Recensione Niente paura

Trent'anni di storia italiana filtrata attraverso la musica del Liga

Recensione Niente paura
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Leggere semplicemente i principi fondamentali della Costituzione, oggi come oggi, crea imbarazzo, perché hai la sensazione che quegli articoli, che sono pieni di buon senso, adesso invece che essere una carta dei diritti e dei doveri, sono una specie di manifesto dell'utopia.
Questo il pensiero di Luciano Ligabue, celebre rocker italiano sulle cui note hanno ballato, cantato e sognato milioni di italiani. I suoi testi, spesso intrisi di malinconia e saggezza pratica da vita vissuta, hanno affrontato anche temi sociali, e durante le sue performance è noto per i messaggi che porta avanti e che vuole condividere col suo variegato pubblico. Nel corso dei suoi concerti, quando canta Buonanotte all'Italia, vengono proiettati alle sue spalle i visi delle persone che si sono impegnate per il nostro Paese; mentre sulle note de Non è tempo per noi scorrono sugli schermi gli articoli della Costituzione Italiana.
E proprio di Italia e di Costituzione si parla in Niente paura, originale docu-film del regista Piergiorgio Gay, attivo fra cinema, tv, teatro e pubblicità che con questa pellicola intenta la difficile impresa di scuotere e far pensare il pubblico italiano, anche grazie all'apporto musicale del cantante emiliano e alle testimonianze di personaggi noti e gente della strada, ugualmente importanti nell'ottica del regista.

La canzone come urlo liberatorio opposto al silenzio di chi dorme in piedi

Il film, partendo dalle esperienze, umane e professionali, di Ligabue, ripercorre alcune delle vicende che più hanno caratterizzato l'Italia negli ultimi trent'anni. Lo fa attraverso la musica del rocker di Correggio, colonna sonora “celebrativa” di tanti momenti dell'italiano comune (nel cui immaginario sono ormai entrate a forza le note di Certe notti e tanti altri suoi successi), al quale solo la dimensione della festa collettiva -musicale o sportiva che sia- da' oramai il senso di patriottismo e comunanza. Ma il film si muove agile anche fra i tanti materiali d'archivio proposti (si va dai vecchi telegiornali fino ai video caricati su Youtube) e le tante testimonianze a corredo, in egual misura ripartita fra personalità dello sport, dello spettacolo e dell'intelligenzia italiana, e “semplici” lavoratori e studenti italiani di nascita o d'adozione. Tra una canzone, un filmato di repertorio e molte opinioni interessanti, vediamo scorrere, per tutti i suoi ottantacinque minuti di durata, pezzetti di storia della recente Italia, paese da amare per le sue ricchezze ma soprattutto per i suoi mille difetti che andrebbero, per l'appunto, messi a posto con tanto amore e voglia di fare.
Dall'ecologia all'integrazione sociale e razziale, dai diritti civili a quelli sul lavoro, dal terrorismo allo strapotere dei moderni mezzi di comunicazione: il film è una sorta di lente magica intenta a far ricordare, reagire, pensare, il suo pubblico.


Stralci

Con l'avvento della tv in Italia c'è stata la trasformazione del popolo in pubblico, e il pubblico è un tifoso. Non è molto preparato, soprattutto sui problemi che poi lo riguardano, e semplicemente il popolo-pubblico ormai vota da casa, applaude, si indigna e poi va a dormire.” (Paolo Rossi)

In questo momento credo che non sia stonato dire, anche se a qualcuno può disturbare, che bisogna parlare di resistenza, perché la resistenza ha la stessa radice latina di 'esistere', vuol dire esserci, vuol dire fare, vuol dire mettersi in gioco.” (Don Luigi Ciotti)

'L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro'...e cos'è il lavoro? Il lavoro è il contrario del privilegio.” (Stefano Rodotà)

Mi indigna molto l'assenza di dignità. Mio padre, sul letto di morte, disse «Io ti chiedo di diventare un uomo onesto, non ricco o famoso, ma un uomo ricco di dignità».” (Carlo Verdone)

