Recensione Le ricette della signora Toku

Naomi Kawase porta al Festival di Cannes un racconto tipicamente nipponico sincero, commovente ma forse eccessivamente didascalico, con protagonista una Kiki Kirin che conquista lo spettatore.

Recensione Le ricette della signora Toku
Articolo a cura di

Primavera, periodo di ciliegi in fiore: i giardini in Giappone si trasformano in spettacolari percorsi tra gli alberi, eppure all'uomo all'interno di un piccolo chiosco di dolcetti sembra scivolare tutto addosso, perfino il passare delle stagioni. Non si sofferma a guardare quei boccioli, non li guarda nemmeno cadere - tanto che finiscono per errore all'interno di uno dei suoi dolcetti tipici, i dorayaki. A fargli notare che le foglie si muovono come se stessero salutando è la settantaseienne Tokue (Kiki Kirin), che di storie come queste ne ha tante da raccontare. Il sorriso sempre pronto, una gentilezza nei gesti e nello sguardo che non riesce a non commuovere all'istante, Tokue si fa strada nel negozietto di dorayaki grazie ai fagioli rossi, per creare della marmellata - An, in giapponese - perfetta tanto quanto la prima parte del racconto di Naomi Kawase. La regista giapponese crea nei dettagli e nelle parole un piccolo gioiello capace di avvolgere lo spettatore come una coperta in un freddo pomeriggio: Tokue racconta la sua ricetta in maniera buffa, si scontra contro la fretta del giovane proprietario senza preoccuparsi di definire i fagioli e lo zucchero "due giovani al primo appuntamento che hanno bisogno di prendere confidenza", decidendo quindi di starli a guardare per ore prima di poterli anche solo mescolare. La danza delle note della colonna sonora, armonizzata con il suo modo di raccontare - figlio di un altro tempo eppure così necessario nel nostro - trascinano lo spettatore affascinandolo e conquistandolo.

Un racconto sincero, commovente ma eccessivamente didascalico

Tokue purtroppo però non è solo sorrisi: dai dettagli delle sue rovinate e quasi deformi mani quel qualcosa che non va trova presto un nome, morbo di Hansen - quella lebbra che in Giappone è regolata perfino dalla legge. Quarantena perenne in un sanatorio, un agglomerato di case fuori dal tempo in cui tutto sembra fermo, una realtà parallela dove un grappolo di persone sfigurate dalla malattia riesce a trovare equilibrio non senza un gran numero di rimpianti. Tokue ne ha molti, ma il più grande è forse quello di non essere riuscita mai a trasmettere qualcosa al prossimo: un piccolo sogno germogliato con l'idea di fare l'insegnante di lingua giapponese ma ucciso dalla malattia.
È proprio quando si cambia registro ed il tono si fa più drammatico che Naomi Kawase fa un passo falso ed inciampa. Nonostante faccia fede allo stile della prima parte - sicuramente inusuale per lei, e più commercializzabile dei lavori precedenti, la gestione del lutto della regista si fa ridondante nella seconda parte: Il personaggio di Tokue diventa fortemente didascalico nel racconto eccessivo di una morale che invece sarebbe stato meglio lasciare alle immagini e ai silenzi del co-protagonista Sentaro. Nonostante questo il tocco dell'anziana protagonista riesce comunque ad arrivare fino allo spettatore, così come arriva al proprietario del chiosco: apatico, dedito all'alcool ed appesantito da una vita certo non generosa, si ritrova grazie a i piccoli racconti di Tokue ad "amare il dolce", addirittura a sorridere un po', fino a regalargli una vera e propria ripartenza in un set da cucina.

Le ricette della signora Toku Decisamente diverso per stile dal suo precedente lavoro, Still the Water, Naomi Kawase riesce comunque a rielaborare il tema del lutto uscendo da quel limbo stilistico che aveva trovato il favore dei festival internazionali ma non quello del botteghino - e, quindi, del pubblico. Le ricette della signora Toku è un film che parla molto di più al cuore con una semplicità disarmante, anche se con molti difetti soprattutto nella seconda parte, mal gestita nei tempi e nella scrittura. Kiki Kirin tuttavia non riesce a non conquistare, lasciando lo spettatore con un sorriso sulle labbra ed il cuore un po’ più leggero, che di certo non fa rimpiangere la visione.

7

Che voto dai a: Le ricette della signora Toku

Media Voto Utenti
Voti: 2
6
nd
Cannes 2015
2 Recensione Cinema Amy
7
Amy