Mother/Android Recensione: su Netflix un interessante film apocalittico

Su Netflix arriva un film che racconta con sensibilità i temi della gravidanza e della famiglia, in un setting distopico comprensibile ma non originale.

Mother/Android Recensione: su Netflix un interessante film apocalittico
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Portare in grembo un bambino riempie la mente con le emozioni più disparate. C'è la gioia, certo, un amore sconfinato che fluisce verso un esserino ancora incapace di comprendere il mondo intorno a sé; ma c'è anche la preoccupazione, l'ansia, il terrore di non essere all'altezza di un compito che graverà sui genitori per tutta la loro vita. Le paure si intrecciano allo stress fisico di un corpo gonfio e dolente, sempre più grande e sconosciuto mentre passano i mesi e si avvicina il fatidico giorno. La gravidanza non è un'esperienza come le altre, ed è dannatamente più complicata quando il mondo è stravolto dalla rivolta degli androidi.

Mother/Android è un film fantascientifico diretto da Mattson Tomlin, al suo esordio come regista, e prodotto da Matt Reeves (il suo The Batman è sempre più vicino, e per noi è chiaramente uno dei film più attesi del 2022). La storia di un mondo devastato dai robot fa da sfondo al vero dramma che si pone al centro del racconto: il viaggio di Sam e Georgia in questo incubo è distinto dalla gravidanza della donna, ormai prossima al parto. Sebbene le circostanze non siano affatto originali, la pellicola - disponibile in streaming, trovate qui tutti i film di gennaio 2022 su Netflix - è godibile e a tratti entusiasmante, in un racconto che oscilla tra la classica fine del mondo e il dramma quotidiano.

La tecnologia si ribella

Georgia (Chloë Grace Moretz) scopre di essere incinta poco prima di una festa durante il periodo natalizio. È visibilmente sconvolta, non trova nemmeno le parole per descrivere il proprio stato d'animo, ma il compagno - e padre del bambino - Sam (Algee Smith) è completamente dedicato a supportarla, anche se lei rimane scossa dalla notizia. Le decisioni importanti vengono rimandate a giorni più tranquilli, ma durante i sobri festeggiamenti un evento indefinito sconvolge il mondo futuristico nel quale vivono. Gli androidi creati per servire l'uomo - del tutto simili agli esseri umani, fatta eccezione per un'emotività soltanto simulata - si rivoltano contro i loro padroni mettendo a ferro e fuoco la civiltà moderna.

Ritroviamo la coppia nove mesi dopo, in una foresta silenziosa che li nasconde ad un nemico praticamente invincibile. Georgia è ormai prossima al parto, e Sam non l'ha mai lasciata sola. I due sono diretti a Boston, dove si vocifera che una barca porti in Corea le famiglie con bambini neonati, garantendogli sicurezza e stabilità.

Il loro è un viaggio lento e puntellato dall'ansia: i mezzi tecnologici sono stati cancellati da quell'evento incerto che ha causato la rivolta delle macchine, le comunicazioni sono pericolose e i veicoli stradali attirerebbero gli androidi che si muovono in orde. La strada per raggiungere Boston passa dunque attraverso i boschi e per gli sparuti checkpoint di un esercito americano allo sbando, ma il tutto è reso quasi proibitivo dalla condizione di Georgia; inoltre l'arrivo di un neonato manderebbe all'aria qualsiasi tentativo di sgattaiolare oltre le linee nemiche.

Il viaggio verso la salvezza

Il setting creato da Mattson Tomlin - autore oltre che regista del film - non spicca affatto per originalità, ricalcando in un sol colpo sia il classico intreccio di un mondo rivoltato dalla tecnologia ribelle, sia il viaggio per la salvezza che contraddistingue un disaster movie.

Dell'apocalisse vediamo solamente il giorno zero, prima di venire catapultati in un'esistenza distopica nella quale le macchine - per un motivo non definito - hanno rovesciato l'umanità. Proprio come in una qualsiasi storia di fine del mondo i protagonisti si incamminano alla ricerca di un rifugio nel quale potersi accampare: la Boston che gli permetterà di raggiungere un continente più tranquillo è illuminata da un'aura salvifica, ma è anche avvolta dai dubbi che attanagliano due persone completamente isolate dagli altri. Le notizie viaggiano come accadeva un tempo, grazie al passaparola tra i viaggiatori incontrati lungo il cammino, e la possibilità che il loro obbiettivo sia soltanto una favola è viva e concreta. Tomlin cancella quindi una messinscena già risaputa - e pesantemente riciclata negli ultimi anni - aggiungendo all'equazione la rivolta degli androidi: un altro spunto per nulla originale, ma che si amalgama bene con il background che fa da sfondo alla storia.

