Master Recensione: un debutto horror con poco mordente su Prime Video

Mariama Diallo debutta alla regia con Master, horror dalle tinte politiche che non aggiunge nulla di nuovo al panorama a cui appartiene.

Master Recensione: un debutto horror con poco mordente su Prime Video
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Mariama Diallo arriva col suo horror dalle tinte politiche nel catalogo dei film Amazon di marzo 2022. Presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2022 Master segna il debutto alla regia dell'autrice, che scrive e dirige seguendo un filone diventato sempre più pregnante nel panorama contemporaneo e che nel corso del tempo ha trasformato in mainstream anche la lotta per i diritti e l'uguaglianza tra uomini e donne all'interno del tessuto cinematografico. Pellicole fortemente schierate che, favorendo primariamente il genere orrorifico, tentano di intrattenere lo spettatore mentre lo imboccano di nozioni per far scuotere la sua coscienza. Chi che ha saputo fare meglio di tutti è il paladino Jordan Peele, che prendendo dal cinema politico di Spike Lee lo ha spruzzato di una vena ironica e horror così da poter giungere ancora più insinuante sotto l'epidermide del pubblico - non potete perdere il trailer ufficiale di Nope, il suo prossimo film.

Dal cinema politico di Jordan Peele ai suoi derivati

Negli anni successivi a Scappa - Get Out (qui la recensione di Get Out) non tutti hanno saputo ricalcare le orme di Peele, incanalando comunque una visione che gli spettatori avevano accolto con entusiasmo, tanto per le riflessioni che permetteva quanto per la loro esposizione filmica.

Analisi che non si limitavano solamente a un'acuta scelta di scrittura o alla visionarietà di un regista, le cui trovate stilistiche si ripercuotevano anche nella messinscena, ma veri e propri prodotti che nella loro immediatezza si sono rivelati in grado di stagliarsi all'interno di un immaginario per stabilire e dettare nuovi imprescindibili canoni. Risultato confermato anche da un'opera più controversa - per gusto, non tanto per contenuto - come il successivo Noi (vi lasciamo anche la recensione di Noi), confermando che quando ci si trova di fronte a un buon autore è direttamente il film a parlare al pubblico, assicurandogli un viaggio nel profondo delle proprie paure e convinzioni. Diventato perciò un faro, un pilastro da cui si può solo che prendere ispirazione per andare avanti, moltissimi cineasti hanno cercato di estrapolare il cuore della formula trovata da Peele per trapiantarla nelle proprie operazioni. Non tutti, però, sono riusciti negli intenti auspicati, come capitato ad un horror sempre di Prime Video quale Antebellum (per saperne di più ecco la recensione di Antebellum), e come dimostra di non saper fare anche il Master di Mariama Diallo, nonostante ci provi con tutte le proprie forze.

Ambientando la storia all'interno di un college in cui le due figure centrali si rifanno a quelle di due donne di colore appena arrivate, dalla giovane studentessa Jasmine (Zoe Renee) alla nuova "master" dell'istituto Gail Bishop (Regina Hall), la pellicola ne segue l'inserimento in ruoli istituzionali nei quali i personaggi non si sentono a loro agio, facendo presagire un male a venire. Sensazioni che il film incoraggia, non elemosinando fin da subito momenti prettamente spaventosi e sequenze dall'impatto inquietante. Ma nonostante l'abbraccio al genere che Master accoglie, è poi nella struttura della propria narrazione che va del tutto barcollando, avendo ben chiaro il proprio concetto di fondo ma non sapendo come mostrarlo e renderlo efficace.

Il confine tra metafora e prevedibilità

È ovviamente il razzismo l'argomento che Master esplicita ma che, a differenza di quanto si dovrebbe fare quando si maneggia un preciso tema, non viene rielaborato per essere poi incastonato e plasmato come allegoria o metafora. La materia viene spiattellata rendendo tutte le osservazioni che cerca di far derivare alquanto anonime e ordinarie, non sapendo realmente come incanalare genere horror e contenuto sociale. Una mancanza di accortezza nel tagliuzzare e rimodellare il soggetto principale dell'opera da non poterlo così far entrare nel disegno di un film che ha sicuramente qualcosa da dire, fatto però già da tanti altri e in maniera più ingegnosa e penetrante.

Un rimando tra passato e presente, echi di generazioni ormai scomparse, ma che danno l'impressione che nulla sia veramente cambiato nel corso degli anni e che aleggiano in Master rimanendo solamente come fantasmi lontani. La ripetizione di uno scherma culturale che vede nella differenza della pelle uno stigma ancora insuperabile, nascosto da un'ipocrisia che la pellicola denuncia, ma che avrebbe avuto bisogno di un'incisività maggiore, di una ricercatezza nella scrittura. Un'opera che palesa il proprio messaggio dimenticando, però, che per farlo servirebbe anche un buon racconto. Quello che non parte mai realmente in Master e che, come le sue protagoniste, è destinato a dileguarsi e sparire.

Master Cercando la presa politica del cinema di Jordan Peele, ma non aggiungendo una vera storia al suo apparto sociale e culturale, Master è un horror non riuscito, che sicuramente affascina per alcune delle suggestioni assai inquietanti che è in grado di impostare ma che non possono funzionare fino in fondo, mancando un racconto forte alla base. Un debutto debole per la regista e sceneggiatrice Mariama Diallo.

5

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