Mulan, la recensione del live-action di Niki Caro su Disney+

La leggenda di Hua Mulan declinata in salsa wuxiapian e colossal, senza particolari guizzi e svuotata dell'acume stilistico del classico originale.

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Oltre che immortale, una leggenda è imbattibile. Supera le avversità del tempo e riesce a sconfiggere persino una Pandemia, per arrivare al suo pubblico declinata sotto forma di cinema. Questo ha fatto la storia di Mulan adattata in chiave live-action superando la burrasca del lockdown e della riapertura delle sale, scegliendo la strada del Premiere Access su Disney+, in qualche modo la più tortuosa per il costo elevato (21.99 euro) e l'assist involontario alla pirateria. Nello specifico non si tratta di un ennesimo take sulla leggenda ma di un adattamento live-action dell'omonimo classico Disney, ripensato in chiave moderna per aderire ai canoni di rappresentanza e rispetto della woke cultura americana, senza white washing e interamente ragionato con un cast cinese o asioamericano.

Il racconto segue sempre le gesta di Hua Mulan (Yifei Liu), figlia minore e ribelle di Hua Zhou. I canoni della Cina imperiale le vanno stretti e non sente di essere il tipo di donna che il costume impone. Ama combattere, andare a cavallo, l'azione e l'avventura, ma è la società a dirle chi essere e chi divenire. L'onore di una donna è commisurato a seconda del suo essere brava moglie, madre e faccendiera. Quando gli unni guidati da Bori Kahn (Jason Scott Lee) si abbattono però sull'Impero Cinese, ciascuna famiglia è costretta a inviare un membro maschile al fronte. Nella certezza di non rivedere più il padre, ormai vecchio e malandato, Mulan sceglie la via del coraggio e si arruola al suo posto, nella speranza di portare onore alla sua famiglia e alla sua nazione in quanto donna, figlia e guerriera.

Un viaggio senza magia

Dopo un 2019 che ha visto al cinema Aladdin, Dumbo e Il Re Leone, questo 2020 era tutto in mano a Mulan, in quanto unica trasposizione live-action di un classico Disney in uscita. Le riprese si sono svolte a cavallo di due nazioni commercialmente rivali, più di una volta ai ferri corti, e l'intera produzione ha quasi sfiorato i 300 milioni di dollari. Le polemiche sugli errori culturali commessi dalla regia non sono mancate, anche se scaturite da una sola manciata di trailer, mentre Hong Kong ha mosso guerra alla produzione a causa del messaggio d'appoggio ed esaltazione dell'Impero intrinseco al progetto e quindi praticamente obbligato.
Un film nutrito d'attesa e criticità, insomma, che alla prova del nove si rivela essere forse l'adattamento meno riuscito tra quelli finora prodotti tra le favole Disney. Non ha a che fare con nessuna diatriba di natura socio-politica e non riguarda nemmeno il core culturale del film: Mulan è un titolo semplicemente sbagliato dal punto di vista concettuale. Vuole seguire i canoni del wuxiapian (i cappa e spada in stile Hero, The Assassin, La foresta dei pugnali volanti) senza aderirne totalmente. Vuole essere un classico popolare rinunciando però a ogni barlume di magia stilistica, che siano canzoni (la mancanza è frastornante, specie in alcune sequenze) o elementi secondari di sollievo comico e leggerezza come Mushu.

Vorrebbe arrivare ai fasti del film animato del '98 ma non ne rispetta né il target principale né la forma, che perde carattere e personalità divenendo un'accozzaglia di idee altrui ridondanti alla vista, sciupate di fantasia.
Non si capisce neanche dove sia quella monumentale cifra spesa per dare vita a un progetto sulla carta tanto mastodontico. Alcuni scenari, ad esempio, sono visibilmente in green screen, mentre spesso il numero delle comparse in scena è sorprendentemente ridotto (nella città Imperiale è davvero inconcepibile).

L'intero cast è poi inefficace subalterno di Yifei Liu, che funziona invece egregiamente come Mulan, rappresentandone la grinta e la bellezza, la tenacia e l'abnegazione in modo soprattutto introspettivo, restando forse un po' inespressiva lato emozionale. C'è onestamente poco altro che colpisce in questo live-action di Mulan: i campi lunghi che danno senso pieno all'avventura e il richiamo del grido di Furiosa in Mad Max: Fury Road verso la fine del film.

Per il resto neanche le scene d'azione hanno il giusto peso nella storia, mentre Niki Caro si dimostra forse una pedina nel posto sbagliato per una trasposizione di questo tipo e calibro, incapace di dare profondità ai salti e all'agilità del wuxiapian, ripetitiva nelle scelta dell'angolazione della macchina da presa e nell'uso smodato dei rallenty, nemmeno fossimo all'inizio del millennio.
Si sente insomma la mancanza di libertà in molte decisioni produttive e anche l'intenzione programmatica di "conquistare" il mercato orientale, confezionando un film su misura per la Cina, mediocre tanto nella costruzione quanto nel contenuto, se non addirittura nella comprensione stessa della qualità del cinema asiatico.

Sarebbe stato meglio imitare il modus operandi favreauriano e gestire take by take un remake live-action di grande pregio mainstream, anziché puntare a un mercato incerto attirandosi dietro persino le ire di un'intera popolazione indipendente. Così invece è difficile far comprendere ai bambini il perché di tutti quei salti artigianali e strani da vedere, la presenza costante della fenice che non agisce come Mushu e più in generale l'essenza stessa di questa visione alterata e denaturata di un classico animato che diventa imperfetta e sghemba operazione commerciale carne, ossa, sbagli e ambizioni contrastanti.

Mulan Mulan di Niki Caro perde molta della magia del classico animato originale rinunciando all'incanto fiabesco di alcune scelte stilistiche fondamentali - come le canzoni o il sollievo comico di Mushu. Vuole invece conquistare il mercato orientale sfruttando alcuni canoni del cinema wuxiapian senza però aderirne totalmente, uscendone monco e senza spina dorsale. Non è chiaro nemmeno il target e l'azione non risulta mai spettacolare o avvincente, troppo rimessa ad angolazioni che snaturano la funzionalità della scena o un abuso reale dei rallenty. Sarebbe stato meglio rispettare un modus operandi alla Jon Favreau, confezionando un remake take-by-take con un appeal molto più mainstream. Qui siamo invece davanti a un film che non vuole osare in nessuna direzione, nemmeno quella più facile, provando di tutto senza arrivare a nulla. Fermo nel mezzo. Non un bel servizio a una leggenda come quella di Mulan.

5

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