Senza perdere tempo, si comincia all'insegna dell'azione e dell'adrenalina presentando, al contempo, i due personaggi che sono in scena: i soldati Mike Stevens e Tommy Madison (rispettivamente con le fattezze dell'Armie Hammer di Operazione U.N.C.L.E. e di Tom Cullen), di ritorno al campo base dopo una missione. Il primo si ritrova a poggiare inavvertitamente il piede su una mina antiuomo. Una situazione che i due registi Fabio Guaglione e Fabio Resinaro - sceneggiatori e produttori del thriller True love di Enrico Clerico Nasino - sfruttano per estenderla alla oltre ora e quaranta su cui si dipana Mine, loro lungometraggio d'esordio. Lungometraggio in cui il protagonista, in attesa di soccorsi, per due giorni e due notti si vede costretto a non poter effettuare alcun movimento al fine di evitare di saltare in aria, in maniera piuttosto simile a ciò che accadeva nella co-produzione tra Francia e Italia Passo falso di Yannick Saillet.
Armie e bombe
Come in quel caso, infatti, l'uomo al centro della vicenda è immerso in un arido scenario la cui desolazione viene qui accentuata tramite il ricorso a 'totali' atti a mostrare l'abbandono e la sua solitudine; man mano che spara in aria nel tentativo di attirare l'attenzione di qualcuno disposto ad aiutarlo e che l'acqua comincia a scarseggiare. E, sempre come nella sopracitata pellicola , mentre la maniera di affrontare l'introspezione del personaggio richiama alla memoria quanto effettuato da Danny Boyle nel suo 127 ore, a complicare ulteriormente la situazione non mancano né una tempesta di sabbia, né attacchi da parte di feroci cani selvatici. Ma, con un berbero interpretato da Clint"Sahara"Dyer pronto a fare la sua entrata in scena, rispetto al guardabile esperimento sailletiano il debutto di Fabio e Fabio (come si firmano nei titoli di testa) appare decisamente molto meno modesto; soprattutto a causa di una confezione generale che, complici i numerosi ritocchi in digitale, manifesta connotati poco distanti da quelli di un tipico blockbuster made in USA.
E sono i toni tragici della colonna sonora a firma di Luca Balboni ad accompagnare efficacemente lo spettatore all'interno di un coinvolgente agglomerato ricco di tensione e sensazione di sofferenza continuamente trasmesse, che si rivela, a modo suo, un allegorico percorso di crescita atto a condurre ad un inaspettato epilogo... capace anche di suggerire, in un certo senso, che la guerra è bella solo quando rimane un gioco.
Uno dei produttori di Mine è il Peter Safran che fu, tra l’altro, uno dei finanziatori di Buried - Sepolto di Rodrigo Cortés, interamente incentrato su Ryan Reynolds rinchiuso in una cassa sotto terra. Una situazione analoga a quella qui proposta, con l’unica differenza che l’impedimento del protagonista non è rappresentato da una claustrofobica situazione, bensì dall’impossibilità di togliere il piede dalla mina antiuomo su cui è inavvertitamente finito. E i due registi ce la mettono tutta, concretizzando un’operazione tecnicamente lodevole e tesissima dal primo all’ultimo fotogramma, uscendo decisamente vittoriosa dal confronto con il simile Passo falso e non priva neppure di interessanti sottotesti/metafore.