Mid90s, la recensione dell'opera prima di Jonah Hill

L'attore americano esordisce dietro la macchina da presa con un vivace, toccante ritratto di gioventù d'altri tempi.

Mid90s, la recensione dell'opera prima di Jonah Hill
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Los Angeles, anni '90. Il tredicenne Stevie (Sunny Suljic) vive con la madre (Katherine Waterston) e il fratello maggiore (Lucas Hedges) sognando un cambiamento. Attratto dalla cultura dello skateboarding, fa la conoscenza di alcuni ragazzi più grandi ed entra a far parte del loro gruppo abbastanza rapidamente. Iniziano così giorni all'insegna dell'aria fresca, di un ritrovato senso di libertà, ma anche di progressiva ribellione nei confronti della genitrice che non sempre dà l'esito auspicato. Questa nuova passione di Stevie fino a dove lo spingerà? E si renderà conto dell'influenza talvolta nefasta dei nuovi amici prima che sia troppo tardi?

Un esordio "piccolo"

Introducendo la proiezione ufficiale di Mid90s a Berlino, dove il film è stato presentato in anteprima europea nella sezione Panorama, il neo-regista Jonah Hill ha dichiarato che la kermesse teutonica è stata la prima manifestazione cinematografica a cui abbia partecipato come semplice spettatore, nel 2001. Un aneddoto che dimostra che, malgrado la sua fama iniziale come volto giovane della scuderia di Judd Apatow (vedi alla voce Superbad), l'attore divenuto sceneggiatore (21 Jump Street e il suo sequel) e ora cineasta ha sempre avuto a cuore la Settima Arte nel senso più ampio possibile. Ciò risulta ancora più evidente vedendo il suo debutto registico, un lungometraggio volutamente "piccolo" e intimo, omaggio a quel cinema indipendente americano che andava per la maggiore proprio a metà degli anni '90, quando lo stesso Hill era appena adolescente (classe 1983, era coetaneo del protagonista nel 1996).
Certo, lui ha alle spalle una macchina produttiva non indifferente, per l'esattezza la gettonatissima A24 (il cui logo, per l'occasione, è formato da diversi skateboard che poi vengono sparsi in giro per lo schermo) e un professionista del calibro di Scott Rudin, collaboratore frequente di Wes Anderson e David Fincher. Ma rimane quella dimensione ridotta, con pochi mezzi, realizzata in 16mm e con un cast di perfetti sconosciuti ad eccezione di Katherine Waterston (Animali fantastici e dove trovarli) e Lucas Hedges (Manchester by the Sea), con l'aggiunta di un cameo simbolico e in parte ironico di Harmony Korine, regista e sceneggiatore che mosse i primi passi proprio nel periodo raccontato da Hill e sempre con attori giovani, ma in un contesto ben più provocatorio e scabroso (vedi Kids).

Un'altra epoca

Hill racconta la propria città in ottica teen, evocando un'epoca più spensierata senza telefoni cellulari, tablet e altri aggeggi. È anche un'epoca più libera in termini di linguaggio, con i giovani protagonisti che si esprimono tranquillamente tra di loro usando termini che vent'anni dopo sarebbero meno accettabili. Ma il regista non è in modalità nostalgica, e allo stesso tempo non giudica: Mid90s è soprattutto un breve (85 minuti) squarcio di vita, che aderisce al reale con fanciullesca innocenza, restituendo l'allegria mista all'assenza di freni che può caratterizzare quella fascia d'età.

È un viaggio di formazione lungo le strade di Los Angeles, sotto un sole magnificamente sgranato, all'insegna di un racconto semplice sul piano narrativo ma sorprendentemente stratificato e cinefilo su quello formale, gestito da un regista esordiente ma già piuttosto maturo, che rinuncia a trovate troppo ammiccanti (non c'è un suo cameo, tra le altre cose) in modo da arrivare dritto al punto.
Gli interessano gli anni del turbamento e della ricerca di libertà, i giorni passati a pensare di essere il padrone del piccolo mondo che aveva sotto i piedi, le ore perse (si fa per dire) in compagnia di improbabili ma preziosi amici. E lo racconta con una sincerità che prende il sopravvento su qualunque desiderio di esibire le sue pur considerevoli doti registiche, il che rende ancora più gradevole sfrecciare in mezzo alle automobili insieme a Stevie e compagnia bella.

Mid90s Jonah Hill esordisce dietro la macchina da presa con un film molto personale, intimo, delicato: un romanzo di formazione losangelino a base di skateboard e amicizie bislacche, girato in 16mm sotto il sole perenne della nota città californiana. Un omaggio sincero e coinvolgente al cinema indipendente americano degli anni '90, senza nostalgia ma con tanta voglia di raccontare uno squarcio di vita. Ammirevole la prestazione del giovane protagonista Sunny Suljic.

8

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