Mortal, recensione del film supereroistico di André Øvredal

Dal regista di Troll Hunter e Scary Stories to Tell in the Dark arriva Mortal, film atipico e intimo che unisce supereroi e mitologia norrena.

Mortal, recensione del film supereroistico di André Øvredal
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André Øvredal è un regista fantasioso, sprezzante del pericolo e capace di ridare linfa a generi spesso assediati da banalità e deja-vu. Lo si è capito già anni fa, quando questo cineasta norvegese classe '73 ha diretto il sorprendente Troll Hunter, a cui sono seguiti poi altri piccoli capolavori di genere come Autopsy, Scary Stories to Tell in the Dark e Tunnelen.
Ora però con Mortal, presentato al Trieste Science + Fiction Festival 2020, Øvredal lancia il suo guanto di sfida ai supereroi, a quel mondo variegato e colorato a cui dà però una rilettura molto personale e legata al mito nordico, senza dimenticare la componente umana.

Tra superpoteri indesiderati e miti norreni

Nei cinecomic contemporanei ogni tentativo o quasi di andare oltre il modello della Marvel o DC si è rivelato molto difficile da far arrivare al pubblico, se si escludono piccole perle come Chronicle, Unbreakable o film d'autore come Joker.
La realtà dei b-movie da questo punto di vista ha aiutato davvero tanto, e Mortal di André Øvredal offre qualcosa di interessante e alternativo, sia a livello di contenuti che di forma, stile e soprattutto tono.
Il film, ambientato nella Norvegia che più Norvegia non si può, ha come protagonista il giovane e misterioso Eric (Nat Wolff), ragazzo americano che senza sapere bene perché o come si ritrova in possesso di poteri simili a quelli di una Tempesta, Thor o Dottor Destino per intenderci.
Eric però non ha assolutamente il controllo di questi poteri, non ha alcuna idea di come usarli o di come fermarli e, fatto ancora più preoccupante, sembrano autoinnescarsi quando si sente minacciato, spaventato, arrabbiato o in preda al panico.
Ad aiutarlo c'è solo la giovane Christine (Iben Akerlie) che più che al fenomeno X-Men nordico guarda al suo lato umano, al ragazzo in preda al panico che cerca di scappare da tutto e da tutti, anche da se stesso, mentre ha alle calcagna l'agente della CIA Hathaway (Priyanka Bose).

Un film che si offre a più chiavi di lettura

Mortal ha sicuramente il grande pregio di schivare fin dall'inizio la dimensione patetica o retorica cara alla cinematografia blockbuster americana, così come di allontanarsi dal far diventare perfetto o eroico il protagonista, che Wolff rende invece preda di un terrore che si annida nella mancanza di conoscenza.
Øvredal opta per uno sguardo intimo, volutamente limitato a poche ore, lascia che i personaggi vadano avanti senza curarsi del loro passato, motivazioni o altro, conta solo l'azione, ciò che non si sa e non si conosce su Eric e su cosa accadrà.
Un film sull'incertezza? Forse, ma anche un prodotto che approfondisce il rapporto tra umanità e divinità, ciò che è oltre il concepibile, collegandosi così anche all'Hulk di Ang Lee.
Lì vi era il tema della paternità, qui sostituito invece da una riflessione sulla necessità umana di avere sempre una spiegazione razionale, di quanto ci si sia allontanati dai miti, dall'antica cultura del mistero in nome della tecnologia, del concepire la divinità come qualcosa di astratto e assente.

Mortal è una ventata di novità per il genere

Gli effetti CGI sono accettabili, in diversi momenti sono funzionali a un film che è anche un road movie, una ricerca d'identità che si fonde con la metafora dell'iniziazione, del passaggio dall'età giovanile a quella adulta, della crescita attraverso prove, dolori, solitudine.
Forse non molto presente il tema della diversità, quanto piuttosto quello della società che crea da sola i propri mostri, agogna di averli per giustificare la propria crudeltà e la propria aggressività.

Mortal sposa una dimensione tra mito e horror, ma non rinuncia allo spavento come in Scary Stories To Tell in the Dark, molto originale per ciò che riguarda il percorso del protagonista. In un certo senso è anche più credibile nel mostrarci i limiti nell'avere a che fare con un potere sovrumano.
Se vi è un difetto in questo film è forse il rimanere troppo schiavo del proprio stile minimal, ma il tutto è comunque sempre coerente con ciò che Øvredal mostra fin dall'inizio, con questa piccola storia intima di superpoteri.

Mortal Mortal di André Øvredal, presentato al Trieste Science + Fiction Festival, è un film sui supereroi originale e molto diverso dai prodotti d'oltreoceano. Coniugando mitologia nordica e riflessioni importanti sul rapporto tra uomo, paura e divinità, il regista norvegese fa del personaggio interpretato da Nat Wolff un moderno Prometeo, sposando una visione molto dinamica e accattivante. Una bella novità da un regista che già in passato aveva stupito, pronta a lasciare il segno nell'elenco dei film sui supereroi.

8

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