Recensione La città verrà distrutta all'alba (1973)

Uno degli migliori film di George A. Romero al di fuori della saga dei morti viventi

Recensione La città verrà distrutta all'alba (1973)
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Niente introduzioni, titoli di testa o altro. Direttamente una casa immersa nella notte, dentro due bambini che giocano a nascondino armati di torcia elettrica. All'improvviso dei rumori violenti, qualcuno sta distruggendo una delle stanze. È il padre dei due bambini, cerca di dare fuoco alla casa urlando frasi sconnesse, la moglie giace strangolata nel letto. È il primo degli infetti, dei "crazies" che popolano Evans City, quella che un tempo era solo un'altra piccola e tranquilla cittadina della Pennsylvania. Così inizia La città verrà distrutta all'alba, senza fronzoli o premesse, direttamente nel panico dell'azione. Tutto il film del resto non conosce un attimo di pausa, è una corsa del gatto col topo, accentuata da un montaggio nervoso e serrato che lascia lo spettatore senza fiato. Pur proseguendo oltre la prima notte raccontata (al contrario di quanto il titolo italiano, pur suggestivo, potrebbe far presagire), il quarto film di George A. Romero è una corsa senza sosta sui binari della follia, la cronaca di un tentativo goffo, disorganizzato e spesso irresponsabile di arginare una crisi batteriologica. Un incidente aereo ha infatti provocato la fuoriuscita di una letale arma chimica, il virus ribattezzato Trixie, finto vaccino capace in realtà di alterare il cervello degli infetti provocando stati di pazzia e violenza, e infine la morte. Il virus è penetrato nelle falde acquifere; solo una corsa contro il tempo può arginarne la diffusione. Tuttavia l'arrivo massiccio dell'esercito rischia di far degenerare del tutto la situazione: la lotta all'epidemia assume sempre più i connotati di una guerra civile.

il contagio della follia

Scritto e diretto da Romero nel 1973, La città verrà distrutta all'alba appartiene a quel gruppo di film che, nonostante siano firmati dal rinomato padre degli zombie, tendono a venire coperti dalla fama conquistata dalla celebre saga dei morti viventi. Grazie ai rari passaggi televisivi, però, è possibile riscoprire una delle opere più interessanti del regista americano, nuova riproposizione di quel lucido antimilitarismo e pacifismo che ne caratterizza tutta la produzione, e che emerge in particolare in titoli come questo o nello splendido Il giorno degli zombie. La città verrà distrutta all'alba infatti racconta una società in cui il virus Trixie permette di portare alla luce uno stato di incontrollabile violenza. Non solo l'esercito pare incapace di rispondere in maniera adeguata all'emergenza, ma alcuni dei soldati vengono visti depredare cadaveri, mentre in generale la totale disorganizzazione e l'imporsi di procedure marziali sembrano compiere più danni che altro. Ma l'intento di Romero non va visto come un semplice attacco alla struttura militare, la sua è una rappresentazione amara ma lucida dell'intera società, attraversata da tensioni sociali straripanti. I giovani civili in rivolta a causa del virus ricordano infatti i manifestanti sessantottini, autori di uno scontro totale contro le forze dell'ordine. Preda dell'emergenza batteriologica, la città di Evans sembra rievocare uno scenario da Vietnam (il film è girato negli ultimi anni di guerra) per quanto è feroce e violento il rapporto tra gli infetti e chi dovrebbe di fatto salvarli. L'incomunicabilità tra i due fronti sembra non avere soluzione, tanto da rendere ambiguo e carico di senso il titolo originario del film, The crazies. In una situazione estrema come questa, chi sono i veri pazzi?

La citta verrà distrutta all'alba Uno dei migliori film di Romero al di fuori della saga dei morti viventi, La città verrà distrutta all'alba è un film di denuncia vestito da horror, intenzionato a sfruttare gli elementi del genere per dare una rappresentazione delle tensioni che attraversano la società americana nel pieno del conflitto vietnamita.

7.5

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