Recensione Le leggi del desiderio

La figura del life coach al centro della terza regia di Muccino jr.

Recensione Le leggi del desiderio
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Tramite Parlami d'amore, del 2008, ci raccontò l'educazione sentimentale impartita da una over 40 francese ad un venticinquenne cresciuto in una comunità di recupero per tossicodipendenti e segretamente innamorato di una coetanea; due anni prima di tornare dietro la macchina da presa con Un altro mondo, tratto da un romanzo di Carla Vangelista come l'opera precedente e incentrato sul rapporto tra un giovane superficiale ed il piccolo fratellastro che non sapeva di avere a Nairobi.
La stessa Carla Vangelista insieme a cui Silvio Muccino scrive la sceneggiatura de Le leggi del desiderio, sua terza fatica registica in cui, ancora una volta, veste anche i panni del protagonista: il carismatico e funambolico trainer motivazionale Giovanni Canton, felicemente single e propenso a frequentare solo donne sposate, convinto che esistano tecniche precise in grado di aiutare qualsiasi persona a raggiungere ciò che desidera, che si tratti di piacere, lusso, potere, successo o amore.
Trainer motivazionale considerato una sorta di profeta dai suoi fan e un cialtrone che si approfitta delle debolezze altrui da molti altri; e che, quindi, decide di dimostrare la veridicità delle proprie teorie organizzando un concorso per la selezione di tre fortunati individui che porterà, in sei mesi, all'ottenimento dei loro più sfrenati desideri.

Riparlami d'amore

E, commentata da una rilettura di Via con me di Paolo Conte per mano di Peter Cincotti, è proprio la sequenza delle audizioni a risultare la più riuscita dei circa centocinque minuti di visione, destinati, ovviamente, a tirare in ballo i tre selezionati al concorso: Luciana Marino, interpretata da Carla Signoris, segretaria di un importante vescovo in Vaticano ma che scrive segretamente romanzi erotici molto espliciti; Matilde Silvestri, ovvero Nicole Grimaudo, trentaduenne single innamorata del suo capo ammogliato Paolo Rubens alias Luca Ward; il sessantenne disoccupato e con compagna disabile Ernesto Colapicchioni, cui concede anima e corpo un Maurizio Mattioli come sempre capace di strappare risate.
Ma, a cominciare dal fatto che lo stesso Muccino appaia del tutto improbabile nel ruolo del sexy maestro di vita (con tanto di sensuale snocciolamento di "Quale è il tuo desiderio?" oppure "Ho una visione") che, oltretutto, trasuda comicità involontaria già nel ballare in silhouette, nei titoli di testa, sulle note di Feeling alright di Joe Cocker, i difetti dell'operazione non sono affatto pochi.
Potremmo citare il fatto che sfugga l'utilità del personaggio del padre malato di Alzheimer di Canton, o, soprattutto, la maniera in cui si rivelino soltanto deprimenti quelli che vorrebbero essere i momenti divertenti dell'insieme; dalla qui insopportabile Grimaudo che canta ubriaca Minuetto al karaoke in un negozio coreano ai siparietti di una sprecata Signoris affiancata da due attempate seguaci dei suoi piccanti scritti.
Man mano che, senza sfuggire alla morsa della noia, tra un omaggio televisivo a La vita è meravigliosa di Frank Capra e l'osservazione di come, oggi, tutti portino una maschera, si approda al più banale dei risvolti romantici.

Le leggi del desiderio “I life coach o motivatori professionali sono la diretta conseguenza dello spaesamento di oggi, sono i veri figli della crisi: in un mondo in cui nessuno sa più come arrivare a fine mese o come realizzare i propri sogni, loro si propongono come coloro che hanno la risposta. Il segreto della felicità. L’ideale sarebbe che ognuno di noi imparasse autonomamente a scoprire che cosa desidera e di cosa ha bisogno per essere felice”. Silvio Muccino parla così dell’argomento su cui si focalizza Le leggi del desiderio, suo terzo lungometraggio da regista, nel quale, appunto, veste i panni di un life coach. Ma è proprio la scelta di porre se stesso in un ruolo che lo rende tutt’altro che credibile a penalizzare in buona parte un insieme fiacco e banale che, con un protagonista maggiormente carismatico e in parte, si sarebbe almeno salvato su più di un fronte.

4.5

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