Recensione Land of mine - Sotto la sabbia

Land of mine racconta la storia poco nota di come, all'indomani dalla resa della Germania, gli Alleati abbiano deportato migliaia di di giovanissimi soldati tedeschi sulle coste danesi, per disinnescare oltre 2 milioni di mine inesplose.

Recensione Land of mine - Sotto la sabbia
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Dopo un lungo cammino che l'ha visto passare dai festival di Toronto e Tokyo, l'ultima fatica di Martin Zandvliet, montatore e regista, esce nei cinema con il titolo Land of Mine - Sotto la sabbia. Un film molto significativo, una narrazione giocata costantemente su più livelli, una storia che mostra un'angolazione inedita e poco conosciuta del secondo conflitto mondiale - o meglio, del dopoguerra. Potremmo definirlo come un film che indaga i pregiudizi fra i popoli, il risentimento nazionale, la bieca vendetta. Un gioco di scatole cinesi in cui gli iniziali ruoli di vittima e carnefice si rovesciano. L'Europa del 1945 è un continente traumatizzato ed esasperato, in cui gli uomini sembrano mossi solo da istinti animali. Zandvliet cura soggetto e sceneggiatura di un film che rientra in molte categorie e che assume forti valori pedagogici. Merita di essere mostrato alle scuole perché racchiude in sé un insegnamento sulle altre facce del secolo breve. Perché il passo del baratro è molto più breve di quanto non sembri, e c'è bisogno di narrazioni audaci e coraggiose che ce lo ricordino: il film in questione, ma anche titoli come L'onda (Die Welle) e Hannah Arendt, per fare un esempio.

CENERE E SABBIA

Estate 1945. La Germania è capitolata e la seconda guerra mondiale volge ormai al termine, ma l'Europa ne esce massacrata e allo stremo delle forze: un continente devastato dalla guerra e puntellato da palcoscenici bellici. Le sabbiose e affascinanti coste della Danimarca sono uno di questi luoghi, un argine lungo migliaia di chilometri cosparso da oltre 2 milioni di mine tedesche. Un luogo idilliaco, un locus amoenus trasformato in abietta macchina da guerra. Con l'obiettivo di disinnescare lo sterminato campo minato danese, gli Alleati decidono di imporre i lavori forzati ai soldati tedeschi. Ad essere scelti sono perlopiù ragazzi, inesperti e con l'unico desiderio di tornare a casa. Prende avvio un massiccio piano di deportazione di ragazzi-soldato assegnati a una missione letale e trattati con estrema crudeltà, denutriti e spesso umiliati. I piani si ribaltano, il risentimento e i traumi esercitano l'oscuro fascino della rivalsa e della vendetta, le vittime di ieri diventano i carnefici di oggi. Tutto a danno di ragazzini che sono solo pedine, ostaggio dei popoli e degli errori di statisti megalomani. Questa in particolare è la storia di 14 ragazzi che, dopo un affrettato addestramento, vengono sottomessi ai feroci ordini del sergente Carl Rasmussen e costretti per mesi a setacciare le coste intorno a Blavand e Vejers Strand, palmo dopo palmo, per disinnescare centinaia di migliaia di mine, in una sadica schiavizzazione che assume i tratti della vendetta silenziosa ed estenuante.

UNA TACIUTA DEFLAGRAZIONE

Il film di Zandvliet è un'interessante e inusuale scorcio sugli angoli meno conosciuti della WWII, un lungo capitolo di orrore che ha allungato le proprie ombre e i propri strascichi su storie poco note e che meritano di essere raccontate e diffuse. Land of Mine è un film brutale, coinvolgente, che gioca sapientemente col ritmo lento e tensivo dell'ispezione del suolo e delle operazioni di disinnesco. Sotto il sole cocente dell'estate e con i capelli scompigliati dal vento che spira dal Mare del Nord, un gruppo di ragazzi nel fiore dell'adolescenza, troppo giovani anche solo per fare la guerra, vengono sottoposti a condizioni di prigionia e lavori forzati che non sembrano così lontani dall'atroce segregazionismo antisemitico nazista. È un film che gioca sui confini, siano essi gli steccati fra i campi minati o i confini, geografici e culturali, fra popoli rancorosi e ostili l'uno all'altro. Già il titolo, Land of Mine, gioca con il doppio significato di Mine come mina ma anche come "mio", la mia terra, una rivendicazione possessiva e vendicativa. Il film si muove su tre piani, tre narrazioni parallele che coinvolgono i ragazzi protagonisti: le lunghe giornate di lavoro di disinnesco puntellate da deflagrazioni e incidenti mortali, il difficile rapporto col sergente Rasmussen, le atroci manovre impartite dai piani alti degli eserciti "vincitori". Particolarmente significativo il rapporto fra i prigionieri e il sergente Rasmussen, che racchiude dentro di sé una relazione confusa, e che a fasi alterne assume i canottati di una relazione carcerieri-prigionieri, carnefice-vittime, ma anche di un rapporto filiale fra padre e figli. Proprio la confusa sfera dei rapporti personali con il sergente diventa la significativa chiave pedagogica ed esemplare del film. Ma forse in fondo il cuore puro del film di Rasmussen sta nelle due scene che coinvolgono uno dei ragazzini tedeschi e una bambina danese: specchio di innocenza, gentilezza e dolcezza, spiraglio di luce e speranza su un domani che pare ancora lontano.

Land of mine - Sotto la sabbia Land of mine è un film tellurico, nel vero senso della parola: che proviene da sotto la sabbia, dal terreno su cui i ragazzini tedeschi strisciano lentamente, ansimando, quasi come in un girone dantesco. La storia inedita, il ritmo azzeccato e sapiente, l’indulgere sui rapporti personali e sulla confusione fra i ruoli contribuiscono a rendere il film di Zandvliet uno dei più intriganti e preziosi racconti sulle atrocità della guerra. Un film che merita di essere visto.

7.5

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