Gli androidi, come gli zombie protagonisti di pellicole molto simili, si spostano in orde e sono mossi dall'unico desiderio di cancellare l'umanità. A differenza dei non morti, però, le macchine vantano un'intelligenza collettiva che li tramuta in avversari nettamente più ostici, capaci di ordire piani articolati pur di arrivare al loro scopo.

Una storia di amore e maternità

Come già accennato in precedenza, il fulcro del racconto non è la rivolta delle macchine, ma il viaggio fisico e sentimentale che porta la coppia verso il parto. In quest'ottica brilla la capacità dell'autore di narrare gli eventi: i personaggi sono ben definiti e sempre credibili nelle scelte che intraprendono, anche all'interno di un mondo distopico che si distacca dalla realtà che tutti conosciamo. È sufficiente sottolineare come gli androidi facciano la loro comparsa sullo schermo soltanto nella seconda parte del film per capire che il fattore realmente importante sono le persone e non l'apocalisse.

Mother/Android è la storia di una maternità ormai alle porte, che viene raccontata con saggezza da un racconto attento a scandagliare i dettagli di una relazione destinata a cambiare con il parto. I due attori protagonisti restituiscono bene la variopinta palette emotiva che vortica intorno a loro, mentre la regia si affida alla camera a mano per trasmettere l'agitazione che scuote le menti turbate da mille preoccupazioni.

Si sente a tratti la mancanza di contrasti fisici durante la prima parte del racconto, e probabilmente la comparsa degli androidi risulterà tardiva agli occhi di chi cerca un vero e proprio film di fantascienza, ma è da sottolineare come la trama si dipani con la dovuta sensibilità attraverso le svolte emotive di una condizione che ha toccato, o toccherà, la stragrande maggioranza delle persone.

Il nemico è in mezzo a noi

Il lungometraggio si accende dunque nella seconda parte del racconto, e lo fa senza lesinare sul terrore che avvolge un nemico indistruttibile.

Le armi convenzionali sono quasi inutili contro gli androidi, e le bombe EMP non sono esattamente una risorsa utilizzabile a cuor leggero: gli esplosivi capaci di disattivare i congegni elettronici svolgono per questo un ruolo di deterrente più che di vera e propria carta da giocare, e i nemici lo sanno benissimo. Quando l'azione di Mother/Android si accende è capace di tenere col fiato sospeso grazie ad un paio di svolte sorprendenti, anche se la messinscena continua a non distinguersi da pellicole simili. Il design degli androidi è minimalista, e questo è assolutamente comprensibile - sono in effetti dei veri e propri umani -, ma a causa di questa semplificazione il film rischia di cadere in un anonimato visivo che la storia non merita. Il montaggio riflessivo della prima parte lascia il posto ad una velocità che restituisce bene la paura causata da un combattimento impari, e la presenza di una protagonista prossima al parto aggiunge quell'ulteriore grado di tensione che rende tutto più complicato e pericoloso.

Mother/Android Mother/Android è un film che utilizza un setting per nulla originale, ma torna utile come mero sfondo di una storia di maternità che viene raccontata con la dovuta intelligenza. Il viaggio dei due genitori in un'America messa a ferro e fuoco dagli androidi è profondo e sfaccettato, e l'interpretazione dei protagonisti è efficace nel restituire le ansie che li attanagliano a pochi giorni dal parto. La comparsa del nemico robotico è probabilmente tardiva, ma quando avviene riesce a tenere vivo l'interesse grazie ad un paio di svolte narrative intriganti. L'esordio alla regia di Mattson Tomlin è quindi un film in gran parte riuscito ed interessante, ma che paga lo scotto di una messinscena trita e ritrita da più di un decennio, e affossata dalla mancanza di un particolare senso estetico che l'avrebbe quantomeno resa unica nel genere.

7

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