Recensione Never back down

Per essere il migliore devi battere i migliori.

Recensione Never back down
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“Per essere il migliore devi battere i migliori.”

Jake Tyler (Sean Faris) è un ragazzo difficile e testardo. Trasferitosi da poco in Orlando, in Florida, trova molti ostacoli al suo inserimento nel nuovo liceo. Eppure lui è una star: il video di un incontro di football poi sfociato in rissa, di cui Jack è il protagonista, viene fatto girare velocemente e pubblicato su Youtube registrando un altissimo numero di visitatori. Anche se in pochi sanno chi è veramente, tutti conoscono la sua ferocia quando si tratta di usare la forza. Inseritosi nell'alta borghesia giovanile per puro caso, fa la conoscenza dell'egocentrico Ryan McCarthy (Cam Gigandet) al quale piace divertirsi, sfoggiare abiti firmati e circondarsi di belle donne. All'oscuro di tutti gestisce degli incontri clandestini di arti marziali miste, il più delle volte allestendo la sua enorme villa a mo' di ring. Per lui lo spettacolo conta più della sfida. E' pura adrenalina.
Jake, dopo aver perso un incontro contro Ryan, decide di allenarsi nella palestra di Jean Roqua (Djimon Hounsou), noto istruttore di arti marziali miste il quale si dimostrerà più di un semplice insegnante per il giovane: un amico fraterno.

“Dai la cera, togli la cera”

Rocky, col suo sguardo spento e quell'aria riflessiva, nel 1976 ricordava al mondo quanto la vittoria non fosse poi così importante se comparata alla determinazione; alla voglia di continuare a lottare per emergere da una situazione insostenibile. Anche senza scomodare il prode Stallone, nel 1984 un giovanissimo Ralph Macchio (facendo le dovute proporzioni del caso) seguiva alla lettera gli insegnamenti di Pat Morita per le medesime ragioni. Never Back Down vorrebbe ricalcare le intuizioni di tali pellicole, le quali hanno segnato e continuano a segnare diverse generazioni di adolescenti. Film semplici ma pregni di significato. La missione del regista è invece legata al mero guadagno giacché dimentica di argomentare le azioni su schermo adottando un sicuro stile da videoclip, veloce e attento a dar risalto alla fisicità dei movimenti.
Gli ingredienti sono gli stessi dei b-movie che hanno offuscato alla fine dei 90 la stella dell'action Jean Claude Van Damme (trama fittizia, imprinting sterile), per mezzo dei quali un gruppo di ragazzi, naturalmente giovani e belli, se le danno di santa ragione perché “per essere il migliore devi battere i migliori”. In verità il dramma di fondo è presente e, se non fosse per una sceneggiatura di Chris Hauty affrettata e superficiale, risulterebbe pure credibile, tuttavia i rapporti interpersonali non convincono neppure un po'. Così la lotta rimane l'unico motivo di interesse che rende il film più tecnico di quanto si pensi. Il sinuoso movimento di muscoli e articolazioni si fonde in azioni potenti: arti marziali miste (meglio conosciuta come MMA) attentamente coreografate svolgono gran parte del lavoro e risultano i momenti migliori. Dalla sua la regia ne esalta la bellezza e il realismo utilizzando primi piani, decine di cineprese puntate sui lottaori e sofisticate attrezzature. Il risultato è innegabilmente virulento, forte, intrigante. Perché il film diretto da Jeff Wadlow, pur navigando nella mediocrità contenutistica, professa uno sfogo adolescenziale di rivalsa e rabbia, di sdegno e istinto che stimolerà soprattutto l'emotività delle persone deboli - sicuri che basti mettere a segno un dritto per contare qualcosa nella vita. Un inno insomma alla violenza fisica in cui non vi è alcuna morale. Sean Faris nei panni del protagonista è convincente, perché oltre a sfoggiare un fisico asciutto e spalle robuste condisce tutto sommato la sua performance di riusciti momenti drammatici. A Cam Gigandet (Twilight) invece, in mancanza di una recitazione accattivante, accorre in aiuto la fisicità e i suoi particolari tratti somatici che lo rendono un cattivo tosto anche se decisamente vuoto. Sprecato il due volte candidato all'Oscar Djimon Hounsou nel ruolo più inflazionato della storia del genere.

Never back down Se a Rocky alla fine dell'incontro concedevamo applausi scroscianti, alla rivalsa di Jake dedichiamo un silenzio tombale. Never Back Down è un film giovane e sbruffone, coreografico e animale. Manifesto di una violenza non legittimata e soggetta a equivoci di diversa natura. Il classico prodotto indirizzato ai giovani che andrebbe adeguatamente esaminato più di quanto gli enti sociali facciano col medium videoludico. Non ci saranno bambine killer né automobili assassine ma la brutalità della lotta fine a se stessa non instilla alcun messaggio utile se non quello, agghiacciante, dell'effimero divertimento derivato da un corpo maciullato dopo un colpo andato a segno.

5

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