Recensione La spia - A most wanted man

L'ultima interpretazione di Philip Seymour Hoffman è davvero... immensa!

Recensione La spia - A most wanted man
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Se non si fosse trattato del film custode dell'ultima, magistrale interpretazione di Philip Seymour Hoffman, La Spia - A Most Wanted Man non sarebbe mai stato così tanto sotto i riflettori. E invece, al lavoro di Anton Corbijn è toccata una pesante e decisamente inaspettata responsabilità: rendere omaggio a un eccellente attore, immenso nelle sue interpretazioni passate, tanto da aver lasciato un enorme buco all'interno del panorama cinematografico moderno. E, come se non bastasse, La Spia si presenta sul grande schermo in un momento molto delicato dal punto di vista sociale e politico, divenendo ancora più testimonianza involontaria di qualcosa di più importante. Di chi ci possiamo fidare? Di chi dovremmo avere paura? Queste sono solo alcune delle domande attorno alle quali gira l'intero intreccio della pellicola, adattamento cinematografico di uno dei lavori dello scrittore britannico John Le Carrè. Ed è proprio al suo lavoro che bisogna pensare profondamente prima di avvicinarsi a questo film, perché quando si parla di spie, la nostra mente inizia subito a formulare immagini che si muovono in modo febbrile sullo schermo, inseguimenti, appostamenti, discussioni... insomma una continua corsa contro il tempo. Cosa che avviene anche nel lavoro di Le Carrè, ma in modo completamente diverso, focalizzandosi più sulle metodologie e imperfezioni dei suoi personaggi, che sul loro modus operandi. Per questo, fin dall'inizio La Spia - A Most Wanted Man si presenta come un film atipico nel suo genere, anche se perfettamente in linea con la narrativa dell'autore e la poetica del regista.

Al centro della rete

Gunter Bachmann (Philip Seymour Hoffman) è il capo di una piccola organizzazione anti-terrorista con sede ad Amburgo. La città, per secoli, ha accolto immigrati, soprattutto provenienti dalla vicina Turchia e dal Nord Africa ma, dopo l'11 settembre, il suo ruolo come centro in cui i terroristi pianificano la loro diabolica trama ha creato un generale senso di sfiducia verso gli stranieri che si aggirano per le sue strade. E questo la rende terreno fertile per le ricerche di Bachmann, che sono però viste con poco entusiasmo dalla più vasta comunità dell'Intelligence tedesca, che mal vede il suo approccio soft e la concentrazione su un gioco a lungo termine. Loro, invece, hanno bisogno di risultati, immediati e plateali, da lanciare in pasto ai media e che siano in grado di fornire un certo senso di sicurezza alla società. Quando all'improvviso in città arriva il misterioso Issa Karpov (Grigory Dobrygin), Bachman si mette sulle sue tracce, cercando di manipolare tutte le persone che gli si muovono attorno per vedere fin dove questa traccia può portarlo. Il suo obiettivo? Giocare con i pesci piccoli per raggiungere, a suo tempo, quello più grande.

L’ultima grande interpretazione

Protagonista di La Spia - A Most Wanted Man è la solitudine del genere umano: nessuno si fida di nessuno, tutti hanno costantemente paura e sono pronti a tradire il prossimo, bisogna costantemente guardarsi le spalle, perché chiunque potrebbe tradirti. Ma, ovviamente, il nostro sguardo non può che essere catturato da Philip Seymour Hoffman, nella sua ultima eppure straordinaria interpretazione. Gunter Bachmann è un individuo inusuale, diffidente e dal carattere difficile, è geniale, ma non tutti riescono a vedere le sue stesse cose e, per questo, spesso non lo capiscono. E l'attore riesce a portarlo sullo schermo con una potenza e una profondità magistrali che, purtroppo ma inevitabilmente, surclassa e oscura le performance del resto del cast, nonostante i grandi talenti presenti. Hoffman, come ammette anche il regista Anton Corbijn, era una potenza a parte: "Non saprei da che parte iniziare quando penso a ciò che ci ha lasciato in eredità, che è immenso sia per portata che per profondità. Ma questo già dice molto sulle sue scelte. Era il miglior caratterista che io riesca a immaginare e, se si pensa anche solo ai suoi ruoli minori, quelle sole performance lo distaccano dai suoi contemporanei. La sua forza consisteva in un'immersione totale nel ruolo ed in una completa assenza di vanità. Al contempo, odiava ciò che amava, che era la sua maledizione. Si faceva a pezzi per le sue interpretazioni". Nella pienezza di queste parole si percepisce il rispetto e l'ammirazione del regista per il suo attore protagonista, sentimenti che, dopo averlo ammirato in La Spia, non possiamo che condividere pienamente. Il film, probabilmente, non è adatto a tutti, visto il suo ritmo cadenzato e inusuale per una storia di spionaggio e l'attento studio fotografico volto a dare spessore e carattere anche alla scena più immobile, ma tutti saranno d'accordo nel sostenere che è il perfetto omaggio alle capacità recitative di un grande uomo, di cui il cinema già sente troppo la mancanza.

La spia - A most wanted man La Spia - A Most Wanted Man è un eccitante thriller di spionaggio e un ritratto della solitudine: già l’accostamento di questi due concetti per spiegare un film, dovrebbe farvi capire davanti a che genere di pellicola ci troviamo. Studiato, mentale, immobile, il progetto preferisce concentrarsi più sulla psicologia dei personaggi che sulla quantità d’azione che la storia potrebbe offrirgli. Non è questo che interessa mostrare al regista, non è questo che ha raccontato l’autore. E, nonostante i molti tagli (c’è un intero aspetto della storia del libro che nel film non viene per niente affrontato), rimane incredibilmente fedele all’intento dell’originale. E non è questa la cosa più importante per un adattamento cinematografico?

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