Recensione L'ultima Legione

L'Impero Romano è caduto ed è rimasta una sola legione a difenderne la memoria

Recensione L'ultima Legione
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Un prode soldato, una bella guerriera, un santone e un bambino destinato a regnare su di un impero in rovina. In queste poche parole si può condensare la trama de L'Ultima Legione, l'ennesima produzione fantastorica di Dino de Laurentis, tratta dal best seller di Valerio Massimo Manfredi.Siamo nel tardo V secolo, l'Impero Romano d'Occidente è ormai vicino allo sfascio, sotto la spinta dei Goti e degli altri popoli barbari. Proprio in questo difficile momento storico viene eletto al soglio di Cesare Romolo Augusto (Sangster), ragazzino dodicenne ancora sotto la tutela del suo Maestro - filosofo Ambrosinus (Kingsley). Quando il re dei Goti, Odoacre (Mullan), farà cadere le difese romane, il giovane sarà costretto a fuggire dall'Urbe, insieme ad un manipolo di pochi fedelissimi soldati, alla volta della Britannia, inseguendo il mito di una spada che si dice fosse stata forgiata per Caio Giulio Cesare.

Il film si presenta dunque come una sorta di road - movie ante litteram, raccontando il viaggio dell' "ultima legione" dalla penisola italiana fino alle bianche scogliere di Dover; il problema è che il regista, l'esordiente e pessimo Doug Lefter, non ha saputo dare un filo logico alle peregrinazioni di Romolo e soci, basando l'intero film sulla banale sequenza "ambientazione nuova - battaglia - ambientazione ancor più nuova - battaglia" e via di questo passo. L'intera pellicola dunque sembra una serie abbastanza sconclusionata di risse in cui i buoni (belli, con la barba rasata ed i capelli ben pettinati) sconfiggono frotte di cattivi (brutti, sporchi e stupidi) combattendo con uno stile che sarebbe più adatto ad un film orientale che ad un'epopea romana.Ma, se si può passar sopra alle evidenti concessioni che regista e produzione hanno fatto al grande pubblico, non si può negare come il film manchi completamente di una struttura portante, presentando personaggi talmente poco carismatici da risultare quasi fastidiosi e non approfondendo per nulla il discorso psicologico di nessuno di loro. I vari attori recitano ognuno la loro parte senza metterci un briciolo di impegno, a partire da Firth che, nel ruolo del comandante senza macchia e senza paura, risulta parodisticamente impacciato e ridicolo; per non parlare dei comprimari, ridotti a semplici macchiette prive di qualsivoglia spessore e destinate solamente al macello sul campo di battaglia (il soldato giovane e strafottente, il gigante buono, e via discorrendo). Dalla mediocrità generale emerge però, fra tutte le altre, la squallida interpretazione della Rai (attrice simbolo di Bollywood) che, stretta in un corpetto che ne esalta le belle forme, mantiene sempre e comunque lo stesso sorriso ebete senza curarsi di quello che le avviene intorno, possa essere una battaglia o un momento di riflessione. Sorvoliamo poi sulla messa in scena degna di una produzione televisiva a basso costo (i mosaici con le scritte in inglese....), con costumi dozzinali e ricostruzioni quantomeno fantasiose delle abitazioni e dei paesaggi del quinto secolo.In definitiva L'Ultima Legione è un film mal fatto, mal girato e mal interpretato. Consigliamo a regista e produttore di rivedersi alcuni capolavori del passato come lo Spartacus di Kubrick, Il Gladiatore di Scott o uno qualsiasi dei kolossal biblici degli anni '50. Ed è la stessa cosa che consigliamo ai nostri lettori nel caso venisse loro un'improvvisa voglia di un revival del periodo romano.

L'ultima Legione L'Ultima Legione è un film che mira in alto, con un cast di volti noti, un ampio budget e pretese autoriali di un certo spessore. Peccato che l'opera manchi in pieno il bersaglio, andando a posizionarsi in quella categoria di emuli mal riusciti de Il Signore degli Anelli e Il Gladiatore, fra citazioni al limite del plagio, dialoghi sconclusionati e battaglie che sfiorano il ridicolo. Ci chiediamo perché de Laurentiis abbia deciso di produrre un simile obbrobrio.

4

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