Recensione Miss Violence

Alexandros Avranas firma uno dei film più forti e discussi di Venezia 70

Recensione Miss Violence
Articolo a cura di

“Da qualche parte nei pressi del centro cittadino. Palazzi residenziali colorati creano un mondo grigio. La tranquillità di un’insopportabile routine quotidiana è spezzata dal suicidio di una ragazzina. Come un simbolo dei tanti bambini costretti a sottostare alle regole di una società dura e disperata, la ragazza riesce a mettere a nudo e a rivelare ogni possibile sorta di sfruttamento e manipolazione effettuati in un sistema che alcuni chiamano ancora famiglia. Il padre comanda e stabilisce in che modo la famiglia debba funzionare con metodi che non sono molto diversi da quelli usati per manipolare la società. Mi chiedo sempre chi abbia il potere: chi colpisce o chi prova il dolore? La violenza più efferata è quella del silenzio. Del non detto”.
Parole del greco Alexandros Avranas, regista di questa quasi ora e quaranta di visione che apre con le immagini di una famiglia impegnata a festeggiare allegramente il compleanno della undicenne Angeliki alias Chloe Bolota, la quale, in maniera del tutto inaspettata, si avvicina al balcone per poi buttarsi giù e morire con un sorriso stampato sul volto.
Un tragico evento che conduce inevitabilmente la polizia e i servizi sociali a tentare di scoprire il motivo dell’apparente suicidio, mentre i familiari della vittima continuano a ripetere che si è trattato soltanto di un incidente.

Affari di famiglia

Quindi, con il nucleo di genitori e sorelle intenti continuamente a cercare di dimenticare la sua morte e di tornare alla vita normale, è il segreto portato nella tomba dalla ragazzina a rappresentare l’argomento cardine dell’evoluzione della vicenda, costruita in maniera principale sui dialoghi e sulle inquadrature fisse, tanto da fare quasi del tutto a meno dei movimenti di macchina.
Una scelta stilistica che può spingere inizialmente a far storcere il naso allo spettatore ordinario, il quale rischia non poco di avvertire il classico look da polpettone autoriale da rassegna festivaliera; ma che, a lungo andare, non si rivela altro che efficace strumento finalizzato a mantenere una indispensabile freddezza che non consenta in alcun modo di emergere al calore tipico delle immagini cinematografiche atte a ritrarre una famiglia unita.
Perché, con L’italiano di Toto Cutugno inclusa nella colonna sonora, il lungometraggio di Avranas non solo sembra attaccare l’apparentemente linda facciata dell’universo borghese, ma ne smonta in maniera feroce proprio la famiglia, ovvero una delle sue intoccabili istituzioni che, comunemente, dovrebbe fare da sinonimo ad amore e sicurezza.
E lo fa attraverso un’opera che, mirata ad evolversi con estrema lentezza, lascia emergere i suoi momenti migliori nel corso dell’ultima parte, quando viene progressivamente alla luce la verità su quanto accaduto.
Fino alla liberatoria conclusione di un autentico pugno di celluloide nello stomaco che, stracolmo di violenza giustamente non troppo mostrata, deve buona parte della sua riuscita, senza dubbio, anche alle lodevoli prove sfoggiate dagli attori.

Miss Violence Costruito con freddezza su lentissimi ritmi di narrazione e quasi esclusivamente tramite inquadrature fisse, un pugno nello stomaco atto a smontare in maniera feroce l’intoccabile istituzione della famiglia, soprattutto se facente parte dell’apparentemente lindo universo borghese. Non eccelso, ma sicuramente uno dei migliori lungometraggi presentati presso la settantesima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove si è aggiudicato il Leone d’argento e ha permesso al protagonista Themis Panou di conquistarsi la Coppa Volpi.

6.5

Che voto dai a: Miss Violence

Media Voto Utenti
Voti: 6
6.2
nd