Recensione L'amore fa male

Una 'miss' alla regia per una non disprezzabile commedia

Recensione L'amore fa male
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Classe 1968, la bella Mirca Viola è conosciuta soprattutto per aver vinto nel 1987 il concorso Miss Italia, per poi vedersi la decisione revocata in quanto già sposata a diciannove anni (contrariamente a quanto prevede il regolamento della gara di bellezza).
Dopo aver studiato regia e sceneggiatura presso la scuola diretta da Bernardino Zapponi e alla Scuola Internazionale di Cinema di Giuseppe Perruccio e in seguito a una gavetta in qualità di aiuto regista sui set di pellicole quali Il corpo dell'anima (1999) di Salvatore Piscicelli, I banchieri di Dio (2002) di Giuseppe Ferrara e Cattive inclinazioni (2003) di Pierfrancesco Campanella, esordisce dietro la macchina da presa attraverso un lungometraggio sentimentale che - co-sceneggiato insieme a Cinzia Panzettini - sintetizza con queste parole: "In L'amore fa male tre coppie sono costrette a rimettersi in discussione e chi incontra una nuova passione costringe se stesso e il partner ad affrontare il punto nevralgico del rapporto. Riconoscere che i sogni, i bisogni e le speranze di ognuno non si assomigliano più e che l'attrazione si è affievolita sono dolorose verità che impongono il coraggio di prendere una decisione, o quella di subirla. A costo di soffrire, ma anche a costo di provare ancora a essere felici".

Quando le coppie scoppiano

Quindi, al grido "Se ami non puoi tradire" lanciato dalla locandina, partiamo dalla figura di Germana, con le fattezze di Stefania Rocca, madre di Monica alias Anna Luisa Capasa e amante del ricco avvocato Massimo, interpretato dal Claudio Bigagli de La bella vita (1994), che incontra per caso l'affascinante Gianmarco, cui concede anima e corpo Paolo"Basilicata coast to coast"Briguglia, insieme al quale intreccia una coinvolgente storia d'amore.
E, per la gioia degli spettatori maschi, è una spesso nuda Diane"Solo un padre"Fleri a ricoprire il ruolo della compagna di quest'ultimo, mentre Germana viene invitata dall'amica Elisabetta, medico con il volto di Nicole Grimaudo in crisi con il marito Aldo alias Stefano"Il partigiano Johnny"Dionisi, a fare un viaggio in Sicilia.
Una vacanza che permette alle due donne, pur nelle rispettive diversità, di rinsaldare il rapporto di amicizia, proprio mentre riaffiorano per entrambe una serie di risvolti inaspettati e crude verità; ma anche la porzione dei circa 100 minuti di visione che rischia di infiacchire quanto di non disprezzabile c'era fino a poco prima.
Infatti, sorvolando su una recitazione non sempre convincente e su un discontinuo ritmo generale, il debutto della Viola, in fin dei conti ennesimo attacco su celluloide alla borghesia, risulta dignitoso e decisamente superiore rispetto a quello di altri esordienti approdati alla regia cinematografica nell'Italia d'inizio XXI secolo.
Però, mentre tenta di comunicare che in famiglia ti manca sempre qualcosa e che, invece, ti manca proprio la famiglia quando sei fuori, presenta connotati che lo rendono decisamente più adatto ad un pubblico televisivo che cinematografico, complice anche l'uso tipicamente da piccolo schermo delle musiche di Andrea Guerra.

L'amore fa male “Quando una passione ci travolge può rivelarci quanto sia stata illusoria la nostra speranza di poter governare il nostro destino sentimentale. Che si manifesti con un incontro felice o con una pazzia che pagheremo, che ci riservi la gioia di vivere sino all’ultimo giorno o la sofferenza di una rinuncia, a tutti, l’amore passionale - indifferente ai nostri progetti o alle nostre promesse - nel bene o nel male cambia la vita, insegna qualcosa o lascia cicatrici indelebili”. Con queste parole Mirka Viola sintetizza il suo esordio dietro la macchina da presa, intreccio sentimentale volto a ribadire, tra segreti e tradimenti, che nella vita è solo questione di fortuna, tutto si può superare perché il futuro c’è sempre. Un’opera in parte penalizzata da una recitazione non sempre convincente, ma in fin dei conti non disprezzabile... anche se di sicuro più adatta al piccolo che al grande schermo.

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