Ma Rainey's Black Bottom: recensione dell'ultimo film con Chadwick Boseman

Arriva su Netflix l'ultimo film con protagonista Chadwick Boseman, qui nei panni di un trombettista nell'America degli anni '20.

Ma Rainey's Black Bottom: recensione dell'ultimo film con Chadwick Boseman
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La morte di Chadwick Boseman è stato uno dei punti più emblematici del 2020 per il mondo di Hollywood e gli appassionati di cinema in generale: inaspettata e quindi ancor più sconvolgente, ha privato gli spettatori e i fan di un talento che purtroppo l'attore ha fatto in tempo soltanto ad accennare nella sua brevissima carriera.
Iniziata nel 2008 ma salita alla ribalta grazie al Marvel Cinematic Universe e alla parte di Black Panther, proprio nel 2020 la filmografia di Chadwick Boseman ha compiuto il grande passo in avanti verso la ricerca di riconoscimenti anche a livello personale.
Negli scorsi mesi, infatti, su Netflix sono arrivati l'ultimo film con Chadwick Boseman ancora in vita - Da 5 Bloods di Spike Lee - e il primo (ma anche ultimo) postumo, il nuovo Ma Rainey's Black Bottom.
Se quello di Lee oggi assume un tragico sottotesto profetico (i protagonisti devono andare in Vietnam per recuperare la salma del loro leader, interpretato proprio da Boseman) quello realizzato da George C. Wolfe diventa inconsapevolmente un'esaltazione del talento della star, un ultimo malinconico saluto che più di tutti fa intravedere ciò che questo grande Black Panther sarebbe potuto diventare con qualche altro anno a disposizione.

Un'incredibile ultima prova

Il punto più debole in assoluto del film è la sua origine teatrale, la regia di Wolfe non prova neanche per un secondo a distaccarsi o a nascondere la sua anima da adattamento di pièce e si dimostra più interessata a non tradire e a rispettare l'opera di August Wilson e i suoi personaggi e le sue tematiche che al cinema in quanto arte della messa in scena, disposizione di attori e oggetti nello spazio.
La storia è ambientata nel 1927 in quel di Chicago e racconta la vicenda di una cantante soul, Ma Rainey (Viola Davis), definita la leggendaria "Mother of the blues".
Nel corso di una particolare e fondamentale sessione di registrazione che potrebbe segnare diversi destini, però, si vengono a creare alcune tensioni e dinamiche che porteranno a uno scontro tra l'artista afroamericana e il produttore e manager bianco per il controllo della sua musica, mentre nella stanza accanto, ad assistere all'alterco, c'è anche la band di Ma.
Tra loro spicca il trombettista Levee (Chadwick Boseman), animato dall'ambizione di lasciare un segno nel mondo della musica.

Il piccolo studio di registrazione diventerà quindi lo scenario di uno scambio di idee e di storie che modificheranno per sempre la vita dei presenti, e basta uno sguardo poco allenato per capire di essere di fronte al tipo di adattamento cinematografico più blando e inerme possibile, quello fondato non tanto sull'inventiva e sulle idee di resa filmica quanto sugli attori.

A questo punto per un approccio del genere servono prove estreme e definitive e che per fortuna qui bastano e avanzano: la Davis, irriconoscibile nei panni del personaggio titolare, torna a un ruolo di rilevo a tre anni da Barriere di Denzel Washington - sempre tratto dal teatro di Wilson, e non a caso Denzel qui lo ritroviamo tra i produttori - e si dedica al dramma dell'artista afroamericana sfruttata dall'industria musicale bianca con una passione che fa sembrare la sua prova un fatto personale.
Ma se dalla Davis era lecito aspettarsi qualcosa di ottimo, a stupire davvero è Chadwick Boseman: letteralmente, purtroppo, alla prova della vita, incarna il personaggio che non solo rappresenta la vera anima del progetto ma che assurge anche a simbolo di quella fetta di America con le mani che prudono, con la voglia di spaccare il mondo e che, mai paga, è finalmente pronta a riscattare un passato ingiusto e ad affrontare Dio in persona pur di ottenere quel che crede di meritare.
L'attore qui si carica sulle proprie spalle esili - il calo fisico di cui si è tanto parlato appare evidente - una parte difficilissima che però riesce a tradurre con brio, grazia, rabbia, fatica e dignità soprattutto, da meritarsi ogni celebrazione eventualmente in arrivo nei prossimi mesi.

Ma Rainey's Black Bottom Non un film memorabile per come si limita a ricalcare la solita dialettica tra opera teatrale originale e cinema propendendo più banalmente per la prima, Ma Rainey's Black Bottom trova interesse nelle prove dei due attori principali. Viola Davis e Chadwick Boseman riescono ad appassionare con i loro personaggi e i modi diametralmente opposti scelti per portarli in scena, la prima con trasformismo e presenza scenica e il secondo con lo sguardo, la grinta, il fisico. Qualora nei prossimi mesi dovessimo ritrovare entrambi nel pieno della stagione dei premi nessuno dovrebbe stupirsi, ma sarebbe sorprendente trovarci anche il film.

6.5

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