Recensione La Città Ideale

Luigi Lo Cascio esordisce alla regia con un'opera di matrice kafkiana

Recensione La Città Ideale
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Arriva a Venezia 69 l’esordio alla regia di Luigi Lo Cascio, attore tra i più apprezzati della sua generazione. Lo Cascio non ha certo bisogno di troppe presentazioni - ha lavorato, tra gli altri, con Marco Tullio Giordana ne La meglio gioventù, ruolo che lo ha lanciato, e poi con Piccioni, Comencini, Torre, Avati, Tornatore, Martone - ma a catturare il nostro interesse in questa sede è una sua esperienza lavorativa del 2005, anno in cui scrive e interpreta Nella tana, monologo tratto da un racconto di Franz Kafka. Proprio lo scrittore boemo rappresenta in gran parte una fonte di ispirazione per le atmosfere surreali e angoscianti de La città ideale, che gli hanno valso il suo posto nella prestigiosa selezione della Settimana della Critica.

L’architetto Michele Grassadonia (Lo Cascio) è un fervente ecologista. Molto tempo fa ha lasciato Palermo per trasferirsi a Siena, che lui considera, tra tutte, la città ideale dove abitare. Da quasi un anno porta avanti un esperimento nel suo appartamento: riuscire a vivere in piena autosufficienza, senza dover ricorrere all’acqua corrente o all’energia elettrica. Non usa mai la macchina, ma una sera, ‘costretto’ dal suo capo a spostarsi in auto per una questione personale, resta coinvolto in una serie di accadimenti confusi e misteriosi. Sulla strada compare una forma indistinta, somigliante a un sacco. Michele inizialmente tira dritto ma, fissato com’è con l’ambientalismo, torna indietro per spostarlo. Ma quel che sembrava un semplice sacco è in realtà un corpo. Il corpo di un uomo gravemente ferito e abbandonato dopo un incidente. Michele lo soccorre, ma per una serie di assurde coincidenze finirà per essere incolpato dell’accaduto, finendo indagato per omicidio colposo. Da questo momento in poi, la sua esperienza felice di integrazione nella città ideale comincia seriamente a vacillare. C’è ‘Il processo’, naturalmente, in questo convincente thriller psicologico che rinuncia a facili sperimentalismi in favore di un linguaggio asciutto e intrigante, ma c’è anche il Bellocchio de L’ora di religione, con l’angosciosa follia cospiratoria nei confronti dell’innocente protagonista. “La scrittura è sempre un'esperienza personale - dice Lo Cascio in conferenza - Kafka o Pirandello sono autori che certamente mi piacciono, che mi hanno formato, sicuramente c'è qualcosa di loro nella scrittura del film, nel suo punto di vista. Ma non sono stati i riferimenti costanti. Certo il film racconta l'assurdo kafkiano, il ritrovarsi in una situazione che a poco a poco mostra i tratti dell'incubo”.

La Città Ideale Molti sono i punti a favore di questo esordio tutt’altro che scontato. Lo Cascio ha messo a frutto quanto acquisito da anni di esperienza come attore costruendo un racconto dell’assurdo asciutto e angosciante, che rimanda tanto a Kafka quanto a Pirandello e al Bellocchio ‘noir’ de L’ora di religione. Raramente le opere prime sono perfette, ma questo film compatto e intrigante si avvicina di molto a quello che potrebbe essere il ‘debutto ideale’.

7

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