Recensione Killer in viaggio

Un'irriverente dark comedy inglese che porta in viaggio due amanti/assassini compulsivi

Recensione Killer in viaggio
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Ignorato il monito (quasi un rantolo di dolore) della madre, e lasciatasi alle spalle l'omicidio colposo (?) dell'amata cagnolina Poppy, la trentaquattrenne Tina partirà (con degli orribili maglioni e l'occorrente per fare la maglia sempre a portata di mano) alla volta del suo primo viaggio in compagnia del suo primo (e forse ultimo) amore Chris. A bordo di un caravan, la coppia di adulti rossi di capelli e spiccatamente privi di una loro maturità emotiva, darà così il via a un viaggio catartico attraverso le bellezze artistiche delle isole britanniche, costantemente insozzate (al loro occhio) da una moderna e deprecabile civiltà inquinante. Sarà l'inizio di un percorso che rivelerà tutta la dirompenza nera di quell'unione, un Tainted love ("amore contaminato" come recita l'incipit sonoro) che poco alla volta sarà in grado di smascherare l'insanabile stato di disadattamento di due esistenze sole, da sempre neglette, e impossibilitate a trovare un punto di connessione con la vita. Sarà infatti proprio la svolta da Killer in viaggio, e la componente sempre più ‘omicida' e convulsamente sessuale a dettare i tempi di un rapporto malato che troverà la propria identità nell'atto di sbarazzarsi di ogni ostacolo umano incontrato lungo la strada, nonché la forza per rivendicare un proprio diritto (e modo) di stare al mondo. Una scia di sesso e di cadaveri che condurrà i due innamorati fuggiaschi verso un destino altrettanto esuberante, attirato dalla liberazione della fine ultima ma ostacolato dalla loro imperitura scelleratezza ed inconciliabilità al senso delle cose.

Eros e/o Thanatos

Un amor (molto) fou all'inglese, o forse (ancora meglio) un Bonnie e Clyde senza l'intenzionalità del fuorilegge. Di certo e quale che sia il metro di paragone filmico, questa commedia nera firmata da Ben Wheatley (Down Terrace, Kill List) e già vincitrice dell'Empire Awards e del Leone Nero a Courmayeur non potrà non passare inosservata. Il regista Wheatley cuce infatti addosso ai suoi due ispirati protagonisti nonché brillanti autori della sceneggiatura (Alice Lowe e Steve Oram) una commedia in perfetto equilibrio tra macabro e romantico, tragico e ironico, dispensando poco alla volta la violenza psicologica che muta facilmente i due folli amanti da vittime in carnefici. Vittime di una società che non li ha mai realmente visti/voluti o che li ha scorti solo per denigrarli, e che al momento opportuno e spronati dalla nuova forza di un'inaspettata unione, rivendicheranno il loro umiliante stato di esistenze ai margini. Ed è proprio nella ‘disinvoltura' con cui Chris e Tina passeranno da un ‘casuale' investimento a un preciso schema di eliminazioni, a sancire il sottile quanto deflagrante scompiglio mentale che avvolge l'intero film. Dall'ossessiva mania per i cani di lei alla incontenibile insofferenza per la ‘poca osservanza delle regole' di lui il passo alla ricostituzione mentale (attraverso l'omicidio) di una società a loro immagine e somiglianza in cui essere finalmente accettati, sarà infatti davvero breve. Wheatley fa compiere a Chris e Tina un percorso di liberazione dalla frustrazione e dall'inadeguatezza (lei vorrebbe sganciarsi dal fardello materno mentre lui ha irrisolte velleità da scrittore) che si estrinseca attraverso il rosso dell'amore e quello della morte (altrui). Un ingestibile cocktail di eros e thanatos che lavorerà sottile nelle menti dei due neo-amanti fino a renderli vittime di un complesso senso di onnipotenza, uno stato che infine li renderà capaci di ogni gesto più aberrante senza il minimo rimorso, perché inscritto nel loro folle quadro di ripristino sociale. Le bellezze delle Midlands diventano così lo sfondo alla bruttezze perpetrate dai due antieroi nel catartico viaggio alla ricerca di un (loro) posto nel mondo e di un potere amoroso (The Power of Love chiude il cerchio della loro folle corsa) mai sperimentato prima.

Killer in viaggio Ben Wheatley firma una dark romantic comedy originale e coinvolgente, sorretta in particolar modo dalla forte identità di una sceneggiatura che confluisce naturalmente nell’interpretazione, entrambe a cura di Alice Lowe e Steve Oram che scrivono e incarnano i loro personaggi con reale ed asociale trasporto. Un film dove l’esternazione violenta dei protagonisti diventa la voce ancora più forte di una sottile violenza interiore, psicologica, cui i due 'bizzarri' amanti hanno soggiaciuto per una vita intera. Un film di sicuro impatto ma dotato di una sottile complessità, dove allo humour quasi sadico e all’espressionismo della morte va accordato un ruolo simbolico, manifestazione ultima di uno stato di disadattamento spinto al suo sconvolgente parossismo. Un'opera che ha infine il coraggio di mettere in scena molte delle pulsioni omicide che attraversano la mente dell'uomo ma che (nella maggior parte dei casi) non si traducono in azioni per opportuno senso del limite.

7.5

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