Recensione L'Era Legale

Napoli in mockumentary

Recensione L'Era Legale
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Da un lato abbiamo il Patrizio Rispo della soap Un posto al sole nei panni del protagonista Nicolino Amore e il Pietro De Silva del benignano La vita è bella (1997) in quelli dell'investigatore Tony Lenza, dall'altro un nutrito manipolo di personaggi impegnati ad interpretare se stessi: dai giornalisti Bill Emmott e Marcelle Padovani agli autorevoli magistrati antimafia Pietro Grasso e Vincenzo Macrì; passando per l'attrice Isabella Rossellini, il cantautore Renzo Arbore, il presidente di Lega Ambiente Francesco Ferrante, Tano Grasso di Libera e gli scrittori Giancarlo De Cataldo e Carlo Lucarelli.
"E' questo che è diventata la criminalità organizzata: un gruppo di persone con un sacco di soldi", inoltre, afferma giustamente quest'ultimo nel corso del quinto lungometraggio diretto dal giornalista satirico classe 1957 Enrico Caria, autore, tra gli altri, del fantascientifico Diciassette (1992), del documentario Vedi Napoli e poi muori (2007) e della commedia pulp Blek giek (2001), interpretata da Lillo e Greg.
Un mockumentary incentrato sulle tragicomiche avventure del succitato Amore, il quale, nella Napoli del 2020, viene condotto dal destino dai Quartieri Spagnoli alla poltrona del sindaco.

Amore... per la politica

Infatti, tra le gaffes del protagonista nella Napoli-bene e lo stesso che si adagia sugli allori, con la bella vita che gli dà alla testa, assistiamo alla sua buffa ascesa; fino al momento in cui si trova a dover fare i conti con il problema dei problemi: il potere della camorra che strozza il capoluogo campano.
E Caria, nel cui curriculum figurano anche collaborazioni con la trasmissione televisiva Le iene, trova perfino il tempo d'introdurre una sorta di parodia del noto show di Mediaset intitolata El condor, i cui inviati consegnano alle "vittime prescelte" il Pesce accannato, ovvero una evidente variante del Tapiro d'oro di Striscia la notizia.
Del resto, in mezzo a malavita che sembra impossibile da battere e una potente "madrina" di camorra che, perduto l'unico figlio per overdose, suggerisce di mandare i clan sul lastrico attraverso la legalizzazione delle droghe, è proprio un look da finta, frenetica inchiesta televisiva quello che finisce per caratterizzare i circa 77 minuti di visione; i quali, paradossalmente, nonostante l'effetto realtà non raccontano altro che una favola.
Una favola ricca di speranza e mirata a ricordare che la furbizia porta all'autodistruzione, mentre, sostenuta da un cast in ottima forma, invita più volte lo spettatore a (sor)ridere grazie all'efficace, intelligente ironia tipica del regista.
Con evidenti situazioni che richiamano grottescamente quello che è stato il periodo della presidenza del Consiglio berlusconiana, ma senza prendere una precisa posizione di parte. Probabilmente perché, come ormai sembra da troppo tempo chiaro, è un po' tutto l'universo politico tricolore a presentare i tanto assurdi quanto criticabili connotati mostrati nella pellicola. Portandoci in maniera obbligatoria a riderci su, come vuole, da sempre, il potere stemperante della commedia italiana.

L'Era Legale Il quinto lungometraggio del romano classe 1957 Enrico Caria, autore, tra l’altro, del Blek giek (2001) interpretato da Biagio Izzo accanto a Lillo e Greg, è un mockumentary volto a raccontare la buffa ascesa di un personaggio partenopeo che, ottimamente incarnato dal Patrizio Rispo di Un posto al sole, passa dai Quartieri Spagnoli di Napoli alla poltrona del sindaco. Con un look generale da veloce inchiesta televisiva che, pur rivelando in alcuni tratti delle incertezze di stile, funziona più che sufficientemente al fine di far riflettere lo spettatore divertendolo; tra parodie di trasmissioni del piccolo schermo e ironiche denunce all’universo politico delle “bonazze”.

6.5

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