La ragazza nella scatola, la recensione del thriller con Addison Timlin

Nel maggio del 1977 la ventenne Colleen Stan viene rapita mentre fa autostop e reclusa dai suoi rapitori in una scatola di legno.

La ragazza nella scatola, la recensione del thriller con Addison Timlin
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Maggio 1977. La ventenne Colleen Stan sta facendo autostop dall'Oregon per raggiungere la California e far visita ad alcuni amici, nonostante il parere contrario del padre. Quando si trova a circa quaranta miglia dalla sua destinazione, la ragazza accetta un passaggio da una coppia, Cameron e Janice Hooker, che sembra affabile e di buone maniere. In La ragazza nella scatola, la protagonista scopre ben presto come la decisione non sia stata delle più sagge: dopo aver fatto una deviazione in aperta campagna, infatti, i due coniugi la rapiscono e la conducono, legata e imbavagliata, nella propria dimora.
Qui l'inerme vittima viene rinchiusa per 23 ore al giorno in una scatola delle dimensioni di una bara, nascosta a occhi indiscreti nella stanza da letto dei suoi rapitori. Cameron la trasforma così nella propria schiava, sostenendo che una fantomatica Compagnia diramata in vari angoli del Paese - e di cui egli farebbe parte - controlli la polizia e l'opinione pubblica, facendole di fatto perdere la speranza di ogni possibile richiesta d'aiuto o via di fuga.
E mentre Janice, fervente credente, combatte ogni giorno una battaglia morale contro i propri dogmi religiosi, Colleen si adatta sempre di più alla nuova situazione e perde la cognizione del tempo.

Quando la realtà supera l'horror

Prende spunto da una drammatica storia vera questo film per la televisione battente bandiera canadese e andato in onda Oltreoceano sul canale tematico Lifetime, la cui maggior parte della programmazione è appunto costituita da produzioni ispirate a fatti di cronaca realmente accaduti. Nel 1977 Colleen Stan venne rapita e segregata per oltre sette anni, patendo un'esperienza definita incomparabile per durezza e crudeltà dagli stessi resoconti dell'FBI.
Il cinema si era già occupato del caso nell'horror mockumentary The Poughkeepsie Tapes (2007), nel 2016 invece anche il piccolo schermo ha partorito la propria versione della storia, in questo caso molto più realistica e affine al dramma vissuto dalla malcapitata protagonista.

Salvo qualche discordanza nelle fasi finali della prigionia, i novanta minuti di visione ripercorrono con una certa fedeltà le traumatiche situazioni subite dalla ragazza, raccontando tutte le varie fasi di quel periodo lunghissimo trascorso come schiava.
Il regista e sceneggiatore Stephen Kemp, in seguito tornato su argomenti similari con un altro kidnap-movie più recente, ossia Nascosti per sempre (2018), si dimostra abile nel gestire toni e tempi, con la tensione emotiva e psicologica che tocca alti livelli in più occasioni, creando un saldo e toccante legame empatico con lo spettatore.

Il volto del male

A livello narrativo il rischio monotonia non è purtroppo del tutto scampato, ma era altresì difficile creare varietà in un impianto base così semplice ed elementare nel quale, di fatto, vi sono soltanto due momenti chiave all'interno della vicenda, più una manciata di sequenze visionarie che tentano di speziare leggermente il contesto predominante. Proprio per questo il lavoro di messa in scena, e relativa cura dei tre personaggi principali, va lodato più del previsto per via dell'interesse e della suspense che rimangono costanti fino ai titoli di coda (con tanto di scritte in sovrimpressione che ci informano sul destino successivo delle figure coinvolte).

Un merito da condividere con le intense performance del cast, capace di sfumare e infondere personalità ai rispettivi alter-ego: se Addison Timlin si adatta con sofferta diligenza allo sfortunato ruolo, a spiccare sono soprattutto Zane Holtz e Zelda Williams (figlia d'arte del compianto Robin), perfetti nel dar vita a due figure tanto odiose quanto sfaccettate, ricche di nevrosi e occhiate che gelano al primo sguardo.
La violenza fisica e le scene più crude sono lasciate sempre fuori campo ma la sensazione di inquietudine è una precisa costante che caratterizza l'aspra drammaticità della storia raccontata.

La ragazza nella scatola Un thriller psicologico che sfocia nell'horror, poiché il materiale narrativo è ispirato a una tragica storia vera, quella inerente alla segregazione della giovane Colleen Stan, rapita e torturata dai suoi sequestratori per un lunghissimo periodo di tempo alla fine degli anni '70. La ragazza nella scatola, vista anche la destinazione televisiva, non esagera mai nel mostrare le violenze fisiche subite dalla giovane ma affonda comunque dal punto di vista psicologico, riuscendo a restituire un'atmosfera intensa e straziante delle infinite giornate trascorse in condizione di prigionia e schiavitù. La parziale monotonia del racconto è compensata dalla solida regia e dalle ottime performance del cast, adattatosi al ruolo di mostri e sfortunata vittima con il corretto approccio. Il film andrà in onda martedì 11 giugno alle 21.15 su CIELO in prima visione TV.

6.5

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