Les Fantomes d'Ismael: la recensione del film di Arnaud Desplechin

Il Festival di Cannes apre la sua edizione numero 70 con Arnaud Desplechin, che racconta il percorso di Ismael attraverso i suoi fantasmi del passato.

Les Fantomes d'Ismael: la recensione del film di Arnaud Desplechin
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Nel 1950 Jackson Pollock dipinse "Lavander mist", un dipinto tanto enorme quanto caotico, apparentemente indeclinabile. In quel dipinto non sono raffigurati solo degli schizzi di pittura, ma un intero universo profondamente intimo, tanto da meritare l'impronta della mano dell'artista tra le figure. Come un esercizio di stile, decifrare il quadro di Pollock diventa un po' come decifrare la mente di Ismael (Mathieu Amalric), che ha interrotto il suo percorso di vita nel momento in cui la moglie Carlotta (Marion Cotillard) è sparita senza lasciare alcuna traccia. Regista disilluso con la testa completamente rivolta al passato, Ismael vive vent'anni con addosso il fantasma di un amore di cui non può sotterrare né il corpo né il ricordo, tanto da rimanere visceralmente attaccato a suo suocero, con cui rimpalla ogni dolore. Sylvia (Charlotte Gainsbourg) è la costantemente nascosta compagna del presente, che lo raccoglie claudicante e ubriaco e tenta di farne un uomo nuovo, tornando a farlo camminare in avanti e non indietro; finché il fantasma di Carlotta tornerà a vivere in carne ed ossa tra di loro interrompendo quella quotidianità così faticosamente conquistata.

I fantasmi del presente

Dentro "Lavander mist" c'è chi riesce a vedere cinque nudi femminili, tutti in pochi schizzi di pittura. Allo stesso modo, Ismael's Ghosts riesce a condensare dentro di sé diverse pellicole che si sovrappongono e intrecciano, tutte nella mente del suo protagonista. La sceneggiatura che Ismael sta scrivendo, tramutata in un film di spionaggio (con protagonisti degli improbabili Louis Garrel e Alba Rohrwacher, così sopra le righe ma perfettamente nella parte da sembrare, anche per merito della messa in scena, appena usciti da un episodio di Poirot); la vita presente di Ismael, e l'entrata in scena di Carlotta; il passato con Sylvia, l'incontro con la salvezza quando era ancora completamente perduto; e infine il suo set cinematografico, abbandonato e vittima delle crisi esistenziali del suo burattinaio. Situazioni diverse, a volte opposte, sicuramente caotiche, che riescono a trovare un fil rouge grazie alla messa in scena di Arnaud Desplechin, che sceglie di rappresentare il percorso di guarigione della mente traumatizzata di Ismael stratificandola in diversi tempi e luoghi, unendo suggestioni ed immagini per giocare con lo spettatore. Un vero giro sulle montagne russe che passa da un presente distrutto ad un passato posticcio, che in poco più di 120 minuti addolora, impazzisce, folleggia e risana insieme al suo protagonista, lo straordinario Mathieu Amalric.

Tra corpo e anima

L'attore e regista francese si fa carico di trasformare in espressioni i movimenti della sua mente, provata nella psiche e fallita da un corpo che gli nega il sonno. Preda di continui incubi, l'Ismael di Amalric diventa sempre meno controllato e più primitivo in gesti, azioni e movimenti - compreso un ritorno alla campagna e all'allevamento delle galline. La corporalità dell'attore esplode insieme alla sua mente davanti allo spettatore, che si trova trascinato nelle sue espressioni distrutte dal dolore quanto nelle sue esilaranti goffaggini sopra le righe grazie ad una performance che trascina l'intera pellicola. Meno non si può dire delle sue donne, agli antipodi eppure costantemente in armonia. Ad una trattenuta Charlotte Gainsbourg, timida di movenze e parca di conversazioni, si contrappone una Marion Cotillard che riesce incredibilmente a inventare un modo tutto nuovo di utilizzare il suo corpo come veicolo della sua arte: dopo averlo trasformato e mutilato, l'attrice francese si alleggerisce ballando sul rimpianto, rendendo il suo personaggio un triste folletto dai sorrisi meravigliosi e dagli occhi tristi che rimane un mistero per tutta la durata del film - l'unico davvero indecifrabile, e forse proprio per questo il più bello di tutti. Ogni personaggio trova il suo posto nella narrazione di Arnaud Desplechin, che riesce ad unire perfettamente le performances dei suoi attori e la sua visione del protagonista, caotica come un quadro di Pollock ma personale come l'impronta di una mano tra la pittura. Basta avere un po' di fiducia e riuscire a trovare, nella follia, la strada di casa, facendoci accompagnare per mano.

Les Fantomes d'Ismael Al netto di alcuni passaggi eccessivi che possono infastidire lo spettatore - nonostante siano metafora perfetta, come già detto, della mente del protagonista e del suo percorso - Ismael's Ghost è un film che vive di due duplici straordinarietà, ovvero la messa in scena di Arnaud Desplechin e le performance degli attori principali. Un film denso e profondamente stratificato, che necessita di un gioco di decodificazione e chiede allo spettatore una notevole prova di fiducia, fortunatamente ben riposta anche se claudicante nel finale.

6.5

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