Non è un Paese per giovani: la recensione

Al cinema Giovanni Veronesi racconta il precariato dei ragazzi italiani che emigrano in Non è un paese per giovani, film ambientato a Cuba.

Non è un Paese per giovani: la recensione
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Se i titoli di testa di Non è un paese per giovani sono accompagnati da interviste a veri ragazzi italiani emigrati all'estero per cercare lavoro, il motivo è facilmente intuibile grazie a questa dichiarazione del regista Giovanni Veronesi: "Forse è la prima volta che accade, ma non è un caso: un film che viene tratto da una trasmissione radiofonica. Un'esperienza fatta di dirette radio tutti i giorni a Radio 2, dove chiamavo un ragazzo italiano all'estero e mi facevo raccontare la sua storia e il perché se ne era andato dall'Italia. Le risposte di questi giovani sono state a volte divertenti, ma a volte di una spietatezza insostenibile. Più di centomila ragazzi l'anno se ne vanno dall'Italia in silenzio, senza fare rumore. È un lento ma inesorabile esodo che porterà alla mancanza di tasselli fondamentali, in alcune generazioni del futuro". Del resto, è proprio tra questi che rientrano il coraggioso e brillante Luciano e il gentile e, a volte, insicuro Sandro, che sogna di diventare uno scrittore; i quali, rispettivamente con le fattezze del Giovanni Anzaldo de Il capitale umano e del Filippo Scicchitano di Scialla! (Stai sereno), s'incontrano nel ristorante dove lavorano come camerieri, avvertendo, allo stesso tempo, il sentore che la loro vita nello stivale tricolore non abbia alcuna prospettiva.

Che ne sarà di loro?


Ma, se è vero che gli italiani vanno a Cuba con la scusa di vedere gli ultimi comunisti e cercare, in realtà, soltanto occasioni per fare sesso, i due non esitano a catapultarvisi con l'intenzione di aprire lì un ristorante italiano che, grazie alle nuove ma limitate concessioni governative, offra ai clienti il wi-fi, ancora raro sull'isola. Un'avventura in cui vengono affiancati dalla strana Nora alias Sara Serraiocco e che, in un certo senso, il cineasta originario di Prato mette in piedi sulla falsariga del chiacchierato Che ne sarà di noi. Peccato, però, che solo un immancabilmente divertente Nino Frassica - nei panni di un evasore fiscale emigrato ai tempi di Tangentopoli e rifattosi una vita sull'isola caraibica come ristoratore - finisce per regalare i pochissimi, riusciti minuti di un'operazione destinata a coinvolgere anche il veterano Sergio Rubini (è il padre edicolante di Sandro). Perché, se da un lato i due bravi e già citati protagonisti appaiono decisamente sprecati, dall'altro la sceneggiatura - a firma del regista stesso insieme a Ilaria Macchia e Andrea Paolo Massara - tende a caratterizzare le psicologie dei personaggi tirando in ballo le più banali argomentazioni proto-stappalacrime, dall'aneurisma all'aborto. Senza contare il decisamente squallido dialogo sfoderato da un transessuale a proposito del metterlo lì dove non batte il sole e la sequenza di sesso che, alternata ad un combattimento clandestino, non si era mai vista, forse, nemmeno nelle meno difendibili pellicole appartenenti al periodo d'oro di Jean-Claude Van Damme. E, se già il solo fatto che ci troviamo dinanzi all'ennesimo elaborato tricolore riguardante molto poco credibili precari residenti in pieno centro storico romano e lontani dall'essere realmente poveri non può fare a meno di spingere lo spettatore a storcere il naso, a migliorare Non è un paese per giovani non è certo una regia piuttosto piatta che, come già accaduto più volte nei lavori veronesiani, non fa che peggiorare le cose quando si gioca la carta della poesia mirata a generare commozione.

Non è un Paese per giovani I genitori non sono coloro che ti concepiscono ma quelli che tu concepisci come genitori. È una delle pochissime, condivisibili osservazioni sfoderate dallo script di Non è un Paese per giovani, noiosamente tempestato di ovvietà e situazioni decisamente poco coinvolgenti nel raccontare, oltretutto, la generazione dei giovani precari italiani d’inizio XXI secolo tirando in ballo personaggi che, però, non sembrano affatto esserlo. L’unica cosa che rimane da fare, quindi, è gustarsi gli splendidi paesaggi... se già non avete provveduto a recuperare dalla vostra collezione Manuale d’amore e L’ultima ruota del carro per continuare a ricordare il Veronesi preferibile.

4.5

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