Killing Season, Travolta e De Niro in una sfida senza esclusione di colpi Recensione

Un ex criminale di guerra è in cerca di vendetta nei confronti di un colonnello americano in Killing Season, thriller con Robert De Niro e John Travolta.

Killing Season, Travolta e De Niro in una sfida senza esclusione di colpi Recensione
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Prima volta insieme sul grande schermo per Robert De Niro e John Travolta, Killing Season ha visto la luce nel 2013, cinque anni dopo l'inserimento della sceneggiatura scritta da Evan Daugherty nella black list dei migliori copioni ancora da realizzare. Una genesi produttiva comunque travagliata, dato i numerosi cambi in fase di casting e regia: inizialmente il personaggio di De Niro doveva essere interpretato da Nicolas Cage, mentre dietro la macchina da presa avrebbe dovuto sedere un cineasta di razza quale John McTiernan, sostituito in seguito da Mark Steven Johnson, autore dei due controversi cinecomics Daradevil (2003) e Ghost Rider (2007). La trama, aggiornata ai giorni nostri rispetto agli anni '70 della stesura originaria, vede l'ex soldato Emil Kovac (membro degli Scorpions, squadroni i cui appartenenti erano considerati criminali di guerra durante il conflitto in Bosnia ed Erzegovina) fare viaggio verso gli Stati Uniti in cerca di vendetta. Durante la fine delle ostilità infatti l'uomo, dato erroneamente per morto, era stato fucilato dalle truppe della comunità internazionale; a sparare il colpo, risultato poi non fatale, fu il colonnello Benjamin Ford, ora un veterano settantenne e divorziato che vive in completa solitudine in una baita nei monti Appalachi. Kovac, fingendosi un campeggiatore di passaggio, riesce a entrare in confidenza con la sua vittima, dando in seguito il via ad un vero e proprio duello all'ultimo sangue nelle foreste circostanti.

Guerra a due

I casi sono due: o lo script originale è stato totalmente rivoluzionato, oppure i selezionatori della black list 2008 hanno preso un granchio. Difficile infatti comprendere come una sceneggiatura così improbabile, almeno per come qui messa in scena, abbia potuto riscontrare le rispettive lodi. Killing Season offre nei novanta minuti di visione un monotono gioco del gatto e del topo con un continuo ribaltamento dei ruoli tra i due protagonisti, dovuto a forzature e scorciatoie che tolgono qualsiasi verosimiglianza ad una vicenda almeno sulla carta non priva di amare e profonde sfumature sul significato della guerra, dove vittime e carnefici sono destinate a scambiarsi i ruoli in un'eterna partita di rancori. Dopo un breve flashback iniziale, declinato in tonalità ocra, atto ad introdurci in un flashback riguardante il conflitto bosniaco e i crimini contro l'umanità compiuti dall'esercito serbo, l'azione si sposta nelle foresta appalachiane dove vive l'anziano colonnello, da poco diventato nonno e in rapporti problematici con il figlio, che riceve la visita inaspettata di Kovac, spacciatosi per un campeggiatore di passaggio. Il giorno dopo ha inizio la caccia tra i due e, dopo che l'identità del visitatore è stata rivelata, si assiste ad un susseguirsi di fughe a rotta di collo tra boschi e cascate e sequenze di tortura più o meno estreme (non è un caso che il film in patria sia stato vietato ai minori) che non sfigurerebbero in un torture porn di bassa lega. Il tutto infarcito di discorsi sulla moralità dei soldati e sul fatto che l'uomo sia chiamato a rispondere alla violenza con la violenza, solo per trascinarci ad un improbabile finale che segue le più canoniche linee guida del politically correct. Gli stessi due attori, praticamente assoluti protagonisti, si perdono in una recitazione eccessivamente pompata anche se è da sottolineare comunque l'impegno di Travolta a recitare in un inglese dal marcato accento est-europeo.

Killing Season Revenge-movie che recupera l'aspro conflitto in Bosnia ed Erzegovina per dar vita ad un canonico gioco del gatto col topo, Killing Season vede affrontarsi John Travolta e Robert De Niro in una guerra privata senza esclusione di colpi avente luogo nelle foreste dei Monti Appalachi. La sceneggiatura, inserita inspiegabilmente nella black list 2008, si rivela l'anello più debole dell'operazione, con ribaltamenti in continua successione che tolgono qualsiasi verosimiglianza alla vicenda, finendo per scadere nel ridicolo involontario pur puntando su una violenza a tratti estrema nella resa dei conti fra i due uomini, interpretati con non troppa convinzione dai due popolari attori. Al resto pensa l'anonima regia dello scadente Mark Steven Johnson, mai capace di lasciare il segno nelle scene clou o di costruire una tensione, emotiva e non, degna di nota.

5

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