Recensione Milionari

Un 'romanzo criminale' napoletano per il regista Alessandro Piva, che parte dal quasi omonimo libro I Milionari per raccontare la trasformazione delle organizzazioni camorriste a Napoli nel corso degli anni.

Recensione Milionari
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"Il libro I milionari, da cui il film è liberamente tratto, nasce dalla collaborazione con il PM Luigi Cannavale, che alla fine degli anni Novanta condusse le inchieste che portarono a smantellare il clan egemone di Secondigliano, in quel momento in piena guerra fratricida. Milionari racconta la trasformazione delle organizzazioni camorriste a Napoli, il salto di qualità che le porta a diventare tra le più potenti del mondo, sfruttando i finanziamenti "pubblici" sottratti alla ricostruzione del terremoto. All'interno di questo contesto il protagonista ed il suo disperato tentativo di essere "un normale borghese", il suo conflitto tra quello che era, e quello che avrebbe desiderato essere".
Una lunga dichiarazione appartenente a Giacomo Gensini, il quale, autore insieme a Luigi Cannavale, appunto, del testo letterario da cui il salernitano classe 1966 Alessandro Piva - regista de La CapaGira (2000), Mio cognato (2003) ed Henry (2010) - ha derivato il suo quarto lungometraggio di finzione, si occupa anche della sceneggiatura del film, affiancato da Giuseppe Gagliardi e Stefano Sardo.
La storia di una banda di ragazzini cresciuti nel quartiere di Secondigliano e che, iniziata la carriera delinquenziale tra piccoli furti e illegalità, arrivano a controllare gran parte delle attività economiche della regione.

Storie di vita e malavita

La storia di Marcello Cavani detto Alendelòn, il quale, superbamente incarnato dal siciliano Francesco Scianna di Vallanzasca - Gli angeli del male , si fa travolgere dalla brama di un potere fine a se stesso, segnando l'ascesa e la caduta del proprio clan criminale napoletano.
Quindi, con la Valentina Lodovini di Buoni a nulla nei panni della moglie, il racconto di un boss e della sua famiglia, divisa tra l'aspirazione ad una vita borghese e le profonde pulsioni della sopraffazione, del quale il già citato piva osserva: "Un'intensa vicenda individuale, innestata in un inquietante spaccato di storia del nostro paese. Mi piaceva l'idea di affidare il respiro della narrazione a un grande protagonista da tenere per mano. Crescere insieme a lui, invecchiare, vincere e perdere con lui. Cambiare. Essendo io nato in Campania da una famiglia che aveva fretta di affrancarsi dalle proprie origini, Milionari è, in fondo, un modo per fare i conti con radici che talvolta a fatica riesco ad accettare".
E, ovviamente, non sono spargimenti di sangue e cadaveri pronti a fare la loro entrata in scena ad essere assenti nel corso della oltre ora e quaranta di visione, in un certo senso poco distante da determinate pellicole nostrane riguardanti le attività camorristiche e risalenti agli anni Settanta.
Anche se, in realtà, è in maniera evidente la serie televisiva Romanzo criminale diretta da Stefano Sollima ad essere richiamata alla memoria per quanto riguarda l'impostazione generale, man mano che, dagli anni Ottanta, assistiamo a trent'anni di escalation malavitosa.
Però, a differenza di Sollima, in possesso di un certo tocco personale e capace di conferire vivace dinamismo a ciò che porta sullo schermo, Piva tende a rimanere maggiormente dalle parti di una regia d'impronta classica.
Con la risultante di un'operazione che, impreziosita dalla bella fotografia di Renaud Personnaz, sfoggia sì una buona confezione generale, ma senza presentare nulla di particolarmente originale.
Tra l'altro, nella parte finale è impossibile non avvertire la poca cura del trucco volto ad invecchiare i protagonisti, ormai giunti nel XXI secolo.

Milionari Trent’anni di storia criminale napoletana che sembrano quasi racchiudere l’impostazione della serie televisiva Romanzo criminale e gli argomenti e le ambientazioni della successiva Gomorra, entrambe dirette da Stefano Sollima. Con un buon cast, l’insieme, nel complesso, funziona, sebbene non aggiunga nulla di nuovo a quanto raccontato dal cinema italiano per quanto riguarda delinquenza e boss malavitosi. Poi, la regia di Piva appare molto più classica rispetto a quella dell’autore di ACAB; All Cops Are Bastards.

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