Recensione Noi 4

Dopo Scialla! torna alla regia Francesco Bruni con un nuovo quadretto familiare 'alternativo'

Recensione Noi 4
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Con alle spalle una carriera ventennale di sceneggiatore, il livornese classe 1961 Francesco Bruni è conosciuto, per lo più, per aver curato gli script di tutti i lungometraggi diretti dal concittadino Paolo Virzì; ma nel 2011 è anche passato dietro la macchina da presa per curare la regia di Scialla!, incentrato su un quindicenne interpretato da Filippo Scicchitano costretto ad una convivenza forzata di alcuni mesi con un Fabrizio Bentivoglio professore, del quale non sapeva di essere il figlio.
Lo stesso Filippo Scicchitano che troviamo soltanto in una brevissima apparizione all'interno di questa sua seconda prova registica, ambientata nella afosa giornata di giugno in cui il serio e timido Giacomo alias Francesco Bracci Testasecca si accinge sia ad affrontare gli esami orali di terza media che a dichiararsi ad una compagna di scuola segretamente amata.
Mentre, intorno, si muovono per le strade gli altri componenti della scombinata famiglia: la sorella Emma, con le fattezze della Lucrezia Guidone de Il grande sogno, ventenne idealista e irrequieta che sogna di fare l'attrice di teatro; la mamma Lara, ovvero Ksenia"La sconosciuta"Rappoport, ingegnere che ha dedicato anima e corpo ai figli e alla propria professione; il padre Ettore, tipo di artista bohemien e squattrinato, simpatico ma chiaramente inaffidabile, incarnato dal Fabrizio Gifuni de Il capitale umano e da tempo separato dalla moglie.

Quattro prima degli esami

Sono loro i quattro del titolo, destinati ad incrociarsi a coppie sempre diverse, in vari punti di Roma, nel giro delle caotiche e complicate ore che precedono l'esame di Giacomo, il quale trova anche il tempo di pranzare con Ettore presso un ristorante cinese.
Senza alcun dubbio, la migliore sequenza dei circa novantatré minuti di visione, insieme a quella in cui Lara si ritrova nello studio di un chirurgo plastico; in quanto, per il resto, si sprecano i luoghi comuni relativi a quella tipologie di famiglie che il sempre più fintamente proletario ma sempre più veramente borghese cinema italiano d'inizio XXI secolo continua ad inscenare come fossero tipici, disgraziati e problematici nuclei appartenenti alla classe operaia, pur mostrandoli provvisti di signori mestieri e residenti in lussuose zone della capitale italiana.
Capitale italiana di cui, come di consueto, vengono continuamente mostrati scorci di monumenti e quartieri del centro, come vuole la celluloide proto-La grande bellezza che tanto piace ad una determinata - e purtroppo grossa - fetta di intellettualoidi nostrani; mentre Gifuni, che si rivela il migliore elemento di un cast sfoggiante per lo più dimenticabili prove, tende non poco a manifestarsi come una sorta di risposta radical chic ai personaggi cari al più popolare Christian De Sica.
E aggiungiamo soltanto che non manca neppure l'ennesima cantata in macchina, con stereo acceso, atta a coinvolgere l'intero poker di protagonisti... al servizio, quindi, di un noioso e tutt'altro che originale elaborato che, in fin dei conti, non racconta assolutamente nulla. Almeno nulla che possa suscitare l'interesse dello spettatore non appartenente alla ipocrita classe sociale di cui sopra, antipatica quanto i quattro soggetti al centro del film.

Noi 4 Aggiudicatosi il David di Donatello per la migliore opera prima con Scialla! (2011), il livornese Francesco Bruni torna dietro la macchina da presa per concretizzare il desiderio di esplorare il territorio della famiglia contemporanea, di raccontare famiglie comuni come quelle che frequenta e conosce. Qualcuno, però, farebbe bene a spiegargli che non è detto che le famiglie che frequenta e conosce rispecchino quelle contemporanee, sicuramente afflitte da problemi decisamente più seri di quelli da vizietti e hobby radical chic che tormentano i suoi quattro protagonisti (dei quali, tra l’altro, si salva solo Fabrizio Gifuni). Quindi, se il suo film precedente si era mostrato in grado di regalare una gradevolissima commedia volta a spingere a riflettere sulle responsabilità da prendersi nel lungo arco della vita, questo secondo non si riduce altro che all’ennesima - e piuttosto noiosa - accozzaglia di luoghi comuni per pubblico radical chic... un po’ come tutto il cinema italiano d’inizio terzo millennio.

5.5

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