La Befana vien di notte, la recensione del film con Paola Cortellesi

Michele Soavi firma un'operazione ibrida, sospesa tra accenni dark e sussulti più leggeri, incentrata sull'arzilla vecchietta del nostro folklore.

La Befana vien di notte, la recensione del film con Paola Cortellesi
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I suoi piccoli alunni la adorano e un collega le ha appena proposto di sposarla: la vita della maestra Paola sembrerebbe andare di bene in meglio, ma c'è un segreto che la donna non ha mai confessato. Sotto le incognite sembianze da quarantenne nasconde quelle ben più inquietanti e secolari della leggendaria Befana, l'arzilla vecchietta che a bordo di una scopa consegna doni ai bambini di tutto il mondo.
Una sera, un bambino della sua classe la riprende nelle vesti stregonesche mentre fa ritorno alla sua rustica dimora e diffonde il filmato su YouTube.
Da quel momento le notizie di presunti avvistamenti della Befana si moltiplicano in ogni angolo del mondo, riattirando su di lei le losche attenzioni del misterioso Mr. Johnny, un giocattolaio che intende rapirla per prenderne il posto.

Tra sacro e profano

Certo non sarà un'Epifania come tutte le altre, la prima in zona rossa che il nostro Paese si aspetta a vivere sotto auspici tutt'altro che tranquillizzanti. Ma una delle feste sempre care ai bambini di oggi, e a quelli di un tempo diventati adulti o genitori, non può certo passare di moda, pandemia o meno che sia.
E allora quale occasione migliore di sedersi davanti alla televisione con tutta la famiglia per vedere un'inedita incursione a tema del cinema di genere nostrano, uscita nelle sale durante il periodo festivo del 2018?
La Befana vien di notte non è un film perfetto, troppo schiavo di logiche da primetime che castrano i sussulti potenzialmente più dark e scomodi, ma nella sua ora e mezza di visione cerca almeno di proporre qualcosa di nuovo nello spesso asfittico panorama commerciale della scena nazionale.
E soprattutto segna il ritorno alla regia di un lungometraggio di Michele Soavi, a dodici anni di distanza da Il sangue dei vinti (2008) e dopo un lungo pellegrinaggio in episodi di serie televisive più o meno fortunate.

Soavi, autore di cult horror sempre troppo sottovalutati come La Chiesa (1989) o la prima incarnazione apocrifa di Dylan Dog su grande schermo ossia Dellamorte Dellamore (1994), prova qui a trasformare un prodotto destinato al grande pubblico in una sorta di ibrido tra atmosfere più cupe e sussulti da commedia moderna, dando vita a un titolo parzialmente sgangherato ma con una manciata di momenti riusciti.

Omaggi e limiti

Sin dal prologo ambientato in un recente passato si nota questa voglia di sorprendere, con la missione della protagonista intenta a lasciare i doni mentre i bambini dormono, salvo dimenticarsene uno per via di un cagnolino dispettoso. Sarà proprio questo l'evento scatenante che darà origine al macchiettistico villain della vicenda, quel Mr. Johnny ricalcato giocosamente su vesti caricaturali e acerrima nemesi con cui fare i conti.
Laddove si respira una certa assuefazione e dove la sceneggiatura paga dazio, dopo circa vent'anni dall'onnipresente dominazione delle fiction televisive, è nella gestione dei personaggi secondari, tra dialoghi banali e poco credibili e una serie di sviluppi interpersonali che seguono i canonici binari della retorica nazional-popolare.
La Befana vien di notte soffre dall'inizio alla fine di questa anima a metà, denotando una mancanza di omogeneità nell'obiettivo di non scontentare nessuno, finendo però per non convincere mai pienamente i diversi tipi di pubblico a cui si rivolge.

Il tentativo di Soavi di immergerci in un immaginario figlio di quel retaggio anni '80 passa per le biciclette su cui viaggiano spediti i ragazzini in missione di salvataggio e per quei vaghi tocchi che in un paio di sequenze rimandano a echi burtoniani, salvo poi lasciarsi andare in scontatezze schiave di un humor abbottonato e prevedibile, questa una colpa maggiormente imputabile allo script di Nicola Guaglianone, che pur aveva curato anche quello ben più incisivo di un certo Lo chiamavano Jeeg Robot (2015).

L'anima più leggera, condita anche da bizzarri spezzoni musical, si alterna così a dinamiche più frenetiche e vagamente action anche se si sarebbe potuto insistere maggiormente sui poteri della Befana, realizzati più che discretamente per quanto mostrato.
Ed ecco così che la scopa diventa fondamentale attrezzo magico, sia che venga usato come arma bianca a distanza che nell'inseguimento volante che strizza l'occhio al quidditch di Harry Potter.

La notte è oscura e piena di terrori

Se nella sua duplicità di aspetto la protagonista non può certo paragonarsi alle mostruose sembianze di una Melisandre in Game of Thrones, il trucco è comunque di buona fattura. Semmai è poco equilibrato e omogeneo il modo in cui vengono gestite le trasformazioni della suddetta, che di sovente senza un reale motivo si trova davanti allo schermo con uno o l'altro aspetto. Per la maggior parte del minutaggio il volto è comunque quello rassicurante di Paola Cortellesi, che si presta con diligenza al ruolo anche se ben lontana dalle sue performance migliori.
E alla fine dei conti, come abbiamo enunciato nel corso di tutta la recensione, La Befana vien di notte si rivolge chiaramente a un altro target, quello da prima serata delle reti generaliste, con tutti i pro, ma maggiormente con tutti i limiti, che da questo ne conseguono.

La Befana vien di notte Di certo una Befana così non si era mai vista prima al cinema. Vuoi perché questa figura folkloristica, pur di ispirazione nord-europea, è consolidata quasi esclusivamente nella nostra penisola, vuoi perché fino a oggi la tipica iconografia rappresentata sul grande schermo era più accomodante e al servizio di storie dal sapore classico. Quello di Michele Soavi resta perciò un tentativo da apprezzare, nonostante le evidenti ingenuità che si palesano nel corso dell'ora e mezza di visione e dovute per gran parte a quel successo commerciale che la produzione richiedeva fin dalla messa in atto del progetto. Il regista milanese, che in passato ha firmato pagine importanti dell'horror tricolore, ha dovuto così affievolire lo stile più dark che caratterizza il suo cinema, non rinunciando comunque a soluzioni che strizzano l'occhio al genere e agli Anni Ottanta ma dovendo pagare il prezzo della destinazione nazional-popolare dell'operazione. La Befana vien di notte risente il peso di dover piacere al grande pubblico, con dialoghi e forzature narrative, ma qualche sussulto visionario e vagamente lugubre fa capolino qua e là, con tanto di parziali rimandi al moderno filone fantasy e supereroistico nella messa in scena delle dinamiche action. Paola Cortellesi come protagonista è la scelta ideale per attirare le simpatie degli spettatori televisivi e indossa le sue duplici vesti con il corretto aplomb, pur al netto di soluzioni narrative non sempre chiare e coerenti. Senza troppe pretese, il film è in grado di divertire il principale target di riferimento.

6

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