Recensione Le Origini del Male

Terrificanti entità da un fatto realmente accaduto nel film di John Pogue

Recensione Le Origini del Male
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Da quel lontano 1974 in cui la didascalia di apertura del mitico Non aprite quella porta di Tobe Hooper precisava che il film in questione era tratto da fatti realmente accaduti (in realtà, prese solo ispirazione dalla figura del contadino necrofilo Ed Gein nella rappresentazione del ritardato dalla motosega Leatherface), non si sono più contati i lungometraggi cinematografici che hanno sfruttato lo stesso stratagemma - a quanto pare fonte di sicuro successo - di rifarsi a casi di cronaca o, semplicemente, di spacciarsi per loro ricostruzioni.
A differenza del capolavoro hooperiano, però, soprattutto su esorcismi e demoniache presenze si sono basati i film successivi (citiamo solo The exorcism of Emily Rose di Scott Derrickson e L'altra faccia del diavolo di William Brent Bell); come pure questo Le origini del male, che, diretto dal John Pogue autore nel 2011 dello zombie movie Quarantena 2 e in precedenza sceneggiatore di Nave fantasma e del remake di Rollerball, si svolge proprio nel 1974.
Perché pare che l'insieme prenda le mosse dalla reale vicenda di un gruppo di studenti di Oxford di cui non si hanno più notizie proprio da quell'anno, ovvero da quando tentarono un esperimento per curare una ragazza affetta da un male inspiegabile, testimoniato dalle loro riprese amatoriali riemerse a quattro decenni di distanza.

Oxford murdered

Quindi, abbiamo Jared"Pompei"Harris nei panni del professor Joseph Coupland, che, nascosto in una tenuta appena fuori Londra, si fa aiutare da un ristretto manipolo di allievi per condurre l'esperimento di cui sopra su Jane Harper alias Olivia Cooke, una ragazzina che cela segreti inconfessabili; finendo con il risvegliare forze tanto oscure quanto terrificanti.
E sono il Sam Claflin di Hunger Games: La ragazza di fuoco, la Erin Richards di Open grave ed il Rory Fleck-Byrne di Vampire academy a rappresentare il terzetto di giovani impegnati ad affiancare il professore, nel corso di oltre un'ora e mezza di visione che, con una colonna sonora spaziante da Cum on feel the noize degli Slade a Silver machine di Steven Rock, tende a porre continuamente a confronto la scienza e l'irrazionalità.
Mentre non poche volte sono presenti le soggettive della camera di ripresa dei protagonisti, tanto che, sebbene si tratti di un horror costruito sulla narrazione classica da schermo e non di un found footage, il look generale richiama non in poche occasioni quello tipico dei titoli che hanno reso popolare il filone succeduto ai fenomeni The Blair witch project - Il mistero della strega di Blair e Paranormal activity.
Ma, al di là del fatto che la confezione tecnica - con tanto di colori desaturati per richiamare le atmosfere del passato - non risulti affatto disprezzabile, non ci troviamo altro che dinanzi all'ennesimo elaborato costruito su lenti ritmi di narrazione tempestati di falsi spaventi e con sonoro pronto ad alzarsi di livello al fine di far balzare lo spettatore dalla poltrona... per relegare i momenti maggiormente dedicati alla mattanza e agli effetti speciali all'ultimo quarto d'ora di pellicola, al cui interno l'originalità sembra essere inversamente proporzionale alla noia.

Le origini del male Il secondo lungometraggio diretto da John Pogue, a tre anni da Quarantena 2 (2011), prende spunto da un esperimento condotto da un gruppo di parapsicologi canadesi e noto come "The Philip Experiment", il cui scopo era quello di entrare in contatto con un fantasma ricreando l'identità spirituale e rendendola il più reale possibile. Il risultato finale, però, a tratti vicino nel look a quello dei found footage, seppur confezionato con professionalità non riesce nell’impresa di regalare qualcosa di nuovo e di realmente spaventoso al sempre più smaliziato spettatore d’inizio XXI secolo.

5.5

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