Recensione L'Amore Secondo Dan

Lui, lei e l'altro in una commedia banale e mai convincente

Recensione L'Amore Secondo Dan
Articolo a cura di

Steve Carell è uno dei pochi comici americani che non gioca tutte le sue carte su battute facili o gag idiote, e invece riesce a risultare più simpatico che ironico, avvalendosi di una mimica facciale non indifferente che gli permette di passare con facilità dai ruoli più demenziali a quelli drammatici. Lanciato al successo da 40 Anni Vergine, e in seguito consacrato da quel piccolo gioiellino di Little Miss Sunshine, eccolo ora tornare con un'altra commedia sui generis, scevra da stupidità di sorta e carica di una forte, anche se non riuscitissima, atmosfera pseudo drammatica.

Dan Burns (Steve Carell) è un padre rimasto vedovo e con a carico tre figlie con cui non è in buoni rapporti. Una gli rinfaccia il fatto di non averle ancora insegnato a guidare nonostante abbia quasi raggiunto l'età per la patente, l'altra ha dei contrasti per la storia con un suo giovane coetaneo e la più piccola sostiene che a volte non sia un buon papà. L'occasione per fortificare di nuovo i rapporti arriva con un gita a Rhode Island dai genitori di lui, un vero e proprio ritrovo di famiglia. Durante un salto in città, Dan incontra in una libreria la bella e simpatica Marie (Juliette Binoche), della quale si invaghisce pur scoprendo che lei ha già una relazione in corso. Tornato a casa, e spinto dai familiari a incontrarla di nuovo, scopre però che Marie è l'attuale fidanzata del fratello Mitch (Dane Cook), e questo complicherà inevitabilmente le cose, visto che anche la stessa donna pare provare qualcosa per Dan. Ora al protagonista toccherà cercare di sistemare la situazione con le proprie figlie e allo stesso tempo evitare di innamorarsi di una donna "proibita".

Si può dividere il film in due parti nette: la prima, e più lunga, che tenta di abbozzare qualche sorriso e risata grazie a piccole gag, la seconda, la mezzora finale, che punta tutto su tematiche drammatiche e va a cercare la lacrima facile. Il tutto per sfociare nell'happy ending più prevedibile. Il problema è che la pellicola non riesce in nessuno degli scopi prefissati, e alla fine la noia prende il sopravvento. Tutto sa di già visto, e complice anche una sceneggiatura a dir poco scellerata, ci si chiede più di una volta il perchè degli avvenimenti, o la totale insensatezza dei dialoghi. In tutto questo Carell, che sfodera una discreta prova d'attore, risulta l'unico motivo per suggerirne la visione, mentre il resto del cast fa del suo meglio per farsi odiare. La Binoche, pur abituata a ruoli in commedie e affini, qui è un vero e proprio pesce fuor d'acqua, e non riesce mai ad entrare completamente nel suo, già di per sè frivolo, personaggio. Verso la fine certo sarà facile veder qualche lacrima sgorgare dai volti degli spettatori più lacrimevoli, ma vi si arriva grazie a dei mezzi subdoli, poichè la storia assume connotati quanto mai stucchevoli che invece di regalare al prodotto quell'aurea di dolce malinconia che forse si era prefissata agli inizi, connota una forzatura quanto mai evidente. Alla fine Dan finisce per essere il classico protagonista sfortunato, a cui vanno tutte male, e per cui è ovvio e fin troppo palese il riscatto cui dovrà andare incontro per raggiungere i gusti del pubblico, soprattutto americano, non abituato a conclusioni tragiche. La regia, fin troppo canonica, come tutto il lato tecnico che si pone su canoni elementari e banali, denotando una certa superficialità nello standandizzarsi a soluzioni ormai abusate. Il vero problema è che se il film non riesce a colpire dal lato comico (ma fin qui, niente di grave, in quanto non era questo che la trama si proponeva), non vi riesce nemmeno da quello emozionale, con una totale mancanza di tenerezza o qualsivoglia sentimento forte. Lo stesso nucleo famigliare risulta vacuo e privo di caratterizzazione, tanto che oltre al fratello Mitch, masso portante della costruzione narrativa, gli altri personaggi appaiono ogni tanto come fantasmi di una magione, e gli stessi genitori di Dan, cui si vorrebbe regalare il ruolo di "guide etiche", sono di ben poca utilità (peccato per il mal utilizzo di un'attrice di talento quale Dianne Wiest nei panni della madre). Manca la leggerezza di un Rohmer o la carica drammatica di una Susanne Bier, e la mano di Peter Hedges (già regista di About a Boy, e che qui sostiene di aver dedicato la pellicola a suo padre) è insondabile, quasi come se stancante ci accompagnasse all'inesorabile scritta the end. Un the end nel quale, dopo i titoli di coda, scorrono le immagini di una festa di matrimonio nel quale tutti i personaggi sono intenti a danzare divertiti. Il punto è che se forse loro si son divertiti a girare questo L'Amore secondo Dan (in originale Dan in Real Life), lo spettatore non può dire altrettanto. Steve Carell con le sue doti attoriali può e deve pretendere molto di più, e se ha comunque il merito di non cadere mai in scelte troppo commerciali che gli sarebbero comunque congeniali, farà meglio a selezionare con cura le sue prossime interpretazioni.

L'Amore Secondo Dan Era interessante l'idea di unire commedia e dramma e usare come protagonista un attore versatile come Steve Carell. Peccato che tutte le buone premesse siano naufragate in un oceano di banalità, che finisce per spezzare fin troppo nettamente i due leit motiv emotivi del film. Non si ride, ma nemmeno si sorride, e ci si può commuovere verso la fine solo grazie a subdole forzature. Si salva solo Carell, ma è troppo poco per consigliarne, anche solo lontamente, la visione.

4

Quanto attendi: L'Amore Secondo Dan

Hype
Hype totali: 0
ND.
nd