Quella di oggi è un'Italia particolarmente incivile, in cui non c'è più una discussione razionale fra chi la pensa in maniera diversa. Bisognerebbe ribellarsi allo stato di degrado della società italiana, ma come fare a portare avanti una rivoluzione, ma chi la fa se tutti sono addormentati, se tutti vivono nel loro piccolo benessere?” (Margherita Hack)

Disilluso e speranzoso come le canzoni del Liga

L'intento di Gay, da questo punto di vista, è mirabile. Così come tutto il lavoro di stesura del progetto, di ricerca delle fonti, di effettivo collage dell'opera.
In un periodo in cui cinema e musica sono visti dal pubblico soprattutto in funzione dell'intrattenimento, e chi dovrebbe fornire contenuti educativi e formativi langue, tra l'obsoleto e il finto autoriale, opere che sfruttano veicoli sociali di sicuro impatto come la musica popolare per smuovere le coscienze sono assolutamente da promuovere.
Il problema, però, è che in questo caso il risultato non è pienamente convincente, nonostante le premesse. Mentre il ritmo del documentario è piacevole, non altrettanto può dirsi l'alternarsi frequente di voci, suoni e immagini spesso così diversi da loro. Alcuni documenti sono poco fruibili e/o comprendibili, per qualità intrinseca o per scelta di montaggio, rendendo quasi fastidiosi alcuni momenti. Il passare senza soluzione di continuità da un argomento all'altro, poi, genera confusione senza che si sia raggiunto contributo didascalico sufficiente a ritenere “immagazzinato” l'argomento, spesso trattato con argomentazioni interessanti ma incomplete e palesemente di parte. Anche se ben mascherato, il punto di vista secondo cui vengono presentati i vari argomenti infatti è raramente obiettivo, presentando (e facendosene quasi vanto) il punto di vista degli intervistati come qualcosa di più che degno di nota, soprattutto se a parlare sono personaggi di un certo livello sociale o popolare. Oltretutto, Gay parte dal presupposto che chi guarda già conosca quello di cui si parla, non fornendo spiegazioni o “riassunti” di sorta. Scelta personale e cosciente per essere più sciolti e veloci, che tuttavia si paga: se gli eventi del G8 di Genova sono ancora abbastanza vicini nella memoria collettiva, fatti avvenuti venti, trent'anni fa che non sempre sono ricordati o conosciuti neanche dai trentenni di oggi possono apparire alle nuove generazioni, a cui dovrebbe essere rivolta maggiormente l'opera, come astrusi e lontani, e il film perde di mordente lasciando lo spettatore crogiolarsi nei suoi punti interrogativi, in cerca di un appiglio. E, purtroppo, già sappiamo che molti ragazzi, usciti dalla sala e tornati a casa, non cercheranno maggiori informazioni sulla tragica strage di Bologna ma andranno su youtube alla ricerca dei video e della musica di Ligabue, che in un certo qual modo non è protagonista come ci si potrebbe aspettare. Durante tutto il film, infatti, appena una decina sono le canzoni in qualche modo accennate, ma in realtà appena tre/quattro hanno un reale significato nell'economia del film, essendo spesso reiterate senza poi troppo nesso logico col contesto.

Niente paura - Come siamo come eravamo e le canzoni di Luciano Ligabue Ottima l'idea, un po' meno la realizzazione. Niente paura si rivela invero un'opera parzialmente inconcludente, nonostante non manchi di spunti di grande interesse civico e storico. Tecnicamente il prodotto è figlio di uno stile frammentario e televisivo che male si sposa col grande schermo, in virtù poi di un montaggio non all'altezza della situazione e dei contributi da mixare. L'intento formativo/informativo non è quindi pienamente riuscito, ma l'operazione di scuotimento delle coscienze è comunque lodevole. E sicuramente è un'ottima base para-scolastica di riscoperta, discussione e confronto sui temi più caldi del vivere civile delle ultime decadi del “Belpaese”.

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