Mortal Kombat, la recensione del reboot prodotto da James Wan

Arriva su Sky Cinema il nuovo adattamento del famoso videogioco diretto da Simon McQuoid, un film che sarebbe potuto essere molto di più.

Mortal Kombat, la recensione del reboot prodotto da James Wan
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Sarebbe potuto uscire in sala, Mortal Kombat di Simon McQuoid, ma così non è stato. O meglio, a causa del ritardo accumulato e dell'indecisione distributiva dovuta alla Pandemia di Coronavirus e all'incertezza dietro all'aumento o alla decrescita dei contagi, compreso l'andamento della campagna vaccinale, in Italia Warner Bros. ha deciso di consegnare il progetto reboot prodotto da James Wan in mano a Sky Cinema, in esclusiva. A un mese dall'uscita americana del film, eccoci finalmente a parlare del nuovo adattamento cinematografico dell'omonimo videogioco targato NetherRealm Studios, che si presenta in tutta la sua sanguinosa e violenta fedeltà al titolo originale come un prodotto apripista di un'ideale trilogia, che tanto il regista quanto i produttori Wan e Todd Garner vorrebbero portare a conclusione.

Di cosa parla questo Mortal Kombat? Sostanzialmente dei preparativi e dell'allenamento dei guerrieri scelti dal Regno della Terra (o Earthrealm) per combattere nel pericoloso torneo di arti marziali che si tiene una volta ogni generazione tra i vari Regni - nient'altro che mondi differenti. Protagonista principale della vicenda è un personaggio nuovo, Cole Young (Lewsi Tan), professionista di MMA che a quanto pare sarebbe la chiave di volta per sconfiggere l'Outworld, il Regno guidato dallo stregone Shang-Tsung (Chin Han), che se vincesse il suo decimo Mortal Kombat di fila avrebbe il diritto di conquistare la Terra secondo le regole del torneo. Mentre tenta di raggiungere il maestro Raiden insieme agli altri Combattenti dell'Earthrealm, Cole viene inseguito dagli scagnozzi di Shang-Tsung, inviati per uccidere tutti i protettori della Terra prima dell'inizio del deathmatch definitivo.

Un assaggio superficiale

Il problema principale e forse assoluto di questa nuova trasposizione di Mortal Kombat è la sua totale mancanza di stile. Guardando un film di Gareth Evans o anche un titolo d'azione diretto da David Leitch è possibile rintracciare elementi formali chiari e riconoscibili nelle coreografie o nel modo di girare una determinata sequenza, e invece nel film di Simon McQuoid resta tutto anonimo, troppo insipido, indeciso e imperfetto per restituire il giusto aplomb artistico, contenutistico ed estetico che forse il film meritava davvero.
Il prologo di 12 minuti resta la parte migliore del film, perché ideata seguendo le linee guida della lore del videogioco principale, mettendo dunque faccia a faccia Hanzo Hasashi (interpretato da un credibile Hiroyuki Sanada) e Bi-Han (Joe Taslim) a monte delle loro origini nei rispettivi panni di Scorpion e Sub-Zero, acerrimi rivali che anche in questa trasposizione giocano un ruolo fondamentale ai fini della narrazione. Peccato che non ci siano praticamente mai, su schermo, essendo - come dicevamo - questo Mortal Kombat solo l'inizio del nuovo viaggio cinematografico del franchise, il titolo apripista per qualcosa di più intenso, corposo e appagante. Al loro posto altri combattenti che comunque perdono fin troppo tempo in chiacchiere e battute esasperanti. Prendiamo il caso di Josh Lawson nel ruolo di Kano, contemporaneamente sollievo comico principale del film e figura più cinica, sarcastica e indisponente del titolo.

L'interpretazione dell'attore scozzese è sicuramente la migliore e centrata dell'adattamento, eppure si arriva al limite quando l'intero progetto si chiude a riccio su se stesso in "fase d'addestramento", dove non c'è niente di realmente soddisfacente e anche rispetto alla prima parte - quella della ricerca - c'è un generale appiattimento del ritmo e delle situazioni.
McQuoid e gli sceneggiatori hanno sostanzialmente puntato molto sulla comunicazione e le interazioni tra i personaggi senza però costruirci intorno un contesto adeguato e soprattutto uno script efficace.

Che poi Jessica McNamee o Ludi Lin siano le copie perfette di Sonya Blade e Liu Kang (ma così come Goro e gli altri personaggi), anche in termini di stili di combattimento e dunque identici nell'arte del corpo a corpo, poco importa: in azione, nel momento della verità, questa somiglianza estetica e tutto l'allenamento per il CQC e le arti marziali su schermo non riescono ad essere valorizzate a dovere dalla mano di un regista competente ma troppo grezzo, guardando tanto a un discorso di narrazione nell'azione ma anche a scelte di montaggio onestamente opinabili.

Non è chiaro perché rispetto al prologo, andando avanti, McQuoid opti per un allentamento costante della riprese continua della scena di combattimento a favore di un editing che spezza il ritmo delle sequenze, certo dandogli ritmo ma senza un reale concetto cinematografico alle spalle. In sintesi, tutto molto godibile ma senza guizzi. Pure scenograficamente, questo Mortal Kombat non sembra interessato a offrire uno spettacolo appassionate, e questo nonostante si giri in effetti buona parte del globo.

Ammettiamo però che arrivati all'ultimo atto del film, Simon McQuoid sembra dare ai fan del franchise quello che aveva promesso: scontri all'ultimo sangue, fatality ultra-violente, sadiche brutality e dei teatri di lotta finalmente riconducibili mentalmente al franchise videoludico principale. In pratica tra un ottimo inizio e un convincente e stimolante finale, in mezzo c'è un mare di chiacchiere e di interpretazioni spesso sotto la media che non aiutano a ingranare al meglio questa ripresa della saga sul grande schermo. I piani per proseguire degnamente la storia al cinema ci sono tutti, e le promesse arrivano già dalla conclusione del film, solo bisognerà capire se produzione e team creativo riusciranno a portare a termine il progetto. Onestamente ce lo auguriamo, anche perché, per come pensato, non è davvero possibile esprimere un giudizio completo ed esaustivo su di una trasposizione monca, un assaggio superficiale di qualcosa di più imponente.

Mortal Kombat Le ideali promesse di qualche mese fa regalateci dal bel prologo di Mortal Kombat di Simon McQuoid non riescono purtroppo a essere mantenute per tutto il film, nuova trasposizione cinematografica dell'omonimo videogioco NetherRealm Studios. Non funziona contenutisticamente, in chiave di sceneggiatura, non brilla nelle interpretazioni (eccetto Josh Lawson come Kano) e anche registicamente parlando, in termini d'azione e combattimenti, il film non sorprende come vorremmo, non appaga del tutto, solo superficialmente. C'è indecisione nel montaggio e nella visione di McQuoid, i dialoghi e le battute tra i personaggi sono forse troppo centrali rispetto agli scontri e allo spettacolo in generale, dopo un ottimo inizio, arriva così un appiattimento del ritmo e delle situazioni poco giustificabile. Fortunatamente si riprende nel finale, ma è comunque una soddisfazione incapace di lasciare contenti gli spettatori (probabilmente di più i fan di nuova data). Trattandosi per altro solo dell'inizio di un'eventuale e sperata trilogia, questa trasposizione è pensata e prodotta per essere monca e invogliare a chiederne di più.

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