontro, e un agente delle forze speciali (Woody Harrelson), pagato dai capi della droga per recuperare i soldi.

Intenso e profondo, un film vibrante pur nella sua apparente staticità, in grado di regalare scene e dialoghi cult che, siamo sicuri, rimarranno nella storia del cinema. Dall'inseguimento nel fiume, in cui un pitbull rincorre il protagonista a nuoto, alla partita a testa o croce con cui Chigurh mette in gioco la vita di un negoziante, all'incidente finale, niente sembra lasciato a caso. Merito sicuramente della storia narrata dal libro, ma è innegabile la maestria con cui i fratelli Coen sono riusciti a trasportare su schermo un concentrato di folle e maestosa genialità. Dagli ariosi e splendidi paesaggi, la cui fotografia ricorda più volte alcuni classici del western americano (Ford in primis), fino all'esplosione di lucida e brutale violenza, memore del Peckinpah più sanguinario, Non E' un Paese per Vecchi è un concentrato di pura emozione, per due ore di assoluta estasi cinefila. Nessuna luce traspare dai personaggi: nell'incombente stanchezza dello sceriffo Bell, nell'insana follia di Chigurh non vi è spazio per la speranza. Crepuscolare nelle figure disilluse e in un mondo crudele che attende solo un'altra morte, il film è diviso equamente tra l'aura drammatica e la pura, esplosiva azione. Giocato molto sulle parole, con dialoghi ricchi di sfumature emozionali, e capaci di entrare a fondo nelle orecchie e nel cuore di chi guarda, è altrettanto lucido nell'esprimere tutta la ferocia richiesta.
La locandina pubblicitaria enuncia sopra il titolo la significativa frase "Il miglior film dell'anno" (così incoronato anche da Entertainment Weekly): frasi sempre rischiose, che spesso sono il prodotto di un'eccessiva presunzione e di un abile marketing pubblicitario, ma rimane il fatto che Non E' un Paese per Vecchi è un capolavoro, che merita sicuramente la visione da parte di chiunque si ritenga un appassionato della Settima Arte. I motivi che ne decretano l'entrata tra i grandi classici del cinema recente sono davanti agli occhi dello spettatore. Oltre alla strepitosa regia dei Coen, che lo consacrerà probabilmente a nuovo cult, troviamo altre idee geniali, su tutte l'assoluta mancanza di una colonna sonora. Nessuna nota solcherà infatti mai le linee sonore della pellicola, trasportando ancora più profondamente nella cupa e tragica realtà narrata. Si viaggia volutamente per stereotipi, però a differenza di film recenti come Into the Wild, si ha la sensazione di una maggior ricerca introspettiva per i personaggi, e di una maggior cura nella scelta delle location. Se nella prima parte lo sconfinato deserto del Texas si erge protagonista assoluto, in cui l'uomo è solo un piccolo puntino nero in lontananza, in seguito tutta l'atmosfera di quell'America al confine col Messico diventa punto centrale delle vicende. Non si cade però nello scomodo, e fin troppo politicizzato, "problema messicano", se non per qualche breve scena ambientata alla frontiera. D'altronde i Coen hanno sempre sostenuto di scrivere senza pensare a tematiche politiche. La scelta degli attori è stata senza dubbio fondamentale, e regala tre personaggi assolutamente riusciti, che si dividono equamente gli oltre 120 minuti di film. Lo spietato killer di Javier Bardem finisce per essere uno dei personaggi più spaventosi di tutta la storia del cinema, e, con quel look volutamente "ridicolizzante", terrorizza ancor di più in quanto talmente ancorato alla normalità da risultare credibile anche nella realtà, come se chiunque potesse essere uno spietato assassino. Il suo particolare look, realizzato con uno stravagante parrucchino, è stato ideato dai Coen proprio durante le riprese. Tommy Lee Jones è ormai un'istituzione, il suo volto solcato dalle rughe è ormai un classico del cinema americano, e anche qui si rivela perfetto nella parte di uno sceriffo prossimo alla pensione, alla fine vera anima narrativa; non a caso la pellicola inizia con un suo voice over dalla forte intensità drammatica. Vera sorpresa invece Josh Brolin, che a 40 anni trova la sua consacrazione (quest'anno visto in American Gangsters, Planet Terror, Nella Valle di Elah) e che ha fatto di tutto per lavorare con i Coen, recitando anche con una spalla lussata e mostrando grandi doti recitative, pur nella stringatezza dei suoi dialoghi. Gustosa anche la parte di Harrelson, peccato per la sua breve presenza all'interno della storia.Fondendo noir, western e thriller, i Coen hanno creato un piccolo gioiellino, perfetto, dove niente viene lasciato al caso: nessuna scena inutile, ma ogni parola e ogni inquadratura è stata studiata appositamente per sfornare un prodotto impeccabile, sotto ogni punto di vista.Si può notare qualche differenza con il libro di McCarthy, incentrato maggiormante sulla figura dello sceriffo, ma nell'economia dell'intera opera si rivela un dettaglio di poco conto.

Non è un Paese per Vecchi Uno sceriffo stanco, una valigetta con due milioni di dollari, un uomo in fuga e uno spietato serial killer: il nuovo film dei Coen è un puro concentrato di ciò che dovrebbe essere il cinema. Attingendo dall'omonimo libro di McCarthy, tra i più grandi narratori di un'America crepuscolare e di frontiera, i "fratelli terribili" del cinema a stelle e strisce sfornano un vero capolavoro, capace di fotografare perfettamente luoghi e umanità della provincia americana. Con tre attori calati a pennello nella parte, e una figura spaventosa interpretata uno straordinario (e premiato) Bardem, si dipana una storia incalzante, che tra azione e dramma tiene incollati allo schermo per due ore mozzafiato e imperdibili. Non sarà un paese per vecchi, sicuramente è un film per Tutti. Per Tutti coloro che amano il grande cinema.

9

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