Klaus, la recensione del film di Natale Netflix: alle radici della leggenda

Arriva su Netflix un progetto d'animazione classica aggiornata ai canoni contemporanei, dall'estetica mirabolante e raffinata e ricco di buoni sentimenti.

Klaus, la recensione del film di Natale Netflix: alle radici della leggenda
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Ogni leggenda ha sempre un fondo di verità, anche quella di Santa Claus. Le sue origini reali derivano da un personaggio realmente esistito, San Nicola vescovo di Myra (in Turchia), di cui si raccontavano storie di miracoli legate alla resurrezione di bambini e per questo trasformato nel protettore dei più piccoli. Da quelle cristiane al folclore tedesco e islandese, la storia di Santa Claus trasposta sul grande o piccolo schermo ha sempre vissuto di un forte elemento fantasioso e magico, motivo che ha spinto l'animatore e regista Sergio Pablos a ideare un racconto originale che contemplasse soprattutto l'aspetto "terreno" della leggenda.
È così che nasce Klaus, il bel film di Natale targato Netflix in giro dal 2015 e considerato "troppo rischioso" dagli studios, perché sviluppato in animazione tradizionale e interamente disegnato a mano, pur con tecniche aggiornate e contemporanee, con l'obiettivo principale (lato tecnico) di mostrare l'evoluzione dello stile classico contrapposto alle produzioni in animazione digitale.

Come presumibile, la storia è ovviamente quella di Babbo Natale ma immaginata in modo più ispirato del solito, reso falegname misterioso e solitario residente nei boschi che circondano il grigio e decadente villaggio di Smeerensburg, in uno sperduto isolotto del Circolo Polare Artico. Qui viene spedito il viziato e svogliato Jasper, peggior studente dell'accademia postale e figlio del direttore supremo dell'istituzione, che per dargli una lezione decide di inviarlo forzosamente a Nord, con il compito di affrancare 6000 lettere prima di tornare a casa. Arrivato a Smeerensburg il ragazzo viziato scopre una cittadina al collasso, tetra e fuori da ogni logica, dove a vigere è la sola tradizione della faida tra le due famiglie locali, i Krum e gli Ellingboe.
Nessuno si parla, la violenza e le ritorsioni sono all'ordine del giorno, i bambini conoscono soltanto i dispetti e un futuro differente non è minimamente contemplato. Il lavoro di Jasper e l'incontro con Klaus cambieranno però le cose, gettando le basi di una nuova tradizione.

Un atto di bontà

Come spiegavamo, il valore più grande di Klaus risiede nella sua straordinaria estetica animata, trattandosi per giunta del primo lungometraggio Netflix con un'animazione di questo tipo. In realtà il look del film di Pablos è difficile da accostare alla maggior parte delle produzioni uscite in sala negli ultimi anni, e curiosamente le sensibilità artistiche del titolo si avvicinano in modo interessante a quelle de La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Lorenzo Mattotti. Sono modelli e volumetrie totalmente differenti, ma è la sperimentazione e lo stile grafico che c'è dietro ad avvicinarli, così come l'impressionante lavoro artigianale di texturing e illuminazione organica della scena, che rendono Klaus un film nato da una grande manualità ma strutturato, d'aspetto omogeneo e ben curato.
L'utilizzo dei colori sfrutta poi una tavolozza eterogenea di caldi e freddi, capace di dare corpo, sostanza e unicità a molte inquadrature fisse o diverse sequenze che sfruttano proprio il colore e il tratto a mano come elementi d'impatto. Sembra quasi di trovarci nella Disney rinascimentale di fine anni '90 e primi anni '10, che è infatti culla del talento di Pablos, poi staccatosi dalla Casa di Topolino per lavorare con un proprio studio d'animazione di cui Klaus rappresenta il primo e riuscito titolo originale.

Al di là dell'aspetto visivo ammirevole, il film si dimostra anche un titolo capace di toccare le giuste corde dello spettatore, specie in un periodo come quello natalizio, che significa unione e ritrovo ma anche cambiamento, vicino com'è all'arrivo del nuovo anno e ai soliti buoni propositi. È intelligentemente inquadrato nel concetto di tradizione, che però vuole affrontare in modo candido e riformista, sottolineando come proprio le tradizioni possano evolvere e mutare al passare del tempo, scoprirsi sbagliate e dunque anche finire.
Essendo in primis un film rivolto a un pubblico di giovanissimi, Klaus non si dimostra particolarmente incisivo o rifinito in senso narrativo, eppure nella sua semplicità riesce a veicolare delle riflessioni mature sul senso di responsabilità personale, sul valore più profondo di un'amicizia calda e sincera che può arrivare a plasmare addirittura il mondo.

Parla in modo chiaro, Klaus, e dimostra come il futuro sia nelle mani delle nuove generazioni, che ancora acerbe hanno certamente bisogno di una guida e di una direzione da seguire, ispirate da atti di bontà e gentilezza così da poterne compiere di nuovi.
Jasper e Klaus sono maschere in continua trasformazione, passano dall'egoismo alla gentilezza, dalla depressione a un nuovo scopo per esistere; sconosciuti che diventano colleghi e poi amici, con obiettivi diversi che infine si congiungono in uno solo, altruistico e felice. E in quella felicità, in quel sentimento tanto dirompente e impossibile da ignorare, i due riscoprono se stessi accettando i propri sbagli, ingerendo l'uno sull'altro con una piccola spinta esterna e influenzando in modo decisivo la tradizione natalizia.
Alla fine in Klaus c'è anche un po' di Adam Smith, estrapolato dal suo contesto economico-sociale, perché da un incipit virato alla ricerca egoistica del proprio interesse da parte di Jasper, si fa tendenzialmente del bene all'intera comunità, rivelando il senso più recondito della magia del Natale.

Klaus - I segreti del Natale Di splendida fattura animata, classica eppure aggiornata alle tecniche moderne di texturing e illuminazione volumetrica, il Klaus di Sergio Pablos targato Netflix si rivela un film di Natale dall'estetica raffinata e contagiosa, di grande impatto visivo, dallo stile variegato e intelligentemente inquadrato insieme alle tematiche in un contesto di tradizione da rinnovare. Una storia delicata e dall'impianto narrativo semplice ed efficace che racconta di gente grigia, tetra e triste che scopre nel contatto umano, nel dialogo e in atti di sincera bontà il calore e i colori del mondo nei loro cuori. Impressiona soprattutto per la cura artigianale dell'animazione ma sa regalare momenti di candida emozione, mai completamente infantile e per questo fruibile con la stessa intensità da generazioni differenti. Da vedere in famiglia, accoccolati sul divano, se possibile scaldati dal fuoco di un camino: un'atmosfera vellutata, soffusa e leggera per godere al meglio dell'amicizia e dell'amore che racconta.

8

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