Mary e il Fiore della Strega: La Recensione del primo film di Studio Ponoc

Abbiamo visto in anteprima il primo film dello Studio Ponoc firmato da Hiromasa Yonebayashi, già autore di successi come Arrietty e Quando c'era Marnie.

Mary e il Fiore della Strega: La Recensione del primo film di Studio Ponoc
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Uscito originariamente in Giappone nell'estate del 2017, Mary e il Fiore della Strega si prepara a debuttare nelle sale cinematografiche italiane nel mese di giugno per la distribuzione di Lucky Red. Per chi non lo sapesse, si tratta del primo film di animazione a cura di Studio Ponoc, una nuova branca dello Studio Ghibli nel quale sono confluiti diversi registi e animatori che hanno lavorato con Hayao Miyazaki, Isao Takahata e soci. Alla regia di Mary e il Fiore della Strega c'è Hiromasa Yonebayashi, giovane regista che ha già diretto due memorabili pellicole sotto l'etichetta della Ghibli - ovvero Arrietty: Il mondo segreto sotto il pavimento, scritto peraltro da Hayao Miyazaki, e Quando c'era Marnie - e che ha partecipato come animatore ad alcuni dei più grandi successi della major nipponica: il suo nome figura quindi nello staff di pellicole come La Principessa Mononoke, La Città Incantata, Il Castello Errante di Howl e I Racconti di Terramare.
Insomma, nonostante la giovane età Yonebayashi è tutt'altro che un esordiente, ma il debutto di Mary e il Fiore della Strega ha rappresentato un ulteriore step per il director e per il neonato studio di animazione. Grazie a una proiezione in anteprima esclusiva al Napoli Comicon 2018, abbiamo visionato il primo film di Studio Ponoc diretto da Hiromasa Yonebayashi.

Un mondo nascosto

Intitolato, in lingua originale, Mary to Majo no Hana, Mary e il Fiore della Strega si ispira a un romanzo intitolato La piccola scopa (The Little Broomstick), scritto dalla britannica Mary Stewart. Una notte, in un antico regno magico, una giovane streghetta dai capelli rossi ruba i semi di un misterioso fiore blu e viene inseguita dai maghi che stavano conducendo degli esperimenti sulla pianta; scappando in volo sulla sua scopa, in seguito a un inseguimento al cardiopalma la giovane si schianta al suolo, mentre il mezzo di trasporto magico e il fiore blu finiscono sepolti nei meandri di una foresta. Il racconto ci catapulta poi in un tempo successivo ma non meglio definito e facciamo la conoscenza di Mary, la protagonista della nostra storia. Mary è una ragazzina di dieci anni dai folti capelli rossi, trasferitasi in casa della sua prozia per le vacanze estive: intraprendente e piena di energie, si prodiga continuamente per dare una mano agli altri, sbrigare le faccende in casa o assistere chi ha bisogno d'aiuto all'interno del piccolo paesino in cui si trova, un modo come un altro per ammazzare il tempo e non soccombere alla noia, giacché nella cittadina in cui passerà l'estate sembrano non esserci coetanei con i quali fare amicizia. C'è un solo problema, però, e cioè che Mary è anche una bambina incredibilmente maldestra, capace di combinare guai anche soltanto muovendosi, e vive questa sua condizione con sofferenza, convinta che la causa di tutto sia la chioma crespa e ramata che si ritrova in testa.

Un giorno, però, Mary insegue un gatto nero nella foresta adiacente la magione della sua prozia ed entra in contatto con il misterioso fiore blu e con la piccola scopa magica: d'improvviso, le sue mani iniziano a brillare, la scopa prende vita e la protagonista si ritrova in possesso di poteri magici temporanei. La scopa la porterà a Endor, un regno segreto e incredibile popolato da maghi e streghe che si trova al di sopra delle nuvole: qui si trova l'Università dei Maghi, un luogo in cui i giovani propensi all'utilizzo delle arti magiche hanno l'opportunità di impararne i rudimenti e specializzarsi al fine di diventare professionisti. Mary farà la conoscenza della Rettrice e del professore di Chimica dell'istituto, che rimangono fortemente colpiti dall'abilità della piccola nell'utilizzo della magia, oltre che dai suoi appariscenti capelli rossi. Decideranno di introdurre la protagonista al mondo della scuola e della magia mostrandole le ricerche che portano avanti, ma una serie di verità sconvolgenti costringeranno Mary a lottare per sé stessa e per i suoi cari.

L'esordio di Studio Ponoc

Mary e il Fiore della Strega è un film d'esordio per Studio Ponoc, e in quanto tale lo staff di produzione ha scelto di debuttare sul grande schermo raccontando una storia quanto più lineare possibile: nel corso delle quasi due ore di durata della pellicola, la trama scorre piacevolmente senza districarsi in eccessive ramificazioni, essendo perlopiù esiguo il cast di personaggi a disposizione.

