Recensione La mia classe

Daniele Gaglianone racconta, a metà tra realtà e fiction, l'alfabetizzazione 2.0 in una classe mista

Recensione La mia classe
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Magari non sono in molti a esserne a conoscenza, ma, al di là della massiccia presenza di bambini stranieri nella scuola dell’obbligo italiana, esiste un altro esercito di studenti di età, sesso e, soprattutto, provenienza diversa che frequenta i corsi di lingua e cultura nostrana organizzati da CTP (Centro Territoriale Permanente), più o meno note associazioni di volontariato, scuole private e pubbliche.
E’ tra queste non convenzionali mura scolastiche che nasce La mia classe, che, diretto dall’anconetano Daniele Gaglianone autore, tra l’altro, di Nemmeno il destino (2004) e Pietro (2010), si propone come un vero racconto da schermo atto a seguire il percorso della quotidiana vita dei ragazzi, con le loro famiglie e comunità, e dell’insegnante, fornito dei propri slanci e della sua tagliente ironia, ma anche dei dubbi e delle paure di chi si rende conto di trovarsi a costruire l’Italia che sarà.
Un insegnante cui concede anima e corpo l’infallibile e tre volte vincitore del David di Donatello Valerio Mastandrea, il quale si lascia coinvolgere nel tripudio di storie e testimonianze rilasciate dalla combriccola di extracomunitari impegnati a mettere in scena se stessi.

Rapporti extraco...munitari

Perché, sebbene, inizialmente, si possa pensare che l’opera in questione sia classificabile all’interno della categoria dei documentari, s’intuisce presto che, invece, è un particolare, interessante esperimento quello che scorre sullo schermo.
Un interessante esperimento che porta Gaglianone - dopo essersi occupato di storie di periferia urbanistica e complicati rapporti tra fratelli precari - a concretizzare un’operazione in cui recitazione e, addirittura, stralci di dietro le quinte vengono fusi con le realtà di esseri umani veri e tutt’altro che appartenenti alla finzione cinematografica.
Un’operazione, quindi, che non è soltanto un film nel film, ma provvede anche e soprattutto a imbeversi di forte impegno sociale, tirando progressivamente in ballo tragici resoconti di vita vissuta e conversazioni riguardanti gli affitti delle abitazioni e, inevitabilmente, i rinnovi dei permessi di soggiorno.
E bisogna dire che, man mano che vediamo i protagonisti impegnati a effettuare finte prove di colloqui di lavoro e che i dialoghi arrivano addirittura ad offrire occasioni per sorridere, non tarda a farsi viva l’impressione che La mia classe possa essere una delle più riuscite prove del cineasta indipendente; soprattutto se teniamo in considerazione il fatto che la precedente fu il pessimo Ruggine, tratto da un romanzo di Stefano Massaron e interpretato dallo stesso Mastandrea.
A lungo andare, però, l’oltre ora e mezza di visione, pur risultando superiore ad altri suoi lavori, non può fare a meno di apparire eccessivamente monotona... fino ad arrivare a scadere sull’immancabile luogo comune del poliziotto italiano arrogante e cattivo impegnato a tormentare l’immigrato buono e vittima.

La mia classe A due anni da Ruggine (2011), tratto da un romanzo di Stefano Massaron e che incluse nel cast Valeria Solarino, Stefano Accorsi, Filippo Timi e Valerio Mastandrea, Daniele Gaglianone torna dietro la camera di ripresa per coinvolgere il protagonista de La prima cosa bella (2010) e Gli equilibristi (2012) in un atipico esperimento da schermo volto a fondere finzione e realtà e finalizzato a raccontare il quotidiano vivere degli immigrati impegnati ad apprendere la lingua italiana. Esperimento che, complice la presenza d’indispensabile ironia, riesce inizialmente a coinvolgere e ad apparire interessante, per poi finire fagocitato nella morsa della monotonia e dei luoghi comuni.

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