La quindicenne Kayla è vittima di una difficile situazione familiare, con il divorzio dei genitori che ha influito sul suo umore e sul relazionarsi coi coetanei. Un giorno si trova in macchina insieme al padre Jay per recarsi a un corso di danza quando una compagna di classe, la bella Britney, sale con loro per un passaggio. Durante il tragitto le due ragazze chiedono di fermarsi sul ciglio della strada per un'impellenza, ma Jay non vedendole tornare decide di cercarle.
Poco dopo nei pressi di un ponte trova Kayla in stato di profondo shock, causato secondo quanto sostenuto da quest'ultima dal fatto di aver accidentalmente spinto l'amica giù nel fiume. Per proteggere la figlia l'uomo decide di non denunciare l'accaduto e, in accordo con la moglie, di cercare di insabbiare il tutto. Ma il padre di Britney, che non la vede rientrare a casa da diverse ore, inizia a essere sempre più sospettoso.
La casa degli orrori
Fa parte degli annunciati titoli horror del progetto Welcome to Blumhouse, così come il recentemente uscito Ritrova te stesso, ma in quest'occasione non vi è nulla che possa assimilarlo al relativo genere. La bugia ci trascina infatti sì nell'orrore, ma quello molto più reale e tangibile di una situazione familiare messa agli estremi da un evento imprevisto, facilmente contestualizzabile a contemporanei casi di cronaca nera.
L'omicidio che la giovane figlia dei protagonisti - un'ottima Joey King - commette nelle fasi iniziali si ripercuote prepotentemente nell'arco di tutto il film e apre a spunti etici di riflessione che si ammantano di diverse sfumature e chiedono allo spettatore di tentare di identificarsi nelle figure del padre e della madre, pronti a tutto pur di proteggere la loro bambina.
La regista Veena Sud ritorna sul luogo del delitto dopo il precedente The Salton Sea (2016), incentrato a sua volta su simili tematiche, e dimostra un certo polso nel tenere insieme la storia e il carattere dei personaggi.
Guardare nell'abisso
Va detto che la sceneggiatura, riadattamento della pellicola tedesca We Monsters (2015), non fa nulla per compiacere lo spettatore, che si troverà in più occasioni a provare una sincera repulsione per i tre personaggi principali, e la comprensione verso questi si ammanta di scomode derive empatiche che pongono il pubblico di fronte al medesimo dilemma: come a dire, facile giudicare quando non ci si trova coinvolti in prima persona.
La bugia riesce a creare quel senso di papabile disagio, per poi ammantarsi di toni beffardi e amarissimi nei minuti finali.
La tensione psicologica è costante e proprio grazie a ciò viene facile chiudere un occhio sulla parziale monotonia dell'intreccio.
La partitura emotiva è magnificamente sorretta dalle intense interpretazioni di Mirelle Einos e Peter Sarsgaard, senza i quali il racconto avrebbe probabilmente perso di credibilità già dopo l'evento scatenante.