Loro 2, la recensione: tenerezza e crudeltà di un uomo e della sua epoca

La seconda parte del dittico di Paolo Sorrentino sulla figura di Silvio Berlusconi, con protagonista Toni Servillo.

Loro 2, la recensione: tenerezza e crudeltà di un uomo e della sua epoca
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Nei giorni che stanno trascorrendo fra l'uscita nelle sale di Loro 1 e l'imminente distribuzione di Loro 2, Paolo Sorrentino è tornato sulla bocca di tutti i cinefili. Protagonista d'innumerevoli dibattiti sui social e non solo, il regista napoletano ha risvegliato estremismi in realtà mai sopiti, accese discussioni e commenti più o meno pacati sul nuovo progetto cinematografico nel quale si è cimentato. Loro. I potenti, i corrotti, i burattinai. E loro. Donne e uomini, circensi nello spettacolo della bramosia, del successo e del potere. Il 10 maggio sarà nelle sale la seconda parte di questo imponente progetto che vede Toni Servillo camuffarsi nuovamente dietro le sembianze di un uomo politico, come già fece per Sorrentino un decennio fa ne Il divo.
Da un uomo del potere oscuro, astratto come Andreotti, ‘un personaggio con un soprannome da imperatore romano, con un'introversione che alimentava il mistero' ha specificato Servillo, all'opposto. Un divo avvicinabile, un giullare che parla la stessa lingua del popolo e che entra nelle case degli italiani con un sorriso perenne, con parole rassicuranti, con quiz a premi e un'arte oratoria che cattura l'attenzione degli elettori e dei suoi sodali.
Silvio Berlusconi viene raccontato in Loro nelle sue contraddizioni da uomo perché è dell'uomo e non tanto del politico che Sorrentino vuole raccontarci. E in questo secondo atto il film conferma tutte le premesse del suo lungo incipit di Loro 1.

Una storia d'amore e di sogni

Loro 2 si riserva un titolo molto più calzante rispetto alla prima parte. Perché in fondo Sorrentino ci racconta l'epilogo di una storia d'amore fra due persone. Quello fra Silvio e Veronica Lario (Elena Sofia Ricci) è un legame incrinato, un matrimonio in crisi come tanti. Ogni problematica messa sul tavolo è ricondotta alla normale intimità di coppia e nelle discussioni ritroviamo crudeltà e gelosie comuni. La differenza è che in loro due, Silvio e Veronica, accresce il seme di emozioni ordinarie dal contenuto straordinario. Nei dialoghi inferociti troviamo un bigino sferzante della storia dell'Italia, di un'epoca passata che ha provocato un solco indiscutibile nell'ultimo trentennio. Ma la politica in Loro è lo specchio nel quale si riflettono le fragilità di anni vitali, fra apparenze e nefandezze. E ogni personaggio trova il suo compimento in una seconda parte esplosiva e folgorante, con Berlusconi che torna sulla cresta dell'onda influenzato dal suo alter ego Ennio (interpretato sempre da Toni Servillo), e regala un memorabile monologo da bottegaio che vende sogni. In quella sequenza il Cavaliere torna ad essere Silvio, riassume le convinzioni e la tradizione della sua storia personale d'imprenditore che parte dal basso, che costruisce il suo impero mattone dopo mattone. Orgoglioso di quanto creato, e di ciò che ora rappresenta. Per tornare all'apice serve il consenso di sei senatori e Silvio percorre ogni angolo della sua tenuta come un personaggio dantesco.

Ad ogni girone il suo incontro con una figura, sia essa femminile o maschile, riserva riflessioni, sguardi, titubanze. E ad ogni angolo Silvio si confronta e riflette. Un anziano che guarda fuori dalla finestra e vede scorrere il tempo, i tradimenti e i sotterfugi. Un anziano che canta e danza come un ricco Peter Pan nella sua Neverland con l'ambizione di tornare sul tetto d'Italia. Un uomo ingabbiato dietro al personaggio-Berlusconi, dietro al sorriso perenne, all'apparente inattaccabilità. Un uomo che si cela, che non si rivela nemmeno alla moglie, che rivendica un'esuberanza sincera e uno stile di vita istintivo e viscerale. Nel cuore della bagarre mediatica, Silvio Berlusconi diventa un Pierrot d'avanspettacolo nel microcosmo dorato nel quale vive, astuto e ambiguo come la versione di Zanni nella commedia dell'arte, ma patetico e malinconico come nel quadro di Antoine Watteau. Una maschera anziana pronta a sentire ma non ad ascoltare. Un sognatore incallito che per un solo istante comprende d'aver incontrato l'irrecuperabile, persino per lui: l'amore di Veronica.

