Recensione Lo Sconosciuto del Lago

Alain Guiraudie, osannato a Cannes 2013, mette in scena un ambiguo thriller psicologico

Recensione Lo Sconosciuto del Lago
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“L’erotismo è l’approvazione della vita fin dentro la morte”: è stata questa frase, pronunciata dal filosofo francese Georges Bataille, a guidare il regista e sceneggiatore Alain Guiraudie durante la lavorazione del suo quarto lungometraggio (nonché il primo ad essere distribuito in Italia), Lo sconosciuto del lago. Applauditissimo dalle platee di Cannes, dove è stato immancabilmente bollato come il “film scandalo” della 66a edizione del Festival (ancor più delle audaci effusioni saffiche de La vita di Adéle), e ricompensato con il Queer Lion (per il quale ha prevalso a sorpresa sulla succitata pellicola di Abdellatif Kechiche) e con il premio per la miglior regia nella sezione Un certain regard, Lo sconosciuto del lago recupera in effetti il canonico binomio Eros e Thanatos, passione amorosa e pulsione di morte, per declinarlo all’interno di una narrazione solo apparentemente semplice, in cui ad un piano di lettura più immediato - un thriller dalle venature noir - si potrebbe sovrapporre un piano allegorico non troppo facilmente decifrabile.

Parlando de Lo sconosciuto del lago, tuttavia, prima di lanciarsi in tentativi esegetici occorre forse prendere in considerazione le modalità della messa in scena, strettamente legate alla peculiare cifra stilistica di Guiraudie: un rigoroso realismo, che rinuncia a qualunque musica extra-diegetica (l’intero apparato sonoro è costituito dai rumori della natura: il vento, l’acqua, lo stormire delle foglie, il cinguettio degli uccelli) o ad artifici visivi, affidandosi unicamente alla luce naturale (una nota di merito per la splendida fotografia di Claire Mathon). Scenario dell’azione è la piccola, appartata spiaggia di un lago che, in estate, funge da luogo designato di battuage per omosessuali in cerca di avventure fugaci, o anche solo di brevi “spettacoli” voyeuristici consumati nel boschetto retrostante, spesso alla mercé di sguardi indiscreti. Un perfetto locus amenus - il sole, gli alberi, il silenzioso, imperturbabile incanto della natura - talmente isolato dal resto del mondo da assumere una dimensione quasi metafisica: come se, per un bizzarro paradosso, quello stesso realismo di cui si parlava poc’anzi definisse al contempo uno spazio irreale, sognato, un microcosmo al di fuori delle convenzioni, delle regole e perfino della logica comuni.

L'inconnu du lac

Pertanto il pubblico non avrà da stupirsi se il protagonista del film, Franck (Pierre Deladonchamps), sembra agire indipendentemente dai codici morali dell’etica borghese, sperimentando con imperturbabile disinvoltura una libertà sessuale priva di inibizioni o di pudore, così come gli altri bagnanti che frequentano le sponde del lago; e in tal senso Guiraudie aderisce inflessibilmente all’approccio realistico prescelto, mostrando senza reticenze gli atti sessuali praticati tra le fronde del bosco. Allo stesso modo, non c’è da meravigliarsi se il comportamento di Franck possa apparire contrario a qualunque logica - o istinto di conservazione - dal momento in cui l’efebico giovane decide di abbandonarsi all’abbraccio del nerboruto Michel (Christophe Paou, quasi un sosia di Tom Selleck), fisico possente e sguardo dominatore, vagheggiato ed irrinunciabile oggetto del desiderio fin dal primo scambio di occhiate. Perché al prorompere della passione fra i due uomini, Franck - e insieme a lui lo spettatore, che ne assume il punto di vista - è già stato testimone di un inequivocabile delitto, ripreso da lontano, in soggettiva, in un lungo piano sequenza.

Eros e Thanatos

Ma nonostante questi due ingredienti potenzialmente esplosivi - il sesso e la morte - Guiraudie contraddice palesemente tutte le consuetudini dei generi: se Pedro Almodóvar, su temi analoghi, aveva realizzato film come La legge del desiderio o Matador, il regista francese raffredda (anzi, congela) qualunque deriva verso il melodramma; e se la trama de Lo sconosciuto del lago (fin dal titolo) punta in direzione del thriller e del murder-mystery, ugualmente Guiraudie azzera da subito la componente del giallo, non ponendo alcun dubbio sull’identità dell’assassino. La tensione del film, quasi esclusivamente psicologica, scorre invece sottopelle, ed è legata alla scelta di Franck di convivere con una torbida minaccia, senza far trapelare alcun cenno di preoccupazione. Gli incontri carnali fra i bagnanti continueranno indisturbatamente, mentre l’unica forma di “intrusione” dall’esterno è sintetizzata dalla figura dell’ispettore Damroder (Jérôme Chappatte), un atipico poliziotto che tenterà di mettere in guardia il protagonista dal pericolo che potrebbe incombere su di lui - un pericolo ricondotto all’elemento dell’acqua, come già accaduto in passato nella storia del cinema, per esempio in Un posto al sole di George Stevens o Il coltello nell’acqua di Roman Polanski.

L’erotismo esplicito, a tratti addirittura ridondante del film, si ricollega pertanto ad una riflessione più ampia e complessa sulla natura stessa del desiderio, sulla sua fiera potenza e sul suo “lato oscuro”, in un’aperta contrapposizione fra il legame ossessivo di Michel e Franck ed il rapporto di quest’ultimo con Henri (Patrick d'Assumçao), un uomo di mezza età grasso, cadente e un po’ patetico, reduce dalla separazione dalla moglie, con il quale Franck instaura una spontanea quanto inattesa amicizia, dando vita ad una relazione di reciproca confidenza che va facendosi più stretta e profonda di giorno in giorno. Guiraudie, tuttavia, non commette l’errore di ridurre i suoi personaggi a mere proiezioni allegoriche: al di là del suo scarno intreccio noir, Lo sconosciuto del lago si riferisce evidentemente anche a qualcos’altro (qualcosa relativo non soltanto all’esperienza omosessuale), ma lascia allo spettatore i margini per una libertà di interpretazione che non sia confinata entro un rigido schematismo. E questo è probabilmente uno dei principali motivi del fascino di un’opera spiazzante, straniante, suggestiva in una maniera quasi sinistra, e che fa della propria singolarità un valore di cui è impossibile non tener conto.

Lo Sconosciuto del Lago Alain Guiraudie, vincitore del premio per la miglior regia nella sezione Un certain regard al Festival di Cannes 2013, mette in scena un ambiguo thriller psicologico ambientato sulle rive di un lago che funge da zona di battuage per una piccola comunità di omosessuali, in cui l’idilliaca atmosfera estiva è contaminata da un impalpabile sentore di inquietudine; mentre dietro l’apparenza del film noir trapela una complessa riflessione sulla natura del desiderio e le pulsioni di morte.

7.5

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