Lady In The Water, la recensione: un salto nel blu

Paul Giamatti e Bryce Dallas Howard sono rispettivamente un solitario custode e una ninfa acquatica in Lady in the Water, la recensione.

Lady In The Water, la recensione: un salto nel blu
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Il solitario Cleveland lavora come custode di un residence a Filadelfia. Ex medico dal passato tragico (la sua famiglia è stata massacrata da un criminale), l'uomo conosce abitudini e segreti di tutti gli inquilini. Una sera, insospettito dall'uso notturno della piscina comune, cade per caso in acqua e viene salvato dall'intervento di una misteriosa ragazza dai capelli rossi: la giovane dice di chiamarsi Story e di essere una Narf, una creatura acquatica proveniente dal Mondo Azzurro. Il suo compito è quello di recare un messaggio a uno scrittore le cui opere segneranno un passo decisivo per il Bene dell'intera umanità. Lo scopo di Cleveland, messo al corrente della leggenda (ora realtà) da una vicina di origini orientali, è quello di individuare il destinatario del messaggio e al contempo difendere Story dalla minaccia di uno Scrunt, una feroce belva che è sulle tracce della ninfa.

Per credere ancora

Ci sono flop che fanno più male di altri, e non soltanto ai produttori / registi ma anche nei confronti di quel pubblico ancora in grado di appassionarsi a storie magiche e originali capaci di elevarsi dalla medietà. Lady in the Water, primo e vero proprio tonfo al botteghino (ma anche subissato di pareri negativi da una miope critica americana) del regista di origini indiane M. Night Shyamalan, altro non è che una fiaba moderna che cerca di veicolare, pur non senza sbavature, un senso di meraviglia sempre più raro nel cinema odierno. Non è un caso che la sceneggiatura sia basata su una storia che lo stesso autore raccontava ai suoi bambini per farli addormentare; traspare bene infatti la classica aura da favola ingenua e genuina che per essere apprezzata appieno chiede allo spettatore proprio la sospensione della realtà, in un gioco sulla carta pericoloso che a posteriori può dirsi felicemente vinto, almeno per chi accetta di prendervi parte. La storia, dopo una breve introduzione atta a creare una mitologia ex-novo nei titoli di testa, non segue una linea precisa e chiarificatrice, con molte domande volutamente lasciate senza risposta e un tourbillon di colpi di scena nella parte finale che vanno a riguardare il copioso numero di personaggi secondari, caratterizzati spesso in un tono vicino alla macchietta che però non impedisce di infondergli una straniante umanità. E la piscina, che nel classico di Jacques Deray segnava definitivamente la perdita dell'innocenza, qui assume al ruolo logistico di fonte della rinascita, della speranza ancestrale che il Bene possa sempre vincere sul Male. L'unione di figure così diverse, dal futuro Profeta (interpretato dallo stesso Shyamalan, nell'interpretazione più corposa della sua carriera) al saggio misantropo, dallo strambo culturista alla ragazza orientale e via discorrendo, tutti inconsapevoli del proprio ruolo e delle proprie potenzialità, trova nello splendido e poetico epilogo la perfetta chiusura di un cerchio narrativo che riesce a commuovere e a veicolare messaggi più alti pur in un racconto di marchio dolcemente fantastico. La splendida colonna sonora del grande James Newton Howard e le performance di un balbuziente Paul Giamatti e di una fragile quanto incantevole Bryce Dallas Howard (alla sua seconda collaborazione col cineasta dopo The Village) sono l'ennesimo valore aggiunto di un film sin troppo prezioso nel suo essere fuori dalle mode e dal tempo.

Lady In The Water Shyamalan gioca con le immagini e le emozioni, creando squarci suggestivi e ricchi di una tenera e avvolgente magia in una delle opere più incomprese del nuovo millennio. Amato da buona parte della critica europea (al sesto posto nella classifica dei film più influenti del 2006 per i Cahiers du cinéma) e incompreso, addirittura sbeffeggiato, da quella americana e dal grande pubblico, Lady in the Water chiede allo spettatore soltanto lo sforzo di credere in un racconto volutamente irrealistico e inverosimile; sforzo ricompensato dal costante sense of wonder che affievolisce le contorsioni narrative per trascinarci in una fiaba moderna dove a contare è prima di tutto il Messaggio.

8.5

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