La terra e il sangue, la recensione del thriller Netflix

Il regista francese Julien Leclercq scrive e dirige un action-thriller limitato sia nella concezione narrativa che nella relativa messa in scena.

La terra e il sangue, la recensione del thriller Netflix
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Una banda di uomini armati fa irruzione in una stazione di polizia per recuperare un grosso quantitativo di cocaina, durante il colpo però - nel quale perdono la vita alcuni agenti - qualcuno sceglie di tradire i propri compagni e scappare con il bottino. La droga viene nascosta dai fuggitivi nell'auto del fratello di uno di loro, un giovane in libertà vigilata che lavora come operaio nella segheria di proprietà di Said, isolata sui monti. Said ha nel frattempo scoperto che gli rimangono pochi mesi di vita e ha intenzione di vendere l'azienda per garantire un futuro migliore alla figlia, nata sordomuta e orfana di madre.
Proprio mentre si sta accordando per cedere la struttura a un potenziale acquirente, l'uomo scopre lo scottante malloppo nascosto nella vettura del suo dipendente ed è intenzionato a denunciarne il ritrovamento alle autorità.
Ma anche i criminali sono alla ricerca del maltolto e, dopo aver estorto la confessione a un doppiogiochista, si avvicinano ora alla segheria con intenzioni tutt'altro che benevole. Il protagonista si troverà a lottare per la propria vita e a proteggere la figlia contro un gruppo di uomini senza scrupoli.

Niente di nuovo

La terra e il sangue si può considerare il primo passo falso nella carriera del francese Julien Leclercq, capace di spaziare con buoni risultati sia nella fantascienza - con il suo esordio Chrysalis (2007) - che nei classici polar transalpini con titoli come Rapinatori (2015) e in tesi action-thriller ispirati a drammatiche storie vere quali L'assalto (2010). Dopo aver diretto la star del genere Jean-Claude Van Damme nel godibile The Bouncer (2018), il regista si approccia al mondo del piccolo schermo con questo film pensato per il mercato televisivo e distribuito come originale da Netflix. Il protagonista Sami Bouajila, attore feticcio dell'autore e volto carismatico del "cinema criminale" nazionale, è qui alle prese con una vicenda come tante altre, narrativamente lineare e scevra da qualsiasi introspezione psicologica.
Le dinamiche che legano la storia sono infatti troppo semplici per garantire un minimo di coinvolgimento sul destino delle figure coinvolte e la scarsa durata (80 minuti circa) dell'operazione non fa che confermare l'eccessiva leggerezza di un insieme più affine agli standard di un compitino girato in fretta e furia che di una pellicola ambiziosa.

Uno svolgimento monocorde

La pressoché totalità della visione è caratterizzata dall'estenuante resa dei conti tra il tormentato Said e la banda di spacciatori che prende di mira la sua segheria. L'ambientazione ridotta, con i boschi quale spoglio contorno per improvvisate fughe a rotta di collo, si rivela l'ennesimo limite di una narrazione priva di varietà. Una manciata di discrete sequenze action, alcune sorrette da una gustosa dose di violenza, non possono nascondere la pochezza di fondo complessiva, tanto che lo stesso fotogramma finale esemplifica bene la premura nel chiudere una vicenda mal organizzata a livello narrativo. Le dinamiche da pseudo-western, in una sorta di lotta impari con Il mucchio selvaggio (1969) o Butch Cassidy (1969), finiscono ben presto per perdere di interesse vista la prevedibilità dell'assunto.
Il fatto che all'interno di queste sia coinvolto un solo personaggio dei "buoni" depotenzia la tensione a tema e i colpi di scena, lasciando alle sparatorie e alle rese dei conti il compito di scovare un intrattenimento robusto quanto basta. Un tentativo purtroppo fallito, che rende La terra e il sangue uno dei tanti film Netflix "usa e getta" dei quali non si sentiva il bisogno.

La terra e il sangue Un action-thriller incapace di trovare una propria identità, soprattutto per via di una sceneggiatura appena abbozzata che rende gli 80 minuti di visione un'estenuante resa dei conti tra il protagonista e una banda di criminali, limitata per di più a un'unica ambientazione. La terra e il sangue è girato da un regista che, nella sua carriera da onesto mestierante, si trova per la prima volta alle prese con una sceneggiatura - da lui stesso curata - priva di stimoli e colpi di scena, capace di sprecare anche un volto simbolo del thriller d'Oltralpe quale il franco-tunisino Sami Bouajila.

5

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