Recensione Manolete

Manolete è in grado di affrontare il più feroce dei tori. Sarà però una donna a distruggerlo

Recensione Manolete
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"L'amore lo rese un uomo. L'arena lo rese un dio."

Manuel Laureano Rodríguez Sánchez. Manolete.
Nel caldo agosto del 1987, Manolete (Adrien Brody), il più famoso ed acclamato torero del mondo si trova ad affrontare la più difficile sfida della sua vita: riconquistare le glorie del pubblico e dimostrare di essere ancora, a distanza di anni, il migliore.
All'interno dell'arena, in un testa a testa con un feroce toro, il matador ripercorre i mesi precedenti durante i quali la passione per una donna, Lupe (Penelope Cruz), ha sconvolto la sua umanità, riducendolo ad una figura logorata nel proprio intimo, incapace di vivere al di fuori dell'arena, di fronte alla morte.
Lupe è una donna piena di vita, dal passato discutibile, specie nella spagna fascista, amante della gioia e pronta ad approfittare di ogni singolo istante per permearlo di gioia.
Manolete ama la morte per amare la vita, non è più capace oramai di sentire l'emotività più ingenua passargli attraverso, abituato ad essere acclamato non solo dalla sua nazione ma dal mondo intero.
Lupe riesce a tramutarlo in un uomo passionale, lontano dalla freddezza che fino a quel momento aveva caratterizzato il suo modo di essere e a farlo innamorare. Sarà proprio, così innamorata della vita, a devastare quella dell'uomo che più di ogni altro l'ha amata, accompagnandolo fin dentro la drammatica fine che ha segnato la sua storia.

Prendi il toro per le corna

Manolete tenta di raccontare, fin dalle prime battute, un dramma umano che coinvolge, nonostante la sua intimità, tutte le masse. Un tentativo globale, pregno della voglia di affrontare una poliedricità di elementi che però scarseggiano.
Il regista Menno Meyjes ha cercato di portare sullo schermo una storia nota a buona parte del popolo spagnolo, memore delle imprese del leggendario matador, drammatizzando gli eventi che lo hanno accompagnato verso la fine e ricercando una profondità sentimentale che forse avrebbe dovuto ricercare in altri lidi: indugiare su una storia d'amore che, detto francamente, non ha risvolti particolarmente interessanti se non l'ossessiva ed incessante gelosia del protagonista è risultato forse deleterio.
Sia chiaro, va da se che il rapporto tra i due sia fondamentale per comprendere appieno la dualità del rapporto, dello scontro tra eros e tanathos che si incontrano e di scontrano come forze indistruttibili ma l'esaltazione di quasi tutti gli aspetti della pellicola risulta a volte troppo esagerato.
La regia stessa è forse esagerata: la ricerca di un virtuosismo "moderato" non fa che confondere l'intreccio quando, piuttosto che soffermarsi su determinati eventi, la macchina da presa preferisce planare vorticosamente tra dolly ed inquadrature del tutto fuori luogo. Sebbene esteticamente accattivante, il punto di debolezza principale del film è proprio la regia che che cerca di introdurre uno stile postmoderno all'interno di un racconto che di tale non ha assolutamente nulla.
Il film è chiaramente godibile ma non raggiunge nè gli scopi autoriali che si era palesemente prefissato nè le prodezze tecniche di cui vorrebbe farsi vanto.
Punto di forza sono sicuramente gli attori protagonisti, sempre paghi di ottime interpretazioni e capati di dare alla pellicola quel tono serioso che intende per l'appunto avere. Oltretutto i loro volti sono così ben caratterizzati da permette a Manolete di mantenersi sempre su un buon livello (Brody inoltre somiglia davvero moltissimo al matador protagonista della storia).
Menno Meyjes ha scritto e diretto la pellicola, di certo vivendola come una grandissima occasione ma peccando forse in ingenuità tecniche e banalità strutturali, dirigendola come un racconto dalle fattezze dinamiche, aspettandosi magari di dare luce ad un nuovo Raging bull, completamente made in Spain.
Peccato davvero, il potenziale era l'unico elemento al top.

Manolete Manolete è un'occasione persa, un vero peccato visto il cast e le potenzialità del soggetto. Peccando in tecnica e sostanza si rivela una pellicola mediocre, nonostante la sua godibilità, senza la quale nessuno avrebbe forse vissuto peggio.

4.5

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