Tenerezze e crudeltà

Sorrentino non è interessato a smascherare il mistero. Loro non è un dito puntato contro la volgarità, le meschinità, l'industria dell'apparenza e dell'effimero, nella quale sguazzano tutti, popolo e politicanti. Sorrentino prende un personaggio iconico, una macchietta per la gran parte dell'immaginario popolare, e ce lo restituisce: con le sue contraddizioni, la sua arroganza, la sua ipocrisia ma altrettanto le sue paure, i suoi ricordi, le sue ingenuità e le sue astuzie. Colui che il berlusconismo l'ha imposto ma l'ha anche subito. Ha usato ed è stato usato. Non lo glorifica e non lo distrugge. Lo racconta, rimescolando le dinamiche, i nomi, le parole ma mantenendo intatta l'atmosfera entusiasta e al contempo inquieta di un determinato periodo che innegabilmente ha cambiato il costume e lo sguardo delle persone nei confronti della società. Ecco perché nelle tenerezze e nelle crudeltà di quel mondo si concentrano le brutture e le bellezze del campionario umano, nel quale anche una figura controversa, un ‘mistero avvicinabile', come lo definisce lo stesso Sorrentino, risulta ancor più umana e vulnerabile. Elena Sofia Ricci è superba nel dare sostanza al personaggio di Veronica Lario, che da giovane attrice in erba innamorata è diventata nel tempo il simbolo originario di chi si è lasciato ammaliare dal personaggio Silvio, di chi l'ha posto all'apice dei suoi sogni, come Kira (Kasia Smutniak) o l'arrivista Sergio Morra (Riccardo Scamarcio).

Tutto è scontato, tutto è inevitabile nella venerazione per l'estroverso divo. Così una giovane come Stella (Alice Pagani) sembra riportarlo coi piedi per terra, laconica nella sua percezione di patetismo e d'inadeguatezza in tutto ciò che la circonda, negli esilaranti sketch, negli stacchetti che lo omaggiano, nell'esibizionismo continuo e nelle scene surreali insieme alle altre ragazze intorno ad un tavolo a canticchiare canzoni con un ricco vecchio e bizzarro.
Le parole sfrontate di una mosca bianca non possono rappresentare che una piccola pulce malinconica all'orecchio di un uomo alla continua ricerca di certezze e di consensi, pieno di ego e incredulo di fronte ai continui attacchi ai quali è sottoposto. Non si aspettava nulla di tutto questo, Silvio. Ma alla fine il vulcano verrà acceso, fra tenerezze e crudeltà. Solo in mezzo al suo regno.

Servillo, il Divo

Nell'affresco berlusconiano di Paolo Sorrentino, Toni Servillo giganteggia ancora una volta, sdoppiandosi, impedendo che la maschera di Berlusconi prenda eccessivo possesso della sua fisicità, come un simbionte. Dall'impressionante lavoro in sottrazione riservato a Giulio Andreotti ne Il divo, nel complesso e riuscito tentativo d'incarnare ciò che fu simbolo di disincarnazione occulta del potere, all'incredibile performance istrionica che trasmette la teatralità di un personaggio scaltro e problematico, celato dietro un bianco sorriso e un carisma strabordante. Un venditore di sogni che si scontra con la realtà.

Loro 2 Paolo Sorrentino conferma le interessanti premesse di Loro 1 e confeziona uno splendido affresco sull'epoca berlusconiana, fra tenerezze e crudeltà, con Silvio Berlusconi fulcro imprescindibile di uno spaccato vitale e oscuro della storia contemporanea, politica e di costume dell'Italia. Un Toni Servillo monumentale, affiancato da una superba Elena Sofia Ricci e dalla regia di Sorrentino, riescono dunque a fornire uno spaccato dell'epopea berlusconiana donandogli un punto di vista diverso, che in molti non si sarebbero aspettati.

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