La vendetta di un uomo tranquillo: la recensione

L'attore spagnolo Raúl Arévalo debutta alla regia con La vendetta di un uomo tranquillo, violenta vicenda aggiudicatasi diversi premi Goya.

La vendetta di un uomo tranquillo: la recensione
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Si comincia con una rapina consumata da quattro criminali all'interno di una gioielleria di Madrid nell'Agosto 2007 ed al termine della quale viene arrestato soltanto Curro, interpretato dal Luis Callejo di Kiki & i segreti del sesso e destinato ad uscire di prigione otto anni più tardi. Quando, scontata la pena e rilasciato, desidera unicamente di iniziare una nuova esistenza al fianco della fidanzata Ana alias Ruth Díaz, con la quale ha un figlio ma che, nel frattempo, è stata avvicinata a sua insaputa dal chiuso e solitario José incarnato dall'Antonio de la Torre di Volver, in cui la donna ha visto una speranza per la sua tutt'altro che rosea esistenza. Il José che non sembra riuscire a trovare il proprio posto al mondo e che, oltretutto, inizia ad intrecciare la sua vita con quella degli altri frequentatori del bar gestito da Ana insieme al fratello, in quanto personalmente motivato a distruggere le aspettative dell'appena scarcerato ed a cambiarne tutti i piani nel corso de La vendetta di un uomo tranquillo, aggiudicatosi quattro premi Goya nelle categorie relative a film, sceneggiatura originale, regista esordiente ed attore non protagonista.

Spagna, violenza e morte

Attore non protagonista corrispondente al Manolo Solo che, nei panni di Triana, si ritrova, tra l'altro, nella sequenza più sanguinolenta della oltre ora e mezza di visione, a proposito di cui lo spagnolo Raúl Arévalo, al suo debutto dietro la macchina da presa dopo le oltre cinquanta prove sfoggiatevi davanti, precisa: "La vendetta di un uomo tranquillo è un thriller drammatico mosso da un sentimento primordiale, di pancia. Penso che l'odio, l'amarezza e la rabbia repressa siano argomenti di grande interesse. Una delle sfide è stata quella di ritrarre tutto con il più grande realismo possibile. Affrontare la violenza dal mio punto di vista: asciutto, crudo, così com'è nella vita reale. E volevo farlo per mezzo di una trama strutturata e piena di intrighi, unendo la ricerca di realismo e la credibilità con il ritmo e la spettacolarizzazione, propri del film di genere. Il tutto tenendo sempre alta l'attenzione dello spettatore". Un thriller in cui ha deciso di inserire luoghi che sente intimi e familiari, dove è cresciuto ed ha "respirato" da bambino, dai quartieri in periferia ai bar dai pavimenti ricoperti di segatura, passando per la gente che gioca a carte e gli alberghi lungo la strada, ma che, pur rientrando pienamente nel cosiddetto filone dei revenge movie, non vi si incastona adagiandosi in maniera banale sui binari tipicamente exploitation dello spettacolo da schermo a base di cadaveri sparsi e violenza liberatoria da giustizia a tutti i costi. Perché, pur senza rinunciare a sesso e tirate di cocaina, è soprattutto sulla minuziosa costruzione dei diversi personaggi che si concentra la narrazione, divisa in capitoli e volta ad evolversi lentamente all'interno di un contesto non distante, anche nell'estetica, da determinate vicende di malavita ambientate sulle polverose strade del Messico meno rassicurante. E ciò che ne viene fuori è un esercizio di piuttosto lodevole stile che, in un certo senso, nella progressiva evoluzione della follia che lo attraversa sembra quasi richiamare alla memoria l'intramontabile Cane di paglia di Sam Peckinpah.

La vendetta di un uomo tranquillo Convinto che bisogna scavare in fondo alle nostre radici al fine di raccontare una storia che, se davvero si parla di esseri umani, deve necessariamente essere un racconto universale, l’attore iberico Raúl Arévalo esordisce nella regia tramite La vendetta di un uomo tranquillo, storia di rivalsa che si riallaccia al cinema di genere, ma affrontandolo con piglio decisamente personale ed autoriale, senza fare della pur presente violenza l’elemento dominante e volto ad accattivarsi il gusto del pubblico. E diciamo che i diversi premi Goya conquistati dall’insieme appaiono un po’ eccessivi, ma il risultato finale non delude e gli attori funzionano bene quanto i personaggi portati in scena.

6.5

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