Recensione Medeas

L'opera prima di Andrea Pallaoro è un ritratto familiare piatto e sconclusionato

Recensione Medeas
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Per la sezione Orizzonti è stato presentato alla 70esima Mostra del Cinema di Venezia Medeas, un drammatico affresco su una famiglia della campagna americana tra gli anni '80 e '90. L'esordio a stelle e strisce dell'italiano Andrea Pallaoro ha potuto contare su un cast importante, sovrastato da due attori dalla grande espressività come Bryan O'Byrne (Million Dollar Baby, The International) e Catalina Sandino Moreno (L'amore ai tempi del colera, Che - Guerrilla).
La coppia interpreta rispettivamente il padre e la madre di una famiglia disagiata, composta da quattro ragazzi con evidenti problemi relazionali e ripetuti conflitti con le figure genitoriali.
La pellicola spalma nell'arco di 97 minuti un susseguirsi di immagini statiche, pochissime parole ed infiniti spazi. Una scelta giustificata dal mutismo della madre e dal desiderio di lasciar parlare le immagini, i campi brulli e polverosi, la noia della vita agreste.

Dust Bowl

Peccato solo che le scene siano sconclusionate tra loro ed il regista non riesce a trasmettere adeguatamente la poesia del dramma familiare che si sta consumando, appesantendo inutilmente l'ideale racconto con scene superflue.
Il padre è sommerso da debiti e la siccità che colpisce quel pezzo indefinito di Stati Uniti in cui è ambientata la pellicola mina seriamente i suoi guadagni come allevatore di bestiame. Ne consegue un atteggiamento violento e notevoli disturbi psicofisici.
La madre dal canto suo è sì giovane e bella, ma comunica solamente a gesti, in quanto sordomuta, ed inoltre è affetta da AIDS. Un ritratto di una donna debole ed inerme rispetto al marito, eppure amorevole nei confronti dei figli e passionevole rispetto ad un amante molto più giovane ed aitante del marito.

I figli rispecchiano altrettanti casi umani, con il maggiore che comunica solamente attraverso disegni a pennarello sull'avambraccio, la figlia che arde di passione ascoltando Patty Pravo e sognando il fidanzatino che la sbaciucchia, i due figlioletti, quasi sempre insieme, sono i più ciarlieri e infine vi è il neonato inerme, quasi sempre in compagnia della madre, altrimenti insidiato dalle bighellonate dei fratelli.
Medeas, dunque, compone il proprio filo narrativo attraverso immagini e situazioni totalmente slegate tra loro. Gli attori parlano poco o per niente: a comunicare con lo spettatore è il flusso di coscienza del regista che si traduce in un montaggio scomposto e tenuto insieme in maniera raffazzonata da alcuni elementi altamente simbolici ripetuti: i riflessi allo specchio, il roteare delle pale del ventilatore, i programmi di varietà alla televisione.
C'è poca consistenza e un ventaglio di situazioni stantie affinché lo spettatore possa provare realmente empatia per questa famiglia, pregare per loro, sperare in un lieto fine. Che sappiamo già alla prima scena dopo il titolo assolutamente impossibile...

Medeas Nel mito greco Medea è colei che, abbandonata dal marito Giasone, avvelena l'amante di lui e pure i loro figli assicurandosi che l'Argonauta non abbia discendenza. In Medeas di Andrea Pallaoro si consuma un simile dramma familiare, stavolta ambientato nella campagna americana di fin anni '80. Un ritratto filmico purtroppo pesante da sostenere, infinito nella sua narrazione per immagini e debole nell'epilogo. Un film totalmente di nicchia, adatto a ben pochi spettatori e al solo circuito festivaliero.

5

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