La scrittura del film, che trae ispirazione dal romanzo di Mary Stewart, è pragmatica e concisa, chiara e scorrevole, ma anche eccessivamente frettolosa soprattutto nell'intreccio centrale. Se, infatti, l'incipit e l'epilogo della storia si prendono i propri tempi e regalano momenti essenzialmente godibili in termini di azione e di racconto, la parte centrale di Mary e il Fiore della Strega non permette di addentrarsi appieno nel worldbuilding imbastito da Studio Ponoc, né di fraternizzare più di tanto con i pochi personaggi principali o di sentirci realmente vicini alle loro rispettive motivazioni - eccezion fatta per la protagonista, ben caratterizzata sia in termini di design che di introspezione.

Mary, con le sue turbe psichiche, la sua semplicità e il suo coraggio, è il vero e unico snodo di tutto il racconto, seppur anche i cambiamenti che si percuotono in lei nel corso della pellicola avvengono a velocità lampo, riflettendosi anche nei rapporti che intesse con i comprimari della sua magica avventura. Da artisti che hanno popolato lo Studio Ghibli, dandone vita ai rispettivi e indimenticabili capolavori, inoltre, ci si aspetta una forte componente concettuale, nonché un immaginario dall'enorme respiro e dalle mille prospettive, con personaggi ed elementi fuori dagli schemi: in tal senso, Mary and the Witch's Flower è un'esplosione vivida di colori, una pletora di immagini, luci e forme che si alternano su schermo in un'alchimia ben congeniata, coadiuvata dal sapiente utilizzo del disegno a mano misto alle moderne tecniche di colorazione e animazione digitale. Inoltre, al di là della semplice componente visiva di grande impatto e godibilità, arrivati alla fine il film lascia indubbiamente qualcosa e gioca su temi teneri e delicati come la libertà, il valore della diversità, il rispetto per la natura, il coraggio e l'amicizia. Si intravede, nella trattazione di certi concetti, qualcosa di film come La Città Incantata o La Principessa Mononoke - entrambe produzioni, peraltro, in cui Yonebayashi ha lavorato come animatore al fianco di Miyazaki e soci: su tutti, il riscatto degli oppressi, rappresentati in larga parte dal mondo animale, ma anche e soprattutto la riqualificazione personale e il viaggio di formazione.

Tuttavia, è nella rappresentazione dell'immaginario di riferimento che Mary e il Fiore della Strega non è riuscito a fare totalmente breccia nei nostri cuori: mancano il tempo e gli elementi necessari a farci entrare pienamente nel mondo magico in cui la protagonista vorrebbe portarci per mano, manca il coinvolgimento e l'atmosfera che, in passato, ci hanno portato a vivere La Città Incantata o le rigogliose foreste della Principessa Mononoke. Manca anche una certa ispirazione nel character design (solo la protagonista risulta essere in un certo qual modo iconica, mentre il resto del cast risulta essere un more of the same che perlopiù ricicla alcuni concept) e, in generale, nella rappresentazione. I più grandi capolavori dello Studio Ghibli sono tali non soltanto per la storia che lasciano o per i protagonisti che raffigurano: perle indimenticabili come quelle già citate, e molte altre, risultano anche esponenti di una certa autorialità, di un esercizio di stile costante in cui molto spesso la forma prende il sopravvento sulla sostanza e la rappresentazione di un fenomeno prevarica finanche sulla narrazione - ma, al tempo stesso, senza mai perdere la bussola del racconto, arrivando a confezionare esperienze che sono rimaste scolpite nell'immaginario collettivo e nella storia del cinema, non soltanto di animazione.

Mary e il Fiore della Strega è un'esperienza godibile, lineare e scorrevole, ma priva di quella verve artistica, tematica e tecnica che ha caratterizzato nel corso degli anni la mano di Miyazaki, Takahata o dello stesso Yonebayashi: l'esordio di Studio Ponoc è in ogni caso promosso, ma anche quanto più pragmatico possibile soprattutto in termini di direzione artistica: ci si aspettava più coraggio, francamente, da chi ha collaborato a una decina di capisaldi della Ghibli e ha firmato dei gioielli memorabili come Arrietty.

Mary e il Fiore della Strega Mary e il Fiore della Strega segna un buon esordio per Studio Ponoc, che confeziona una pellicola quanto più lineare e pragmatica possibile, senza osare eccessivamente o perdersi in esercizi di stile. È proprio quest'ultimo elemento che ci lascia con un pizzico di amarezza, soprattutto considerato che la figura alla regia del film è Hiromasa Yonebayashi - eclettico artista che ha affiancato Miyazaki in alcuni dei suoi principali capolavori e che ha già firmato dei successi assoluti come Arrietty e Quando c'era Marnie. Un'immersione fin troppo frettolosa nell'immaginario del racconto, così come una caratterizzazione non proprio esaustiva di tutti i personaggi, impediscono a un film visivamente splendido di spiccare il volo, privo com'è di quella verve che ci si aspettava da artisti tutt'altro che esordienti. C'è tanto in comune tra Mary and the Witch's Flower e perle indimenticabili come La Città Incantata o Princess Mononoke: siamo ancora ben lontani, tuttavia, dal perfetto connubio tra stile e narrazione, tra forma e sostanza, che hanno garantito a certe produzioni l'egida di capolavori.

7

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