Luce Recensione: il thriller psicologico su Netflix non osa abbastanza

Dall'omonima pièce teatrale, Luce cerca di mettere sotto i riflettori la gabbia di un'America che premia i pochi, continuando a denigrare le minoranze.

Luce Recensione: il thriller psicologico su Netflix non osa abbastanza
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Luce è una pellicola del 2019 che arriva su Netflix nel catalogo di febbraio 2023 (non perdete anche le serie Netflix di febbraio 2023). Un film dal cast importante, con Naomi Watts e Tim Roth ad impersonare i genitori del protagonista omonimo dell'opera, interpretato da Kelvin Harrison Jr., mentre a vestire i panni della sua nemica-insegnante c'è Octavia Spencer. La pellicola su Netflix è adattata dalla pièce di J. C. Lee, che si avvicina di molto allo spirito teatrale dell'opera, vista la partecipazione del drammaturgo anche alla stesura della sceneggiatura cinematografica scritta assieme a Julius Onah. Quest'ultimo regista di Luce e intento a riportarne tutta l'incomprensibilità su cui si costruisce il racconto di questo protagonista e la potenza delle parole, di come vengano usate, piegate e stravolte, legate a una dimensione di simboli, immagini e aspettative a cui il mondo ci costringe ad aspirare.

L'America ha bisogno di simboli

È prima di tutto l'America, però, quella gabbia contro cui Luce - sia film che protagonista - si ribella, pur rimanendone inevitabilmente incastrato. Cercando di combatterla dall'interno, ma fuoriuscendo con discrezione, nella maniera più silenziosa e letale che possa avvenire.

È su questa dicotomia che la pellicola si basa e che si sviluppa all'interno di uno schema che il personaggio principale vorrà rompere, cercando di sovvertire il ruolo che gli è stato affidato dalla società, facendolo però esattamente da quella posizione che sempre quest'ultima gli ha riservato. Luce è infatti uno studente modello, un ragazzo d'oro. Una persona che ha avuto la fortuna di sfuggire dalle atrocità della guerra in Eritrea, quando gli avevano messo in mano un fucile fin da piccolo, facendolo crescere a suon di sparatorie e zone di guerra. Un bambino sottratto a quelle mostruosità, condotto negli Stati Uniti, cresciuto e allevato secondo una riabilitazione che gli ha permesso di assimilare e oltrepassare gli orrori con cui è dovuto scendere a patti nei suoi primi anni di vita, diventando nel tempo esempio di come tutto, soprattutto una mela marcia, può veramente cambiare. Un simbolo, non tanto dei successi personali e individuali di una singola persona, ma che incarna il valore di un ambiente, in questo caso l'America, che ha saputo dare l'occasione a Luce di trasformarsi, di non dover essere lo stereotipo del ragazzo nero con un passato difficile, finito per questo a spacciare o a perdersi nelle dinamiche della malavita. Un fiore all'occhiello per la sua stessa scuola che lo vede come il suo esperimento più riuscito, il raggiungimento di una posizione di conoscenza e potere che l'istituto ha contribuito a forgiare.

Un peso immane sulle spalle di un giovane, dall'intelligenza sopraffina e la mente machiavellica, da cui cercherà effettivamente di staccarsene tentando di mettere sotto i riflettori le criticità del dover essere l'eccezione in un mondo che vuole tutti uguali e che cerca nelle minoranze i propri pupilli da mutare in figure esemplari, proprio perché diverse dalla conformità, e che dovrebbero solamente per questo ritrarre l'eccellenza di un sistema che non pensa realmente a dare a chiunque le stesse opportunità, ma di ergere a prediletti solo coloro cui vengono concesse delle effettive occasioni.

Una disamina sull'uguaglianza e le prospettive all'interno di una società che alimenta comunque le disuguaglianze, semplicemente nascondendole dietro all'aurea di quei pochi di cui però in molti possono vantarsi: genitori, scuole, professori, istituzioni. Ottenendo l'effetto opposto rispetto alle intenzioni e mettendo in una situazione di reclusione quelle persone che si ha avuto la presunzione di credere di aver reso libere, spostandole semplicemente da una costrizione ad un'altra.

Un fuoco contenuto che vuole divampare

Sebbene la discussione di fondo di Luce sia alquanto forte, tanto da suscitare dubbi sulle intenzioni e le confessioni di ognuno dei personaggi, è comunque un certo freno quello che si percepisce nella diramazione delle sue tesi, in cui non si riesce mai a scavare fino in fondo.

L'ambiguità ultima del film è senz'altro presente ed è essenziale per spostare continuamente in avanti la storia, ma la potenza delle parole, quelle che sicuramente hanno sfamato gli spettatori della pièce a teatro, rimane più sospesa e affonda meno i propri artigli in quella costante bolla di perplessità che non si ha mai la sensazione di riuscire davvero a far scoppiare nella pellicola. C'è equivocità fino alla fine, i ruoli non sono mai perfettamente definiti ed è esattamente questa la potenza dei thriller psicologici, ma la sensazione è che Luce avrebbe potuto affondare ancora di più la sua rabbia e le sue ricerche nelle profondità di una struttura deteriorata come quella di una società che esalta quei pochi per non doversi preoccupare dei molti; che mostra di aver fatto il proprio dovere premiando i singoli per non dover confrontarsi con i disagi delle comunità più svantaggiate.

Muovendo i personaggi come pedine in uno schema che i protagonisti sono pronti a distruggere dall'interno, con una regia e una sceneggiatura da puro film d'autore, Luce si accende con le sue ambivalenze, non lasciandole però mai esplodere veramente. Le pone sui banchi degli imputati tracciandone i vari percorsi, ma ritirandosi quando è il momento dell'arringa finale. Un'opera che avrebbe potuto indagare ancora più a fondo, svelare l'ipocrisia dietro a presunte facciate immacolate, per vederle poi crollare. Un fuoco che è stato acceso ma anche velocemente contenuto. Che non è divampato a sufficienza, pur preservando le sue visibili bruciature.

Luce Netflix Luce è un film che parte dalla pièce teatrale di J. C. Lee e si basa sulla potenza delle parole e della retorica su un'America che forgia i suoi migliori esempi, lasciando nelle retrovie la maggior parte delle minoranze. Una pellicola sull'ipocrisia di una società, statunitense e non solo, che si avvale di poche eccellenze per non dover badare alla salute e al futuro dei più svantaggiati, volendo procedere per figure da innalzare ad esempio, nascondendo però il marcio sotto al tappeto. Un thriller psicologico certamente interessante, ma che avrebbe potuto andare anche più a fondo.

6.5

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