Madame Claude, la recensione del film Netflix

Sylvie Verheyde scrive e dirige un anonimo biopic sulla figura di Madame Claude, la più famosa maitresse di Parigi sul finire degli Anni Sessanta.

Madame Claude, la recensione del film Netflix
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Nella Parigi di fine Anni Sessanta, Madame Claude è ben conosciuta nell'alta società cittadina. Fernande Grudet, questo il suo vero nome, è infatti la maitresse del più famoso bordello cittadino, con decine di splendide e giovani ragazze alle sue dipendenze, pronte a soddisfare i bisogni sessuali di alte personalità politiche e importanti uomini d'affari.
Madame Claude è ossessionata dal denaro ed è pronta a tutto pur di ottenere guadagni sempre maggiori: non si fa scrupoli a mandare le sue escort in situazioni pericolose, convinta che i soldi sapranno sempre e comunque ripagare i traumi subiti.
La protagonista, che ha una figlia adolescente che vive con l'anziana madre e con la quale non ha rapporti da tempo, ha intrapreso una scalata sociale sempre più vertiginosa. Ma passare dalle stelle alle stalle è un attimo e quando si trova in un complotto prossimo a coinvolgere il futuro presidente francese, la sua attività comincia a essere progressivamente sempre più a rischio.

Il diavolo è donna

Le figure ambigue che operano in un ambito criminale tollerato dalla connivenza delle forze dell'ordine hanno sempre destato un certo fascino al cinema, soprattutto quando si ha a che fare con film ispirati a personaggi realmente esistiti.
Non è però ben chiaro l'intento dietro a Madame Claude, operazione biografica basata su un periodo della vita di questa maitresse algida e spietata, mossa esclusivamente da interessi personali e senza scrupoli nel trattare le ragazze che accettavano di lavorare per lei. Se l'intento era quello di dar vita a un'opera sull'emancipazione femminile, la presunta celebrazione dello sfruttamento della prostituzione assume un sapore irritante, in caso contrario la sceneggiatura non prende una posizione netta di condanna.
Vero è che non si parla mai male dei morti - la vera Madame Claude è scomparsa nel 2015 - ma il ritratto che ne esce da queste due ore di visione è tutt'altro che lusinghiero e proprio in questa ambivalenza di approccio si denotano i maggiori difetti del progetto.

Corpo e anima

Nuovo original da poco disponibile nel catalogo Netflix, Madame Claude non trova mai il corretto modo di raccontarne la storia e i personaggi, con una miriade di sottotrame ammassate senza un preciso rigore logico e rese ulteriormente confusionarie da scelte di montaggio imprecise e sbilenche, tali da rendere la narrazione un convulso affastellarsi di dialoghi urlati, loschi intrighi tra i poteri forti e gratuite scene di sesso.
L'erotismo, che date le tematiche e la vicenda avrebbe dovuto avere un ruolo determinante, è infatti castrato da scene di sesso meccaniche e innaturali, con le grazie di alcune delle giovani attrici che vengono esposte in camera senza una precisa idea di come mostrare il corpo femminile su grande schermo.
Un errore ancor più pacchiano giacché dietro l'intero progetto, in fase di regia e scrittura, vi è proprio una donna, la francese Sylvie Verheyde, qui mai capace di dare anima e profondità al racconto e alla sua anonima protagonista, con tanto di finale in cui il trucco posticcio sancisce definitivamente quel senso di artificiosità che caratterizza d'altronde tutto l'insieme.

Madame Claude L'eleganza formale e qualche suggestiva canzone d'epoca poco possono per salvare un film profondamente sbagliato, non solo nell'approccio ma anche in una narrazione penalizzata da un montaggio suicida, che toglie tempo e spazio alla crescita della storia e dei personaggi. Non si comprende se Madame Claude voglia celebrare o criticare una figura ambigua come quella della protagonista, maitresse interessata esclusivamente al denaro e totalmente indifferente alle violenze e i soprusi subiti dalle ragazze che lavoravano per lei. Il biopic diventa così un lento, infinito, declino estetico e morale, con l'erotismo che muore in scene di sesso veloci e brutali e la totale mancanza di un'emotività che permetta di appassionarsi alla vicenda, tra complotti che coinvolgono le più alte cariche dello Stato e sottotrame che si perdono strada facendo nel caos generale.

4.5

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